Dichiarazione di voto finale
Data: 
Domenica, 30 Novembre, 2014
Nome: 
Maino Marchi

A.C. 2679-bis-A e A.C. 2680-A

Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, ringrazio il presidente Boccia, il relatore Guerra, il Governo e tutti i colleghi per il lavoro fatto.
  Una cosa è del tutto chiara in questa legge di stabilità che stiamo per approvare: la scelta di tagliare, ridurre, il cuneo fiscale, cioè di diminuire le tasse su lavoro e imprese. Un taglio di 18 miliardi. Sì, 18 miliardi ! Dieci con il bonus fiscale, 5,6 sull'IRAP, quasi uno con l'espansione del regime forfettario per i lavoratori autonomi e circa 1,7 per gli sgravi contributivi per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. Questa scelta è poi collegata a un impianto della legge di stabilità idoneo a finanziare le principali riforme che il Governo sta portando avanti, con questa impostazione utile per il confronto, in sede europea, per far valere le nostre ragioni e per cambiare le politiche europee, a partire dai 300 miliardi di euro per gli investimenti. Perché intervenire con così ampiezza sul cuneo fiscale, cioè sulla differenza tra il costo del lavoro per le imprese e quanto, invece, percepisce il lavoratore ? Perché il cuneo fiscale è più alto di altri Paesi europei delle nostre dimensioni, in particolare di quello tedesco. Lo superiamo soprattutto per l'IRAP, ed è un handicap per la nostra competitività. Ed è proprio sull'IRAP che si interviene pesantemente, eliminando il costo del lavoro a tempo indeterminato dalla base imponibile. Lavoro stabile in aziende stabili. Non si è mai vista un'operazione confrontabile con questa, solo limature, soprattutto da chi diceva di voler eliminare l'IRAP, onorevole Brunetta. Così come è rilevante l'espansione del cosiddetto «forfettone». In questa misura vi sono anche contraddizioni, che noi stessi abbiamo rilevato e che il Governo si è impegnato a modificare al Senato intervenendo sulle franchigie e sui minimi. E poi, meno tasse per i lavoratori, rendendo strutturale il bonus fiscale di 80 euro. È la misura su cui si sono concentrate le critiche delle opposizioni, in particolare del MoVimento 5 Stelle, ma anche di Forza Italia. Non mi soffermo più di tanto su chi dice che non si riduce la pressione fiscale, perché il bonus viene calcolato come maggiore spesa. La sostanza è che la busta paga è più pesante, e siccome gli 80 euro non glieli dà l'impresa, vuol dire che è lo Stato che ne prende meno. Ma, soprattutto, abbiamo avuto tanti emendamenti del MoVimento 5 Stelle per ridurre, o azzerare, il bonus di 80 euro, e abbiamo sentito parlare dai beneficiari degli 80 euro come se fossero dei benestanti quasi dei ricchi, ma chi sono realmente ? Sono lavoratori dipendenti, con un reddito tra 8.000 e 24.000 euro, cioè quella parte d'Italia che ha tenuto su il Paese con il suo lavoro, che ha pagato tutte le tasse, e ha sempre fatto sacrifici in questi anni . Ma si sono mai chiesti i colleghi del MoVimento 5 Stelle quante indennità – non scontrini, indennità ! – dovrebbero restituire per andare sotto i 24 mila euro ? Si tratta di una legge di stabilità che si collega alle riforme quindi, a partire da quella fiscale. Anche il credito d'imposta, l’ecobonus, e le nuove norme sui buoni pasto tagliano le tasse su lavoro e imprese, mentre gli aumenti riguardano solo le rendite finanziarie. E si fa un deciso passo avanti sulla lotta all'evasione fiscale con misure come il reverse charge e lo split payment, misure utili per un consistente recupero di evasione dell'IVA. Altre misure relative all'adempimento volontario, agli obblighi di comunicazione della anagrafe tributaria, e l'annunciata riforma della local tax, determinano uno stretto rapporto tra riforme fiscali e disegno di legge stabilità. E così è per il lavoro. Non affermiamo solo nel Jobs Act che il lavoro a tempo indeterminato è quello che va privilegiato, seguono i fatti, e i fatti sono di eliminare il costo dall'IRAP (solo per questa tipologia del lavoro), e gli sgravi contributivi per tre anni per le nuove assunzioni a tempo indeterminato che si faranno nel 2015. Stiamo perseguendo, con determinazione, l'obiettivo, da tempo della sinistra, di far costare meno il lavoro stabile rispetto quello flessibile, 2 miliardi, più 200 milioni di euro, aggiunti in Commissione, sia per il 2015, che per il 2016, per gli ammortizzatori sociali e le politiche attive del lavoro. Non ci sono mai state tante risorse, negli ultimi cinque anni, nel disegno di legge di stabilità, a cui si aggiungono 700 milioni già stanziati. Siamo molto vicini a ciò che serve per realizzare le politiche previste dalla legge delega sul lavoro. Le scelte in Commissione a favore dei lavoratori dell'amianto, l'eliminazione della penalizzazioni per le pensioni fino al 2017, i tetti per le pensioni più alte sono altri tasselli che collegano la legge di stabilità e politiche del lavoro. Un miliardo di euro nel 2015, e tre miliardi dal 2016, per il progetto la buona scuola, 50 milioni di euro per l'efficienza sistema giudiziario, e dieci per il pacchetto riforma della giustizia, eliminazione del Patto di stabilità interno per le regioni e allentamento di quasi il 70 per cento per gli enti locali, sono tutte cose importanti in sé, ma essenziali anche per la competitività del sistema Italia.
