Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 1 Febbraio, 2016
Nome: 
Ileana Argentin

A.C. 698-A ed abbinate

 

Grazie, Presidente, colleghi, sottosegretario Biondelli, oggi è una grande giornata, a mio avviso e, credo, ad avviso di molte persone che vivono in una situazione di difficoltà e di deficit. Un pochino più di entusiasmo, mettiamoci, dietro a questo provvedimento; quando si parla di disabilità si ha sempre l'idea di qualcosa di molto pesante, non è così. Cominciamo con il dire che il «dopo di noi», questa proposta di legge, questo provvedimento che arriva oggi in Aula avrà lo scopo di dare tanti sorrisi a persone che dal momento che hanno messo al mondo un figlio hanno vissuto il senso di colpa ed il lutto di elaborare un limite che avevano creato; ora la gente questa cosa non la immagina, non la vede, ma dietro a tutto questo c’è anche tanta felicità e c’è anche tanto patrimonio, perché, vedete, la disabilità non è solo un limite, è anche un patrimonio e questo è importante che ce lo ricordiamo, perché altrimenti saremmo qui a legiferare, pensando soltanto a quanto assistere e non a quanto, invece, includere, che è un principio completamente diverso. Il «dopo di noi» è l'ansia del genitore, è la risposta all'ansia del genitore di lasciare il proprio figlio o la propria figlia un domani che non c’è più, ma è anche l'ansia del genitore ottantenne che non ce la fa più, che è un'altra storia e che noi mettiamo dentro la proposta di legge, perché quando si muore poi, alla fine, si muore, ma quando non ce la si fa più e si è anziani e non si può aiutare un proprio figlio credo che sia una delle sofferenze maggiori che un genitore, un fratello o una sorella che non ce la fanno, deve vivere. Quando parliamo di «dopo di noi», pensiamo sempre ai genitori, ma pensiamo anche ai fratelli e alle sorelle, Presidente, perché i fratelli e le sorelle sono coloro che hanno avuto la responsabilità, dal momento in cui sono nati, di avere un fratello o una sorella con disabilità. Questo non è giusto; per questo noi – io ringrazio infinitamente l'intera Commissione, in modo particolare la relatrice – abbiamo provato, tutti insieme, a trovare una soluzione che, probabilmente, non è la migliore che molti aspettavano, ma che vuole rispettare il senso della dignità del genitore che per tutta la vita ha assistito il proprio figlio, l'ha curato e amato e che, a un certo punto, non ce la fa più, perché siamo tutti esseri umani, anche i nostri genitori lo sono. C’è un po’ la paura di vederli per tutta la vita come dei gran Wonder Man o, comunque, delle persone che non hanno neanche il lusso di un'influenza, eppure, vi assicuro, loro ci sono, sono esseri umani, sono delle coppie di persone che si amano e che hanno procreato con la voglia di amare e di avere il meglio da quella procreazione. Ora si parla tanto, in questi giorni, delle coppie gay, di tutto ciò che ne viene dietro, degli affidamenti e così via, ma voi sapete che in Italia le adozioni di bambini disabili non esistono ?
