Esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e delle questioni pregiudiziali di merito
Data: 
Martedì, 24 Novembre, 2015
Nome: 
Alan Ferrari

A.C.2613-B

 

Grazie, Presidente. Vorrei controbattere in questo mio intervento ad alcune delle affermazioni contenute nelle questioni pregiudiziali presentate dai gruppi del MoVimento 5 Stelle, SEL, Lega Nord e Forza Italia. Primo: questo Parlamento è legittimato a riformare la Costituzione ? Sappiamo che la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 ha dichiarato parzialmente illegittima la legge elettorale con la quale questo Parlamento è stato eletto, tuttavia quella sentenza si chiude con il richiamo al principio di continuità dello Stato – già ricordato poco fa –, ai sensi della quale le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in via definitiva e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti; le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare, ergo questo Parlamento è legittimato. Secondo: il Governo è legittimato alla presentazione di disegni di legge costituzionali ? Sì. Ai sensi dell'articolo 71 della Costituzione il Governo gode di iniziativa legislativa, anche costituzionale, come gli altri soggetti individuati dalla Carta stessa. Ciò premesso, resta poi alle Camere il potere di esaminare, emendare o respingere proposte di legge. Questo, peraltro, è ciò che è accaduto nell'ambito di questo provvedimento (procedimento di revisione), visto che il testo presentato dal Governo è stato ampiamente modificato sia dalla Camera sia dal Senato. Un'ultima, la terza, considerazione sulla procedura di approvazione: diversamente da quanto accaduto in passato – penso al 1993 e al 1997 –, in questa occasione si è scelto di modificare la Carta costituzionale ricorrendo alla procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione, che contempla, come sappiamo, la possibilità di ricorrere a referendum. Criticare l'eterogeneità del quesito referendario implica un'indiretta critica alla procedura di cui all'articolo 138 stesso. L'omogeneità del quesito referendario, peraltro, è un requisito che è stato introdotto dalla Carta in relazione al referendum abrogativo di cui all'articolo 75, e non è così evidente che debba applicarsi anche al referendum di cui all'articolo 138. Quarto: per quanto attiene al contenuto del provvedimento, si lamenta la violazione del principio democratico in relazione all'elezione di secondo grado del Senato. L'elezione indiretta – e lo dico ora vista anche l'apertura del Senato sull'indicazione ai cittadini – da parte degli organi eletti direttamente dal corpo elettorale, in questo caso i consigli regionali, è compatibile con il principio democratico sancito dall'articolo 1 della Costituzione. Si tratta, infatti, di uno dei possibili modi di selezione dei componenti della seconda Camera in un Parlamento bicamerale. Quinto: relativamente alla presunta assenza di contrappesi al Governo e alla sua maggioranza parlamentare, mi permetto di fare un elenco: il Senato, la Corte costituzionale, il Presidente della Repubblica, le regioni, gli enti locali, il referendum abrogativo e la magistratura sono parti di un sistema che è ben ampio di contrappesi. Per tutte queste ragioni trovo fuori luogo queste pregiudiziali. Detto questo, Presidente, vorrei concludere con qualche considerazione più politica, perché...Grazie, Presidente. Dicevo che vorrei concludere con qualche considerazione più politica, perché niente ritengo sia più politico della riforma della Costituzione. E lo faccio tenendo a mente ancora una volta il preziosissimo lascito del presidente della Commissione per la Costituzione, onorevole Ruini: che quasi rivolgendo siano i futuri revisori del testo sosteneva la basilarità e la futura longevità della Costituzione, riconoscendo al contempo però la necessità di perfezionarla. Diceva: «Abbiamo la certezza che durerà a lungo e forse non finirà mai, ma si verrà completando e adattando alle esigenze dell'esperienza storica. Noi stessi ed i nostri figli – chiudeva – rimedieremo a lacune e difetti». 
Quando questa Camera esaminava la scorsa lettura nel gennaio-febbraio scorso, ebbi modo di dire insieme a tanti colleghi del Partito Democratico quanto fosse significativo il legame tra questa riforma e le altre riforme in corso, su quanto fosse significativo il legame tra questa riforma e la stabilità del Paese. Oggi, guardando l'anno che è trascorso, possiamo e dobbiamo constatare che non ci sbagliavamo, che quel richiamo soprattutto a ciò che sarebbe accaduto dopo l'approvazione della riforma era corretto. Allora, a chi si oppone ancora oggi, chiedo che ne sarebbe dell'Italia se qui il Parlamento non avesse allora creduto in questa riforma ? Che ne sarebbe della riforma della scuola e le sue 100 mila assunzioni, dei 300 mila posti di lavoro, per venire al lavoro, della fiducia di imprese e consumatori che aumenta, e quant'altro ? Tutto questo per dire che allora come oggi serve responsabilità e lungimiranza. Ho concluso, Presidente. Qualcuno in quest'Aula dice che i Padri costituenti si stanno rigirando nella tomba. Può essere; ma se lo stanno facendo lo fanno non per chi sta con coraggio adeguando la Carta ad una società che si muove così velocemente, ma per chi questo coraggio non lo ha. Il PD respinge queste pregiudiziali e guarda avanti.