Relatore per la III Commissione
Data: 
Lunedì, 6 Marzo, 2017
Nome: 
Andrea Manciulli

Doc. XVI, n. 3

 Illustre Presidente, Onorevoli colleghi deputati, Rappresentante del Governo, in qualità di relatore sulla legge n. 145 del 2016, a tutti nota come «Legge quadro sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali», sono particolarmente orgoglioso di riferire a questa Assemblea, anche a nome del collega Causin, in merito al lavoro svolto dalla Commissioni Affari esteri e comunitari e Difesa in vista dell'autorizzazione definitiva della partecipazione italiana alle missioni internazionali da parte della Camera dei deputati. Si compie così il primo percorso attuativo della legge n. 145 del 2016, con la quale si è suggellato il ruolo del Parlamento quale soggetto istituzionale co-decisore nell'impiego del fondamentale strumento di politica estera e di difesa che sono le missioni internazionali. Oltretutto la nuova normativa ha assicurato al Parlamento la fruibilità di uno strumento, la Deliberazione governativa, innovativo, molto approfondito e trasparente nella sua stesura e su questo deve essere riconosciuta la collaborazione assicurata dai Ministeri coinvolti e dal Governo nel suo complesso.
  Come già ricordate ad avvio dell’iter in Commissione, con la legge n. 145 del 2016 si è definitivamente sanata ogni lacuna normativa in materia d'invio di contingenti militari e di cooperanti civili all'estero, lacuna non più procrastinabile in ragione dell'elevato numero di missioni in cui l'Italia è oggi impegnata, nel quadro delle Nazioni Unite, della NATO e dell'Unione europea e in considerazione della rapidità che connota la decisione in materia di intervento all'estero.
  Quanto ai profili di metodo, alla luce di questa prima esperienza, è da valutare per il futuro un'ulteriore elaborazione ed affinamento da parte della Giunta del Regolamento, nell'obiettivo di riconoscere anche sul piano regolamentare il giusto carattere di specificità alla nuova procedura delineata dalla legge n. 145.
  L'esame da parte delle Commissioni si è dunque concluso con l'approvazione di una Relazione a questa Assemblea, articolata in una premessa e in una serie di impegni finalizzati all'autorizzazione delle singole missioni e dei correlati interventi di carattere civile, di cui in questa sede mi accingo a tratteggiare i contenuti.
  Quanto alla premessa, essa è finalizzata a delineare il contesto giuridico, strategico e politico in cui si colloca l'impegno italiano all'estero, a partire dal riferimento all'articolo 11 della Costituzione e dai quattro pilastri su cui poggia la strategia italiana di politica estera: atlantismo, europeismo, multilateralismo efficace e attenzione ai diritti umani.
  La premessa reca in apertura un significativo riferimento all'Europa, richiamando il momento celebrativo che si sta per inaugurare ma ponendo al centro della riflessione la questione della crisi del progetto europeo, derivante sul piano interno da Brexit e sul piano esterno dalla necessità di un incremento di efficacia nell'azione esterna dell'Unione europea in risposta alle gravi crisi aperte lungo i suoi confini esterni o comunque laddove si estende l'orizzonte strategico europeo.
  Si richiama pertanto l'impegno dell'Italia a rafforzare il suo approccio integrato nella gestione delle crisi internazionali, in linea con i principi della Strategia globale dell'Unione europea, elaborata dall'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, con la contestuale ferma richiesta agli Stati Membri per un ritorno al principio di solidarietà nella gestione delle crisi, inclusa quella migratoria, figlia di un quadro internazionale e regionale segnato da instabilità, e nella gestione di impegni comuni anche in materia di difesa. Su questo terreno, richiamandomi anche alla riflessione avviata nei giorni scorsi dal presidente della Commissione europea Juncker, rappresentano un orizzonte da approfondire le cooperazioni permanenti strutturate previste dal Trattato di Lisbona e, in generale, tutto il versante della difesa europea, in un'ottica integrata e non competitiva rispetto alla NATO, e in un contesto di necessario incremento dell'investimento in sicurezza e stabilità.
