Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 17 Gennaio, 2018
Nome: 
Antonino Moscatt

 

Doc. XVI, n. 5

Grazie, Presidente. Ministri, gentili colleghi, mi dispiace deludere qualcuno ma io sono francamente onorato di concludere questa legislatura con la dichiarazione di voto sulle missioni internazionali. Ci tengo particolarmente perché voglio ribadire, anche se l'ho detto spesso, molto spesso, che le missioni internazionali sono un fiore all'occhiello della nostra politica estera e di difesa e mi permetto in quest'occasione di ringraziare la Ministra Pinotti, il sottosegretario Amendola e il Governo tutto per l'eccellente lavoro svolto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Le missioni italiane all'estero dunque rappresentano un momento fondamentale della politica italiana. Infatti, basta pensare alle cifre: nel 2017 il personale delle Forze armate impiegato nei teatri operativi è stato di circa 6.700 unità; nel 2018 l'Italia sarà attiva in 35 operazioni dispiegate in 22 Stati e in tre continenti, Europa, Africa e Asia. L'impegno è concentrato soprattutto ai confini dell'Europa e nelle aree del Mediterraneo allargato, ovvero in quelle zone dove tensioni e disordini stanno causando grandi crisi interne e certamente rischiano di causare in futuro effetti più o meno diretti o immediati anche per il nostro Paese. Infatti, il dibattito sulle missioni internazionali deve essere anche il momento della chiarezza e della franchezza. Siamo di fronte a un vero cambiamento nel tema della sicurezza; il mondo è cambiato in questo senso, il modo di fare la guerra è cambiato, il modo di minare la sicurezza e la democrazia degli altri Stati è cambiato e sono in gioco ormai anche la nostra sicurezza, il nostro stile di vita di Paese libero e di società aperta.

Vorrei ricordare all'Aula, però, che oggi noi non arriviamo dal nulla e ciò che proponiamo non è una cosa nuova. I numeri che ho elencato non sono vuoti ma fanno parte di una strategia complessiva, una strategia di lungo corso che ci ha visti impegnati, in questi ultimi anni, e che ci ha fatto conquistare la stima e la fiducia della comunità internazionale. Siamo stati impegnati e presenti nel Mediterraneo, prima con Mare Nostrum e poi con le operazioni Sophia e Mare Sicuro, per evitare tragedie umane derivanti dal traffico di uomini, donne e bambini e per poter svolgere l'attività di supporto alla guardia costiera e alla marina militare libica. La nostra presenza ha contribuito all'arresto di trafficanti, ha neutralizzato oltre 255 imbarcazioni ma, soprattutto, ha permesso di salvare migliaia di vite umane. Siamo presenti in Libano con attività condotte straordinariamente da uomini e donne, da militari che hanno mostrato grande competenza e che si muovono, appunto, con grande competenza, con grande capacità e, soprattutto, con grande umanità. Siamo presenti nei Balcani, in Somalia, in Mali, in Niger, in Egitto e a Gibuti. Siamo presenti anche in Turchia, dove abbiamo prolungato solo per un semestre, ovvero per i tempi tecnici di sostituzione da parte della NATO.

Ora, non voglio dilungarmi nei dettagli del provvedimento, dato che lo ha fatto in maniera eccellente il relatore così come lo hanno fatto in maniera eccellente gli altri colleghi. Io voglio pormi e porvi una domanda: che cos'è la sicurezza?

Ripropongo, Presidente, all'Aula la domanda: che cosa è la sicurezza? Come si raggiunge questa sicurezza? Come si conquista questa sicurezza? Dopo i tragici fatti di Parigi, Nizza e Londra - e potrei, purtroppo, continuare con gli esempi - come ci si difende? Come ci si difende da questi attacchi? Dovremmo forse richiamare le nostre truppe sparse per il mondo e piazzarle ai confini del nostro Paese? Oppure, rafforzare quell'azione integrata di interventi, quell'azione di concertazione internazionale per intervenire nei luoghi di crisi del mondo? Ebbene, noi siamo stati e siamo convinti della seconda soluzione. Per questo il mosaico di interventi che ho testé enunciato oggi e che oggi riconfermiamo si arricchisce ora di altri e nuovi tasselli: in Libia, dove attiveremo una nuova missione di assistenza e supporto al Governo nazionale libico che assorbirà le missioni già presenti in una cornice unitaria e per questo più agevole a rendere l'azione italiana di assistenza e supporto più incisiva ed efficace; in Tunisia, nell'ambito della missione NATO; infine, quella che forse consideriamo la più importante, in Niger. Si tratta di una missione nazionale, attivata su richiesta delle autorità nigerine e regolata da accordi bilaterali. L'intervento vedrà l'Italia inserirsi nell'azione coordinata di più attori locali e internazionali. L'obiettivo è supportare lo sviluppo delle forze di sicurezza nigerine e l'azione dei Paesi del G5 Sahel nonché di concorrere alla sorveglianza delle frontiere e del territorio.