  E a proposto d'impatto tra riforme e PIL, mi limito a sottolineare che l'ufficio parlamentare di bilancio ha considerato sufficientemente prudente la previsione del Governo per il 2015, e che, per gli anni successivi, altri previsori non le hanno considerate, cosa che il Governo ha, invece, giustamente fatto. L'Italia che fa queste riforme – non riforme imprecisate, queste ! – è la condizione per dare forza alla nostra battaglia in Europa, per cambiare le politiche europee nel segno della crescita. Se ci limitassimo a sbattere i pugni sul tavolo, come qualcuno suggerisce, quei pugni ci tornerebbero indietro in faccia e nello stomaco. Con la nostra serietà, invece, stiamo facendo passare un legge di stabilità, che è espansiva rispetto alla legislazione vigente, e che utilizza la flessibilità dentro le regole europee, con il via libera della Commissione europea. Scelte di altra natura, per l'Italia, sarebbero state velleitarie. Poi, siamo i primi a sapere che i cambiamenti in Europa devono andare ben oltre la flessibilità. Ricordo, inoltre, i 500 milioni di euro aggiuntivi per le famiglie. Così come sono stati destinati in Commissione si tengono insieme sostegno alle famiglie, politiche sociali, politiche per i sevizi e contrasto della povertà.
  E non sono irrilevanti 2 miliardi in più per la sanità. Come si finanzia l'insieme di queste misure ? Con l'aumento dell'indebitamento netto – dal 2,2 per cento a legislazione vigente si va al 2,6 per cento – poi con le misure di lotta all'evasione fiscale e poi con la spending review, che non è scomparsa. Vi sono misure puntuali che riguardano Presidenza del Consiglio e otto Ministeri, compresa la difesa. Non basta, ma si è iniziato, e le clausole di salvaguardia sono una sfida per procedere con forza, per poi poterle superare.
  La pagina per noi più difficile riguarda i tagli a regioni e enti locali: un taglio certo pesante, che si aggiunge a quello degli anni scorsi. L'intesa con l'ANCI, recepita in Commissione, rende meno duro il taglio per i comuni, compresa la questione che riguarda gli oneri, non giusta tanto in sé, ma indispensabile in questo quadro. Siamo certi che il Governo saprà fare intese simili con UPI e regioni, da tradurre nel testo che sarà all'esame del Senato. Su altri aspetti vi è l'impegno di cambiamenti al Senato, come sui fondi pensione, editoria e altro, dopo che qui abbiamo modificato le norme sui patronati.
  Il lavoro in Commissione ha permesso di rafforzare anche le politiche industriali con il rifinanziamento della legge Sabatini, le risorse per il made in Italy e per l'Agenzia spaziale. Lo stesso vale anche per gli investimenti, sia per affrontare le emergenze da calamità naturali, che passano da 140 a 200 milioni – non sono 60 in tutto –, che per una migliore gestione dei fondi di coesione, essenziali soprattutto per il Mezzogiorno, perché sappiamo che, se non cresce il Mezzogiorno, non cresce l'Italia.
  Concludo su due questioni. Sono inaccettabili le speculazioni politiche sulle detrazioni per le erogazioni liberali ai partiti. Non vi è nulla di nuovo e non ci sono proroghe . È un'interpretazione autentica per il passato, il presente e il futuro, per evitarne altre alquanto cervellotiche, che considererebbero alcuni eletti a contratto con il loro partito. Siamo tutti liberi, e per questo le nostre sono erogazioni liberali esattamente come le analoghe degli altri cittadini.
  Infine, stiamo approvando questa legge di stabilità in un contesto politico complesso. Domenica ci sono state le elezioni regionali in due regioni, con un'altissima astensione dal voto. Per un emiliano come me, non ho timore a dirlo, è stato non un campanello d'allarme, ma come una sbadilata in faccia. A quegli elettori che sono rimasti a casa voglio dire che qui vi è un partito, il Partito Democratico, che, pur con le sue contraddizioni e un forte dibattito interno, è impegnato sul fronte delle riforme costituzionali, istituzionali ed elettorali per una democrazia che funzioni meglio, ed è impegnato per dare più forza a ciò che è al primo posto nella nostra Costituzione: il lavoro. Il lavoro dipendente, il lavoro autonomo, il lavoro delle imprese. Solo favorendo nuove opportunità di lavoro e ridando al lavoro la centralità che merita l'Italia può farcela. La legge di stabilità va in questa direzione; perciò, avrà il voto favorevole del Partito Democratico.