  Sul piano del multilateralismo, questo è un anno di grandi responsabilità, oltre che di prestigio, per il nostro Paese con riferimento alla titolarità del seggio non permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; alla presidenza di turno del G7; alla partecipazione alla troika dell'OSCE in vista della presidenza italiana prevista per il 2018; nonché alla presidenza del Processo di Berlino per l'integrazione europea dei Balcani Occidentali.
  Forte di questo ruolo guida, l'Italia proietta il suo impegno estero su un arco di crisi assai ampio che spazia dall'Africa all'Asia, dal Medio Oriente ai confini dell'Alleanza atlantica – si pensi alle missioni di contrasto alla pirateria al largo del Corno d'Africa e nell'Oceano indiano, di difesa integrata lungo i confini dell'Alleanza Atlantica, di assistenza militare e civile in Mali – senza trascurare alcune missioni più prettamente scientifiche come quella in Antartide e di salvaguardia del patrimonio culturale, condotte da apposite Task Force dei cosiddetti «Caschi blu della Cultura» nel contesto della coalizione globale Unesco Unite4Heritage.
  Passando agli specifici quadranti di impegno, con la Deliberazione di gennaio il Governo ha prospettato di svolgere nel 2017 circa quaranta missioni, in parte nuove, in parte riattivazioni di missioni sospese o riviste nelle sedi internazionali, con un impiego massimo di 7.459 unità di personale delle Forze armate e di 167 unità di personale delle Forze di polizia. Il fabbisogno finanziario totale è pari a circa 1.427 milioni di euro, in lieve incremento rispetto al 2016, comprensivo delle risorse da destinare agli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, pari a 295 milioni di euro.
  In questo impegno il punto di riferimento dell'Italia è certamente rappresentato dal Mediterraneo, unitamente all'azione contro il terrorismo e ad una condivisione più equa e responsabile, innanzitutto tra Paesi europei, delle conseguenze del fenomeno migratorio.
  Mediterraneo in questo momento significa innanzitutto Libia. Dopo la sigla del Memorandum tra Governo italiano e Governo libico per il rafforzamento del controllo delle frontiere esterne del Paese e la lotta ai trafficanti di esseri umani, i lavori della Commissione hanno evidenziato, quanto alla missione EUNAVFOR MED operazione SOPHIA (e su proposta del gruppo Forza Italia e Lega condivisa dalla maggioranza), l'esigenza di attivare ogni iniziativa diplomatica nelle competenti sedi internazionali per consentire in un lasso di tempo ragionevole la piena operatività della Fase 2 e il passaggio alla Fase 3 e, in generale, affinché vengano rafforzate le attività tese a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani dalle coste
libiche verso quelle italiane. Sempre in Commissione (e su condivisibile proposta della Lega), quanto alla missione Operazione IPPOCRATE, sono da valutare, in concerto con le autorità libiche, le prospettive future per un eventuale rischieramento del contingente italiano non appena le condizioni del Paese lo consentiranno. Rispetto alla partecipazione dell'Italia alla missione UNSMIL, è da valutare la possibilità di esplorare percorsi per assumere un ruolo sempre più preminente nella ricostruzione delle forze sotto il controllo del governo libico di accordo nazionale (GNA), anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale. È, altresì, da valutare la possibilità di attuare un coordinamento tra l'attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica, in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, con analoghi compiti riguardanti lo sviluppo di capacità e di attività di formazione previste dalla missione EUNAVFOR MED operazione SOPHIA. È altresì da valutare la definizione, nell'ottica di una possibile predisposizione di un protocollo attuativo del Memorandum siglato dal Governo italiano con il Governo libico, di ulteriori forme di cooperazione alla formazione e all'addestramento delle forze militari libiche per un rafforzamento del controllo delle frontiere esterne della Libia, strumento indispensabile per una concreta lotta al traffico di esseri umani. In generale, la concreta attuazione del Memorandum da parte di entrambi gli Stati può contribuire concretamente anche all'obiettivo più generale della stabilizzazione della Libia e del mantenimento della sua integrità territoriale, possibile solo mediante un approccio inclusivo delle diverse anime del Paese e la promozione del dialogo tra le istituzioni libiche. Il nostro impegno per rafforzare le capacità libiche di contrasto all'immigrazione clandestina s'inserisce nel più ampio spettro di interventi a sostegno del rafforzamento istituzionale e delle tutele di carattere umanitario. La cifra dell'impegno italiano nelle missioni internazionali sta infatti, in questo come in tutti gli altri casi, nel binomio tra sicurezza e cooperazione e nel pieno rispetto dei diritti umani.
