Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 19 Dicembre, 2018
Nome: 
Ivan Scalfarotto

Presidente, devo dire che, in questo caso, che abbiamo trattato nella Giunta per le autorizzazioni, singolarmente ci siamo trovati in una situazione del tutto assimilabile all'altro caso che è arrivato in Aula soltanto qualche settimana fa: si tratta, cioè, di un caso di intercettazione indiretta di un parlamentare. Sempre perché si tratta di argomenti molto tecnici, io mi permetto, a beneficio dell'Aula, di riepilogare quale sia la normativa in vigore.

Sapete che, sulla base delle norme costituzionali, i parlamentari non possono essere intercettati, non possono essere fatti oggetto di perquisizione personale, domiciliare e quant'altro, se non con l'autorizzazione dell'Aula di appartenenza. Però, con la vicenda delle intercettazioni si pone un caso affatto particolare. Qual è questo caso? Il caso che il magistrato non voglia intercettare direttamente il parlamentare. Perché in questo caso la legge è chiarissima, la legge dice: tu magistrato che vuoi intercettare un parlamentare ti devi fermare e devi chiedere l'autorizzazione alla Camera di appartenenza. Però, proprio per il tema intercettazioni, dato che si svolge tra due persone, essa può creare un caso che è quello che abbiamo avuto sia nell'evento precedente che nell'evento presente: il caso in cui il magistrato non intenda intercettare direttamente il parlamentare, ma intercetti un terzo che non ha le guarentigie del parlamentare. Però, cosa accade? Che questo terzo parla con un parlamentare. Cosa deve fare il magistrato a questo punto? In teoria, nel momento in cui, dice la Corte costituzionale, cambia la direzione, cambia l'oggetto dell'indagine, cioè nel momento in cui, secondo la Corte costituzionale, quella conversazione diventa un modo per aggirare il divieto costituzionale – e, quindi, è vero che io formalmente sto dichiarando di intercettare il terzo, ma lo faccio perché so che quel terzo parlerà spesso con il parlamentare, per ragioni di relazione tra le due persone (per esempio, una relazione personale, può essere una relazione di parentela) o perché, come succede nel caso di cui stiamo discutendo (qui discutiamo di un candidato alle elezioni e del responsabile della campagna di quell'area territoriale), era del tutto presumibile che si sentissero più volte al giorno – quindi, quando l'intercettazione del terzo viene utilizzata per aggirare questo ostacolo, ricadiamo nel caso precedente: è come se il magistrato di fatto stesse intercettando il parlamentare direttamente, quindi dovrebbe fermarsi e chiedere l'autorizzazione alla Camera di appartenenza.

Nel caso precedente avevamo utilizzato questo criterio e io credo che sia ed è stato un criterio conservativo: abbiamo detto che, nel momento in cui dalle carte risulta una relazione tale per cui l'ascolto, la captazione delle conversazioni del terzo di fatto mi indirizza verso la captazione delle conversazioni del parlamentare, dobbiamo equiparare questo caso ad un'intercettazione diretta. E questa è la proposta del relatore, che il gruppo del Partito Democratico fa propria anche per coerenza con il caso precedente.

Ma forse vale la pena di dire soltanto qualche parola per spiegare il caso concreto, cioè la vicenda, la storia di cui ci stiamo occupando. Di che cosa ci occupiamo? Ci occupiamo di un candidato alle elezioni, che è noto con il nomignolo di “Salvino”, il quale non può candidarsi. Che cosa succede? La lista nel quale questo candidato non può presentarsi dice: non c'è problema, candidiamo tuo fratello e gli scriviamo “detto Salvino”. A questo punto - e questo risulta dalle intercettazioni - risulterebbe che questo possibile reato, questa possibile fattispecie di reato, sia stata istigata dai questi nostri ex collega ed attuale collega. Quindi, c'è tutta un'indagine e ci viene appunto chiesto di utilizzare queste intercettazioni, che sono una per un interessato e cinque per un altro.

Di fatto va detto - perché è importante, anche se noi non dovremmo occuparci del merito, però mi pare giusto che abbiamo anche contezza del merito - che il tribunale del riesame, quando va a guardare l'ipotesi del reato del nostro amico Salvino, dice “attenzione, questa secondo noi non è una condotta che costituisce reato”. Quindi, se il tribunale dice che il reato in sé, quella condotta non era reato, tanto meno l'istigazione lo sarebbe: questo va detto chiaramente, e questo lo dice il tribunale del riesame.