O, meglio, non sono neanche lo 0,2 per cento. I bimbi disabili non vengono adottati. Diciamo, inoltre, che i genitori adottivi quando adottano un bimbo e scoprono, in un secondo momento, che il bambino magari ha un piedino valgo, oppure ha una miopia accentuata, lo riportano indietro, signori, sì, li riportano indietro. Il genitore naturale questo non lo può fare e non può neanche morire, perché non sa a chi lasciarlo. Ecco perché è importante il «dopo di noi» e il «durante noi»; poi si possono fare tanti giochi di pensiero, per cui si dice: ah, ma c’è la vita indipendente che vuol dire che la persona deve poter avere una continuità e un percorso di vita scelto; ma io sono e, quindi, scelgo, ma quando io sono, ma non ho la possibilità di scegliere, di che vita indipendente parliamo ? Quando parliamo di disabilità grave, non pensiamo soltanto a una persona a casa bloccata da un'immobilità, pensiamo ai ritardi mentali e ai ritardi cognitivi che impediscono al soggetto di scegliere il proprio futuro. È lì che il genitore ha più paura; è lì che la famiglia non sa come andare avanti, perché il problema vero non è del disabile motorio, anche se ovviamente non sto facendo una gara tra le disabilità, ma sto solo dicendo che nel caso di un deficit mentale, il genitore, o il tutore, o chi per lui ne ha la responsabilità non sa veramente a chi affidarsi; non sa veramente come continuare il percorso di vita del proprio figlio. È per questo che abbiamo tirato fuori le assicurazioni e i trust, che potranno sembrare una banalità per molti, ma che hanno questo senso; credetemi, non vogliamo veramente arricchire nessuno e se qualcuno lo pensa è perché è in malafede. Infatti, l'assicurazione post mortem, che non è l'assicurazione in vita, è una cosa completamente diversa, vuol dire che il genitore può dire che il ragazzo disabile mentale Marco – chiamiamolo così – il martedì vuole prendersi il gelato e all'interno della sua assicurazione scrive che quei soldi vengano applicati per il gelato il mercoledì; perché, se per tutta la vita questi genitori gli hanno dato il gelato, dopo non dovrebbero darglielo più ? È un'abitudine, perbacco, non possiamo negarla questa cosa, così come non possiamo negare che l'inserimento al lavoro è per tutti, perché tutti abbiamo pari opportunità, ma lì dove c’è una gravità che impedisce e, quindi, non c’è residua possibilità di collocamento al lavoro, dobbiamo fare i conti con un assistenzialismo al cento per cento e noi che cosa facciamo, dobbiamo per forza dire che i disabili sono tutti uguali e che non ci sono differenze ? Non è così, c’è il disabile di Tor Bella Monaca che è una borgata di Roma e c’è il disabile dei Parioli, che se voi permettete, anche se hanno lo stesso limite, hanno poi potenzialità economiche diverse, di base; quindi, vivere a Tor Bella Monaca con una distrofia muscolare è sicuramente diverso che vivere ai Parioli con una distrofia muscolare, perché, sì, è vero, il limite è lo stesso, ma, signori, quant’è diverso per un genitore che non ha soldi fare i conti con la vita del «dopo di noi» rispetto a un genitore che ha un suo bacino economico. È vero che i soldi non te li regala nessuno e non sono una colpa, però, signori, facciamo i conti con la realtà. Il «dopo di noi» va ad aiutare i gravissimi e quando parliamo di gravissimi non parliamo, soltanto, del limite più grave, parliamo di tutti i fattori anche endogeni, esterni che comportano e conducono al grande defict del vivere senza un genitore. Ora, ho sentito dire che questo fondo per il dopo di noi non avrebbe senso se venissero applicati i levels. 