  Passando allo scenario mediorientale, anche se in Siria non sono presenti missioni internazionali, si tratta di uno scenario chiave per l'impegno internazionale proteso verso una risoluzione del conflitto ed un contenimento dei disastri umanitari commessi soprattutto in questi ultimi mesi. Su quel terreno il nostro impegno politico-diplomatico deve essere massimo contro l'ulteriore destabilizzazione regionale e per il ripristino di pace e sicurezza, presupposto per il ritorno nella regione dei profughi e delle minoranze etniche e religiose autoctone, comprese le comunità cristiane e yazida, fuggite dal Daesh. La priorità è ora l'attuazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 2254 adottata nel dicembre 2015 che ha sancito il cessate il fuoco e la ripresa dei negoziati.
  Ne consegue quale maggior polo di impegno italiano anche ai fini della lotta contro il terrorismo la nostra partecipazione alla Coalizione anti Daesh di cui l'Italia è parte insieme a 65 Paesi e a 3 Organizzazioni internazionali. Tra i compiti del contingente italiano, il secondo per consistenza numerica dopo quello statunitense, si annoverano quelli umanitari, di fornitura di equipaggiamento, di ricognizione e sorveglianza aeree, di recupero del personale civile e militare e di addestramento delle Forze di Sicurezza irachene e curde: il ruolo svolto dall'Italia è riconosciuto essenziale e straordinariamente apprezzato. Il nostro dispositivo di sicurezza presso la diga di Mosul, per citarne uno su tutti, garantisce lo svolgimento delle opere di riparazione nel delicato momento della campagna per la liberazione della città. Si tratta di impegni il cui successo è condizione per vincere le sfide di lungo termine legate alla stabilizzazione e alla prevenzione delle recrudescenze nella regione colpita da Daesh. Su questo terreno è essenziale continuare a dare priorità alle eventuali conseguenze di carattere umanitario derivanti dalla liberazione dal Daesh della città di Mosul, nell'ambito del dispositivo internazionale umanitario coordinato dall'ONU e dal Governo iracheno, insieme al gruppo di stabilizzazione della Coalizione e prevedere adeguati riconoscimenti al personale impiegato nel servizio di soccorso alle migliaia di profughi e migranti dalla regione. L'Italia vuole, infatti, rappresentare un modello di cooperazione per un Iraq solido, inclusivo e pluralistico nella fase post-Daesh, promuovendo i processi di pace e di riconciliazione attraverso interventi di assistenza e di sostegno alle minoranze vittime delle offensive e attivando una risposta sanitaria interforze per i più bisognosi di cure, che includa anche l'evacuazione in Italia dei feriti e degli infortunati più gravi.
  Un altro prioritario versante di impegno in tale quadrante è rappresentato dalla missione in Afghanistan, dove l'Italia contribuisce all'addestramento, alla formazione e all'assistenza delle locali Forze di sicurezza e difesa. Dopo la caduta dei talebani, malgrado i progressi registrati, la situazione rimane fragile e il sostegno internazionale è ancora necessario per la stabilizzazione del Paese e per combattere il terrorismo e l'azione dei gruppi estremisti violenti.
  Restando in Medio Oriente nell'ambito della perdurante crisi israelo-palestinese, l’iter in Commissione ha valorizzato lo spunto volto a promuovere che le missioni a carattere bilaterale, in sede di revisione degli accordi, possano essere integrate da una base partecipativa più ampia, conservando al nostro Paese in ogni caso il ruolo attualmente svolto in tali missioni e fermo restando che l'ingresso di nuovi membri deve essere approvato dalle due Parti, con cui è da valutare la possibilità di prevedere la stipula di nuovi memorandum d'intesa irati alla definizione di programmi di formazione.