Queste missioni, colleghi, non mascherano nulla. Con queste missioni contribuiamo a produrre sicurezza perché se non c'è sicurezza e se non aiutiamo queste popolazioni a migliorare le loro condizioni di vita non potremo scongiurare il terrorismo né, tanto meno, il dramma dei grandi flussi migratori. Noi stiamo facendo molto in tal senso e il nostro Governo si è battuto per una nuova idea di cooperazione internazionale allo sviluppo e proprio per questo sotto la nostra legislatura è nata l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo. Nell'anno appena trascorso si è segnato un grande risultato: Daesh è stato sconfitto nel terreno e anche questo con il determinante contributo italiano, sia militare sia politico. Ma sappiamo anche che questo non vuol dire aver sconfitto il terrorismo. Infatti, questo non ci mette al riparo dai foreign fighters e non ci fa dimenticare i nostri obblighi come membri della comunità internazionale, ma certamente ci permette di rimodulare le risorse dei nostri contingenti in Iraq e in Afghanistan, dove stiamo stati determinanti. Infatti, basti pensare che abbiamo formato più di 30 mila militari e più di 10 mila forze di polizia. Apriamo un nuovo fronte in aree di crisi più geograficamente vicine a noi e, di conseguenza, in aree che hanno un impatto più strategico per il nostro Paese. E, dunque, il Niger, la Libia e il Mediterraneo più allargato sono proprio questo: un investimento politico, economico e diplomatico prima ancora che militare.

Colleghi, questi sono i fatti. Oggi invece alcuni hanno provato a riproporre il rewind, azioni ed atteggiamenti…

Grazie. Dicevo, Presidente, che oggi ai fatti qualcuno ha riproposto il rewind di atteggiamenti e modi di fare attività politica del passato, dov'era tutto giusto o sbagliato a prescindere dai punti di vista degli altri, senza provare a capire quali punti di convergenza e quali punti di contatto o di dialogo si potevano trovare, così come è stato fatto in questi anni. Però, questi anni mi hanno insegnato una cosa importante - e permettetemi la metafora -, cioè che non si può vedere tutto cielo o tutto mare ma che è provando a scrutare quella sottile linea di congiunzione tra il cielo e il mare che si costruisce l'orizzonte della democrazia.

Viviamo in tempi complessi, Presidente, in una società composta da pezzi frangibili; è soltanto creando cuscinetti di buonsenso e promuovendo e ascoltando le ragioni dell'altro che si riesce a non mandare tutto a frantumi.

Avete ribadito, in quest'Aula, che ci stiamo assumendo una grande responsabilità, ed è vero, ci stiamo assumendo una grande responsabilità, ma noi lo facciamo con vanto e non con colpa; ci stiamo assumendo la responsabilità di rispondere all'appello, alla richiesta di Stati in condizione di bisogno che lottano ogni giorno per garantire ai propri cittadini sicurezza, stabilità, pace e democrazia. Ci stiamo assumendo una responsabilità con determinazione e coerenza, così come con determinazione e coerenza ci siamo assunti la responsabilità di approvare provvedimenti in questi anni, di correggerli, se era il caso, ma sempre di difenderli fuori dalle Aule parlamentari, senza ripensamenti, senza tornare indietro come qualche gruppo, oggi, sta facendo. Ci siamo assunti la responsabilità della scelta e lo abbiamo fatto perché siamo convinti che uno Stato può essere considerato grande, solo quando le istituzioni che lo governano e la classe politica che lo governa sono nelle condizioni di difendere i diritti, di promuovere i diritti e di non fare la lotta contro i diritti, di lanciare nuovi linguaggi, rifuggendo dal disseminare paura, di lanciare nuovi linguaggi, rifuggendo dal riproporre temi e concetti come quello della razza. Ci assumiamo la responsabilità, perché quando ci si assume la responsabilità, in un grande Paese, lo si fa, perché si è convinti che per essere grandi bisogna guardare oltre i propri confini, sia fisici che mentali e si sta bene, c'è sicurezza, dentro i propri confini, solo quando popoli lontani riescono a emanciparsi dalla disperazione, dalla miseria e dalla paura.

Siamo alla fine di questa legislatura; noi abbiamo fatto tutto questo e permettetemi di dire che - e chiudo, Presidente - sono fiero di aver fatto parte di un gruppo di uomini e donne che ha svolto il proprio compito con competenza, sacrificio e passione viva. Certo, probabilmente abbiamo commesso qualche errore, ma sicuramente lasciamo un Paese migliore di come l'abbiamo trovato, lasciamo un Paese migliore e più credibile di come l'abbiamo trovato e di questo siamo orgogliosi.

Per tutti questi motivi e per tutte quelle ragioni che probabilmente la storia un giorno ci narrerà, dichiaro il voto favorevole del Partito Democratico.