Data: 
Mercoledì, 6 Giugno, 2018
Nome: 
Andrea Giorgis

 Presidente, onorevoli colleghi, Presidente del Consiglio, l'Italia sta per sperimentare uno dei Governi più di destra e più anti-europei della storia repubblicana: un Governo nato dall'incontro tra due forze politiche populiste e illiberali, peraltro fino a poco tempo fa profondamente diverse, che sul piano dei diritti civili e del pluralismo, così come sul piano economico e sociale, rischia di riportarci molto indietro e di acuire divisioni e lacerazioni già troppo profonde. Il Governo che si presenta oggi qui alla Camera nel nome di una scomposta retorica della sicurezza e dell'ordine propone infatti di estendere l'area del diritto penale, di inasprire le sanzioni, di innalzare la durata della carcerazione, di restringere le misure alternative alla pena detentiva, di introdurre specifiche figure di reato per i migranti irregolari, di costruire nuove carceri, di adottare una specifica legge quadro sulle moschee e sui luoghi di culto islamici; e, cosa forse tra le più gravi e per certi versi in contraddizione con le precedenti misure, sembrerebbe invitare i cittadini a farsi giustizia da sé, dicendo loro che l'uso delle armi, quando è motivato dall'esigenza di difendere la propria persona o il proprio patrimonio, è sempre legittimo, quali che siano le caratteristiche della situazione di pericolo e l'entità della possibile offesa. Un Governo che non dice una parola sul come dare seguito al principio di cui all'articolo 27 della Costituzione e all'esigenza di promuovere il reinserimento nella società del reo, impedendo che egli torni a delinquere dopo aver espiato la pena, e così garantendo una vera prevenzione.

Ma soprattutto un Governo che non dedica una parola di umana compassione, o anche solo di attenzione nei confronti delle sofferenze e delle ingiustizie che patiscono coloro che fuggono dalla guerra e dalla miseria. Giusto chiamare l'Europa ad una nuova e maggiore responsabilità, giusto proporre il superamento del regolamento di Dublino e l'introduzione ed il rispetto del principio di equa ripartizione dei sacrifici; ma intanto a chi sta per morire in mezzo al mare non smettiamo di dare soccorso, e a chi si trova sul nostro territorio cerchiamo di garantire condizioni di dignità.

E poi, Presidente, a tutti coloro che stabilmente vivono e lavorano Italia proviamo ad assicurare parità di diritti e di doveri. Oggi come lei ben sa purtroppo non è così, grazie principalmente all'ostruzionismo cinico della Lega, che durante la scorsa legislatura impedì al Senato di approvare una legge di civiltà, che mirava ad introdurre anche nel nostro ordinamento il principio dello ius culturae e dello ius soli temperato: principio che non significa affermare il diritto di tutti gli individui ad entrare in Italia e a diventare cittadini italiani, ma semplicemente che se si è stati ammessi nel nostro territorio, secondo quanto prescrivono le norme costituzionali e di legge sul diritto di asilo e sul diritto di immigrazione, e se la presenza sul territorio ha assunto i caratteri della stabilità e si proietta nel futuro, allora si è altresì titolari di un diritto a far parte della comunità politica e statuale in condizioni di piena uguaglianza, come del resto prescrivono i principi fondamentali dello Stato costituzionale contemporaneo.

Sul piano economico il profilo illiberale e di destra della coalizione Lega-5 Stelle non appare purtroppo molto diverso: il Governo che oggi chiede a questa Camera di accordargli la fiducia avanza un programma economico confuso e contraddittorio, che promette di assicurare a tutti un reddito di cittadinanza e al tempo stesso propone di ridurre la pressione fiscale per i più ricchi, rendendo così poco credibile la promessa del reddito universale e molto serio il rischio di uno smantellamento di beni e servizi fondamentali come la salute e l'istruzione. Un programma economico e politico che promette crescita e nuove tutele per il lavoro, ma intanto riduce gli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali e si spinge fino a mettere in discussione opere già avviate e in parte finanziate dall'Unione europea, come la linea dell'alta velocità Torino-Lione. Un Governo insomma che promette giustizia e redistribuzione, ma solo in un futuro che non si dice bene quando, e quindi se davvero arriverà; e intanto trascura l'importanza di investimenti in infrastrutture e ipotizza di ridurre il prelievo fiscale ai cittadini più abbienti. Un Governo che dice di voler attuare l'articolo 3, comma 2 della Costituzione, ma intanto sembra dimenticare che non vi può essere democrazia emancipante senza l'adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale di cui agli articoli 2 e 53 della Costituzione.

Un Governo di destra, che guarda all'Europa di Visegrád e di Orbán più che a quella di Ventotene e Altiero Spinelli; un Governo nel quale la Lega, e le proposte con cui si è presentata agli elettori insieme a Forza Italia, sembrano aver avuto la meglio e costituire l'asse portante del programma che abbiamo ascoltato. Un programma che non voteremo, perché in ultima analisi temiamo che non sia in grado di migliorare le condizioni di vita dei nostri concittadini e di chi più ha sofferto gli effetti della crisi, ed anzi esponga il nostro Paese al rischio di una recessione sia sul piano economico, sia sul piano culturale del pluralismo e dei diritti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).