Questo serve a confortarci nella nostra decisione. Ma al di là di questo, che cosa accade? Accade che in un caso, nel caso dell'Attaguile, l'intercettazione è una soltanto, quindi a noi in Giunta è sembrata ovviamente una casualità, perché se si tratta di un'intercettazione - io ho intercettato il terzo, quel terzo parla una volta con una persona - può capitare, e quindi su questo il relatore ci propone di concedere l'autorizzazione ad ascoltare quell'unica intercettazione, e il Partito Democratico sosterrà questa tesi. Cosa accade invece per l'attuale collega, l'onorevole Pagano, che ha cinque intercettazioni? La proposta del relatore dice che - attenzione, sempre tenuto in mente che stiamo parlando dell'istigazione a un reato che il tribunale del riesame ci dice non essere reato -, se noi consideriamo la frequenza di conversazioni tra queste due persone, uno era il candidato e l'altro era il responsabile della campagna di quell'area territoriale, che si sentivano spessissimo, è evidente, possibile e del tutto plausibile che le conversazioni di un candidato responsabile di zona con il politico nazionale che si occupa di quella campagna siano più d'una e siano frequenti. Aggiungiamo che anche questo procedimento, come era successo nel caso di cui ci siamo occupati qualche settimana fa, relativo all'onorevole Di Gioia, nasce dallo stralcio di un processo precedente che si occupava di tutt'altro, si occupava di furbetti del cartellino. Quindi cosa accade? Ma mano che arrivano queste intercettazioni, l'attenzione si sposta dal filone principale delle indagini, e sempre più giustamente si scava in questo secondo elemento di questo reato, la cui configurazione giuridica, tra l'altro, è anche dubbia, perché nasce in un primo tempo come una violazione di un DPR del 1960 che condanna la violenza o minaccia con la quale si costringe qualcuno a votare in un modo o in un altro, ma viene addirittura trasformata in sede di indagini in un reato ben più grave, quello dell'articolo 294 del codice penale, che è l'attentato contro i diritti politici del cittadino, che è un reato molto più pesante. Quindi, anche la configurazione giuridica risulta dubbia. C'è da dire che anche in questo caso il fascicolo processuale era di difficile lettura, abbiamo dovuto ancora una volta chiedere più volte integrazioni agli atti e abbiano dovuto chiedere una proroga alla Presidenza della Camera; diciamo che la leale collaborazione tra istituzioni non dà sempre il meglio di sé, in questi casi.

A noi sembra che la conclusione a cui giunge il relatore sia una conclusione corretta, che tiene insieme il bene costituzionale e naturalmente l'accertamento della verità dall'altro, ma anche le prerogative del Parlamento, che, voglio ricordare, non sono prerogative del parlamentare. Qui non stiamo parlando di prerogative del singolo parlamentare, ma di prerogative dell'organo costituzionale, che viene protetto con questa norma costituzionale e poi con la norma ordinaria. Quindi, sull'Attaguile, dove si tratta di una sola intercettazione, mi pare che non ci sia problema, quindi credo che debba essere autorizzata; nel caso invece in cui si tratta delle cinque intercettazioni di Pagano, mi pare di poter dire che la prima sia sicuramente casuale, ma anche che il prudente apprezzamento del relatore alla sua proposta abbia senso, tenuto conto - lo ripeto ancora una volta a beneficio dell'Aula - anche del fatto che è vero che del merito non ci dobbiamo occupare, ma che effettivamente la vicenda processuale di cui ci stiamo occupando è andata via via in un certo senso sgonfiandosi.

Quindi, in coerenza con quanto deciso precedentemente e per quello che mi viene da definire quasi un indirizzo giurisprudenziale della Giunta per le autorizzazioni, che vuole sicuramente venire incontro alle esigenze della magistratura inquirente, ogni qual volta però, giustamente, la legge e la Costituzione siano rispettate - e la legge prevede, come ho detto, sia l'intercettazione diretta, sulla quale non c'è dubbio, ma anche l'intercettazione indiretta, sulla quale va fatta un'analisi caso per caso -, penso che la valutazione del relatore, che è stata poi abbracciata a maggioranza dalla Commissione, possa essere considerata quella preferibile.