  Nel resto della regione si richiede che il nostro Paese mantenga la propria presenza a partire dalla missione UNIFIL in Libano, che rappresenta, anche in ragione dell'efficace meccanismo di dialogo tripartito con israeliani e libanesi, un importantissimo se non il principale esempio del modello civile-militare di peacekeeping, nonché il primo esempio di missione navale ONU. La sua efficacia è testimoniata dal successo nel mantenere la stabilità in un'area delicata, esposta alle conseguenze politiche, sociali ed umanitarie della crisi siriana ed è per questa ragione specifica che occorre che si rafforzi l'impegno dell'Italia per svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate libanesi.
  Passando al pilastro dell'atlantismo, è da tutti condiviso un opportuno rilancio della difesa, europea e atlantica, anche in chiave mediterranea, così l'esigenza affinché, come l'Unione europea, anche la NATO, caposaldo del nostro sistema di sicurezza, adegui la propria azione alle nuove sfide di sicurezza internazionali, alle minacce asimmetriche e al terrorismo internazionale, in un'ottica di complementarità tra le due Organizzazioni. Ciò premesso l'Alleanza Atlantica ha deciso al Vertice di Varsavia il completamento delle misure di rassicurazione degli Alleati orientali attraverso il dispiegamento di una presenza militare nei tre Paesi Baltici e in Polonia con funzioni esclusivamente di difesa e deterrenza, attività cui l'Italia partecipa in un'ottica di solidarietà alleata tramite un contributo in Lettonia. È, inoltre, previsto un contributo alle attività NATO di polizia aerea in Bulgaria e Islanda con funzioni di sorveglianza dei relativi spazi aerei. Tali operazioni vanno condotte mantenendo attivo al contempo il dialogo con la Russia.
  Sempre sul suolo europeo, la sicurezza del nostro Paese e dell'Europa non può prescindere da quella dei Paesi dei Balcani Occidentali dove, anche alla luce degli sviluppi della situazione nella regione, appare opportuno un rafforzamento della partecipazione italiana alle missioni, sostenendo un incremento di attenzione anche in tale ambito sui temi del contrasto al fenomeno dei foreign fighters e della criminalità organizzata, che potrebbero costituire nuovi obiettivi per specifiche missioni, nonché un maggiore impegno nel contrasto alla criminalità finanziaria (anche in linea con specifici spunti emendativi del M5S recepiti dalle Commissioni). Quanto al Kosovo, il nostro ruolo, che si impernia sulla guida della missione NATO KFOR e nella partecipazione alla missione UNMIK, è ampiamente apprezzato dalle autorità kosovare e della popolazione locale ed è essenziale come contributo per l'auspicabile definitivo superamento delle crisi del passato e la promozione di un percorso di integrazione europea della regione.
  Per quanto concerne le missioni dispiegate in Africa, e in particolare nel Corno d'Africa, l'Italia è chiamata a svolgere un ruolo preminente nella ricostruzione delle forze armate della Somalia e di Gibuti, anche attraverso la facilitazione e la collaborazione con attori del settore della difesa nazionale, con particolare riferimento al settore addestramento.
  La Deliberazione ha opportunamente confermato l'impegno a coniugare la dimensione militare con quella civile, che è una delle caratteristiche più apprezzate del nostro impegno all'estero, con l'obiettivo di una stabilizzazione che sia più duratura. Ciò si traduce in una maggiore disponibilità di risorse per iniziative in ambito umanitario, di rafforzamento dello Stato di diritto, di sostegno alle amministrazioni locali, di consolidamento delle strutture di governo e di miglioramento economico e sociale anche prevedendo il coinvolgimento e la partecipazione delle donne. Nel condurre i propri sforzi a sostegno della pace e della sicurezza internazionali, l'Italia assicura l'attuazione dei principi dell'Agenda «Donne, Pace e Sicurezza» istituita con la citata risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 1325 del 2000 e con le successive, in particolare, in linea con l'approccio onusiano alla «pace sostenibile», che prevede l'attiva partecipazione delle donne a tutte le attività a sostegno della pace, dalla prevenzione, al peacekeeping alla stabilizzazione post-conflitto.
