Data: 
Lunedì, 15 Settembre, 2014
Nome: 
Fabio Porta

 

A. C. 2086

Relatore. Signor Presidente, rappresentante del Governo e colleghi, questo Accordo, al pari del precedente al quale ci siamo appena riferiti, disciplina la possibilità per i congiunti conviventi del personale diplomatico e consolare delle rispettive rappresentanze di svolgere attività lavorativa subordinata o autonoma nel Paese ricevente su base di reciprocità.
  Il modello, analogamente a quello dell'Accordo con il Brasile, è standard e, quindi, va incontro ad un'esigenza che si va diffondendo al fine di consentire l'inserimento nel contesto lavorativo dei familiari del personale che si reca all'estero non più limitatamente a funzioni di rappresentanza.
  Le categorie alle quali si applica l'intesa, anche in questo caso sono i coniugi, i figli non coniugati e minori, e si prescinde dal requisito dell'età, anche in questo caso, quando ci troviamo di fronte a casi di disabilità fisica o mentale.
  Per quanto concerne la procedura da seguire in Italia, anche a tal riguardo il soggetto interessato può rivolgersi ai centri territoriali per l'impiego; le richieste riguardanti il lavoro autonomo dovranno contenere una descrizione della natura di tale attività e il soggetto interessato, previo accertamento della sua posizione, conseguirà l'autorizzazione richiesta, che non potrà ovviamente eccedere il periodo della missione del dipendente cui il soggetto fa capo.
  In caso di improvvisa cessazione della missione, verrà tuttavia concesso un periodo di grazia non superiore a tre mesi.
  L'autorizzazione non verrà concessa a soggetti che abbiano in precedenza lavorato illegalmente nello Stato ricevente, ovvero che ne abbiano violato le norme fiscali o di sicurezza sociale o che destino perplessità con riferimento ai profili della sicurezza nazionale.
  Segnalo che le persone autorizzate verranno assoggettate alla normativa vigente nel Paese ospite, in materia fiscale, di sicurezza sociale e del lavoro, incluse le norme sui requisiti necessari per l'esercizio di determinate attività. Viene a proposito esplicitato che gli accordi in esame non costituiscono in alcun modo riconoscimento di titoli o gradi di studio rispetto ai quali si rimanda alle normative interne e internazionali concernenti i due Paesi.
  Ricordo, infine, che l'intesa prevede che le immunità di cui i soggetti interessati godono in base ad accordi internazionali vengono meno per quanto concerne le giurisdizioni civile e amministrativa in relazione a fatti connessi con l'esercizio delle attività lavorative oggetto dell'Accordo.
  Per quanto riguarda invece l'eventuale immunità di natura penale, il Paese ricevente potrà richiederne la rinuncia in mancanza della quale l'autorizzazione al lavoro potrà essere revocata.
  Lo scambio di lettere del 2012 semplifica l'interpretazione dell'Accordo, per cui le parti concordano su una interpretazione autentica di determinate disposizioni del complessivo Accordo in discussione.
  Anche in questo caso, Presidente, auspico ovviamente un'adozione celere di questo provvedimento di ratifica che non comporta né oneri finanziari, né l'istituzione di nuove strutture burocratiche.