Perfetto, ma vogliamo capire una volta per tutte che il piano di intervento non possiamo giocarcelo quando ci piace o quando non ci piace ? Se parliamo di vita indipendente, il piano di intervento presuppone che siano protagonisti – quindi all'interno deilevels – anche i genitori o anche lo stesso disabile, visto che parliamo di vita indipendente e di programma individuale. Ma il finanziamento di quello, cioè dei livelli assistenziali, che secondo me sistemerebbe tutto (non diciamo niente di nuovo) non permetterebbe mai di avere una specificità sui soldi e quindi sul fine vita del genitore nel momento in cui non ce la farà più, all'interno di un contesto familiare. Ad esempio, il trust, che cosa fa ? Crea un trustee, che è un garante (il fratello, quasi sempre, o – diciamoci la verità – le sorelle più che i fratelli), che permetterà di supportare la volontà di chi è stato precedente al fratello o alla sorella, cioè del padre e della madre, perché non solo si ha il senso della responsabilità verso il fratello o la sorella, ma verso anche i genitori che non ci sono più. Per cui, ci si trova in una situazione di enorme difficoltà. Con questo «dopo di noi» – lo dico come PD ma lo dico come Ileana Argentin prima di tutto – volevamo rispondere alle difficoltà ma, soprattutto, ripeto, alla dignità delle famiglie con disabilità. Ma volevamo anche, in qualche modo, continuare a dire una cosa che non si può negare: comunque il «dopo di noi» non è la legge per le non autosufficienze. Chiunque confonde questa cosa non ha capito il nesso del «dopo di noi»: il «dopo di noi» è la garanzia di un'assistenza che prosegue ma anche dell'abitabilità, del pagare la luce, il gas, il telefono. Cioè, non è solo assistenza ma è vita. Il «dopo di noi» è vita dopo mamma e papà. Chi non ha una disabilità – non lo dico perché sono disabile – non ha la sensazione di cosa significa aver sete di fronte ad un bicchiere pieno d'acqua e non poterlo prendere in mano. Faccio sempre questo esempio perché nella mia vita una delle sensazioni peggiori, come penso per tutti voi, è quando si ha sete e non si può bere. Allora immagino sempre questo bicchiere d'acqua gelata davanti a me e la mia impossibilità di arrivare al bicchiere d'acqua gelata o fresca che dir si voglia. Soltanto guardando negli occhi i miei genitori io posso avere la sicurezza di avere vicino alle mie labbra quel bicchiere; sapete per quale motivo ? Perché gli altri non capirebbero come darmela. Cioè, tutti pensano che dare un bicchiere d'acqua significa aiutare a bere avvicinandolo. Mia madre mi dà il bicchiere d'acqua per dissetarmi, così è il «dopo di noi». Cioè, non è l'assistenza perché muoiono mamma e papà, ma è il dopo mamma e papà garantito al meglio, con una qualità diversa, perché le RSA sono una vergogna del nostro Paese. Sono nate non per i disabili, signori: erano nate per gli anziani non autosufficienti e siccome non avevamo il capitolo di bilancio sul «dopo di noi» ce li abbiamo infilati i disabili, che è un'altra cosa, è un altro film, che non era quello giusto. Ringrazio questo Governo, perché ha fatto una cosa giusta, cioè si è occupato per una volta non del disabile come protagonista – perché a volte noi siamo spettatori della vita dei nostri genitori che ci trasmettono vita ed esistenza – ma i genitori diventano finalmente protagonisti. Quante volte ho sentito dire da colleghi politici: quella ha il figlio matto, beh è matta pure lei, prendiamola con le pinze. Lo dicono sempre. Lo dicono sempre: quella ha il figlio handicappato, poverella, cerchiamo di capirla. Non è che noi siamo un'etichetta o abbiamo delle vite particolarmente diverse dagli altri. Certo, noi dobbiamo fare la pipì come gli altri, dobbiamo andare in bagno, dobbiamo mangiare, dobbiamo bere e, per fare questo, abbiamo bisogno delle nostre famiglie, ma soprattutto dei servizi pubblici, che non nego. Anzi, sono una che sostiene fino all'ennesima potenza quanto sia giusto ed importante il servizio pubblico, ma l'operatore, per quanto specializzato, per quanto formato, per quanto preparato, non ti disseterà mai come un genitore. Questo avviene anche per voi, non è solo roba nostra, anche perché la disabilità non è che sia un mondo parallelo, è parte del mondo. Non siamo un mondo a sé stante, noi siamo un mondo. Ho finito. Quindi, mi interrompo qui e dico che non ho voluto tediare nessuno, ma quello che sono convinta è che oggi stiamo facendo un passo civile importantissimo: stiamo dando a chi ci ascolta la possibilità di vivere al meglio e di dare una qualità e una risposta dignitosa alla vita dei propri figli. Credo che questo basti per dire che questa legislatura ha avuto un senso.