  Questo approccio spiega la centralità degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il nesso tra pace, sicurezza, sviluppo e diritti umani, per i quali l'impegno finanziario è cresciuto rispetto al 2016 e il cui esercizio si effettuerà coerentemente con le direttive OCSE-DAC in materia di aiuto pubblico allo sviluppo e con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030.
  Il fabbisogno finanziario complessivo per il 2017 per i diversi interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione è stimato in 295 milioni di euro. La cooperazione è uno strumento strategico per la prevenzione dei conflitti, il consolidamento delle istituzioni democratiche e il rafforzamento dei processi di stabilizzazione. I nostri interventi vanno dall'Afghanistan all'Etiopia, dalla Repubblica Centrafricana alla Libia, alla Siria e all'Iraq, allo Yemen e alla Turchia, fino ai Paesi maggiormente interessati all'assistenza dei rifugiati nell'area mediterranea, come il Libano e la Giordania. Si sostanziano in settori di importanza prioritaria quali l'aiuto umanitario ai rifugiati, la ricostruzione in situazioni di post-conflitto o di calamità, la stabilizzazione di «Stati fragili» e la sicurezza alimentare, senza dimenticare lo sviluppo economico e rurale, la sanità e la tutela del patrimonio culturale. Gli interventi di sostegno dei processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza sono indirizzati principalmente a favorire la riconciliazione nazionale e la transizione in Libia, a stabilizzare il processo democratico in atto in Tunisia, a sostenere la ricostruzione in Afghanistan, Iraq e Libia, a presidiare la fascia di instabilità cruciale per i flussi di migranti, che corre dalla Mauritania al Corno d'Africa, nonché a sostenere quei Paesi del Medio Oriente maggiormente esposti a rischi di destabilizzazione come Libano e Giordania. Permane elevato l'impegno sul terreno con iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario, per le quali con emendamenti del M5S si intende impegnare il Governo ad assicurare fondi alla legge n. 58 del 2001 pari a 2 milioni e 700 mila euro.
  Tengo a sottolineare che le missioni internazionali oggetto della Deliberazione contribuiranno a rafforzare il ruolo internazionale dell'Italia, consolidando le relazioni nell'ambito delle alleanze, in piena armonia con l'azione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e del Ministero della difesa e, a vantaggio del sistema Paese, come peraltro delineato dal Libro Bianco della Difesa.
  La Relazione delle Commissione Affari esteri e comunitari e Difesa conferma la speciale valenza politica di questo passaggio parlamentare, con cui si rafforza il ruolo da protagonista del Parlamento nel processo di decisione sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, attraverso l'esercizio delle prerogative costituzionali di controllo, nell'interesse del Paese e a tutela degli uomini e delle donne che, quotidianamente e anche a rischio della propria vita, operano nelle missioni all'estero costruendo ponti di dialogo nel faticoso percorso a sostegno della pace e della sicurezza a livello globale. Proprio a loro vogliamo esprimere la nostra profonda gratitudine per quello che fanno per il nostro Paese. Ed è anche in ragione di questo riconoscimento che le Commissioni hanno anche unanimemente valutato di integrare il prospetto degli impegni indirizzati al Governo con una misura volta a tutelare la salute dei nostri militare affidando compiti di raccolta dati e di studio all'Istituto superiore di sanità, non provvedendo ad una trattazione separata dei profili assicurativi rispetto a quelli di natura logistica.
  Auspico che questa prima sessione parlamentare sull'invio di contingenti militari all'estero possa rafforzare nel nostro Parlamento la consapevolezza di superare la tradizionale distinzione tra sicurezza interna ed esterna a fronte di minacce sempre più multidimensionali e pervasive: in questa nuova «età dell'incertezza» che siamo chiamati a vivere, le missioni internazionali rappresentano un fattore concreto e di continuità tra la politica estera e di difesa del nostro Paese, nonché il presupposto per il conseguimento di una maggiore centralità dell'Italia nelle relazioni internazionali, in considerazione della nostra proiezione di Paese cerniera tra Europa e Mediterraneo.
  Alla luce di tali premesse le Commissioni propongono all'Assemblea di autorizzare tutte le missioni e le attività di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 14 gennaio 2017 nei termini e con gli impegni risultanti dalla Relazione in oggetto.