Dichiarazione di voto finale
Data: 
Mercoledì, 24 Settembre, 2014
Nome: 
Sofia Amoddio

A. C. 360-A ed abbinati

Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi ci apprestiamo a votare un provvedimento che è la sintesi di una comune volontà parlamentare, essendo state presentate ben quattro proposte di legge da diversi gruppi parlamentari, oltre un disegno di legge governativo, con cui si chiedeva di modificare la disciplina del codice civile relativa all'attribuzione del cognome ai figli. Inoltre, numerosissimi progetti erano stati presentati già nelle due precedenti legislature, nella XV e nella XVI legislatura. Questo dimostra che già da tempo vi era l'esigenza di adattare le norme ad una mutata sensibilità culturale e sociale.
  Questo testo è stato discusso in Commissione giustizia ed è approdato in quest'Aula nel mese di luglio all'unanimità. La Commissione giustizia, di cui faccio parte, ha calendarizzato il testo in breve tempo, proprio perché vi è stata la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 7 gennaio 2014 che ha evidenziato una grave lacuna del nostro ordinamento giuridico nell'attuale prassi che il figlio legittimo è iscritto nei registri dello stato civile solo con il cognome del padre, anche se vi è l'accordo in favore del cognome della madre. In pratica, nel nostro codice civile, signori deputati, va ricordato che non esiste una norma precisa che imponga di trasmettere il cognome paterno, ma questo viene automaticamente trasmesso per prassi, una prassi secolare in base ad una lettura combinata delle norme.
  Allora, è chiaro per tutti che questo provvedimento attribuisce su accordo, su accordo dei genitori – lo ripeto e sottolineo – al figlio al momento della nascita alternativamente o il cognome del padre, o il cognome della madre o il cognome di entrambi, secondo l'ordine che i genitori scelgono. Saranno appunto i genitori a scegliere perché il principio su cui si fonda questo provvedimento è proprio il principio dell'autodeterminazione e nel caso di disaccordo si attribuisce il cognome in ordine alfabetico. Questa è la stessa identica soluzione che ha adottato la Francia che, in linea con tutti gli altri Paesi europei, già a partire dal 2002 ha modificato le norme sul cognome.
  Allora, è corretto rispondere ai dubbi e alle domande fondamentali, perché ritengo che la conoscenza sia sempre illuminante per operare delle scelte. Molti dubbi sono stati sollevati, anche veramente inesistenti: è possibile che i diversi figli della stessa coppia assumano di volta in volta cognomi diversi, dato che vengono riconosciuti in momenti diversi ? Assolutamente no ! I figli degli stessi genitori, dopo il primo figlio, in virtù di questo provvedimento porteranno lo stesso cognome. In altre parole, è il primo figlio che detta la normativa per gli altri figli. E cosa accade ai figli di un genitore che porta già due cognomi ? Il figlio a cui sono stati trasmessi due cognomi, cioè di entrambi i genitori, divenuto a sua volta genitore, proprio per il principio della libera scelta potrà decidere quale dei due cognomi attribuire a suo figlio.
  Ritengo che questo sia un provvedimento legislativo che contiene in sé principi di altissimo valore umano e costituzionale, perché nasce dall'esigenza di dare pari dignità agli uomini e alle donne nell'ambito del rapporto familiare, sia esso all'interno del matrimonio, fuori dal matrimonio oppure per i figli adottati.
  Quindi, noi del Partito Democratico possiamo affermare con determinazione che la prassi odierna è ancorata veramente ad una concezione vecchia e sorpassata della famiglia. È una prassi che mantiene in vita forme di discriminazione rispetto al principio costituzionale di uguaglianza e di parità tra uomo e donna. Questo provvedimento, invece, porta con sé una vera trasformazione culturale che non è assolutamente rivoluzionaria, perché finalmente l'Italia accorcia la distanza con gli altri Paesi europei che hanno la stessa cultura e la stessa civiltà giuridica, come la Francia, la Spagna, l'Inghilterra, che ormai da molto tempo hanno adeguato la loro normativa ai principi sopranazionali.
  A tutte le critiche che sono state poste noi rispondiamo che non siamo assolutamente legislatori visionari, perché non c’è solo la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del gennaio 2014, ma gli altri Stati europei si sono uniformati alla Convenzione di New York ratificata in Italia nel 1985 e a due raccomandazioni del Consiglio d'Europa del 1995 e del 1998.
  Queste ritenevano già l'Italia inadempiente perché raccomandavano, proprio per il principio di piena uguaglianza tra padre e madre, di scegliere l'attribuzione del cognome ai loro figli rispettando la parità tra i sessi. E la Convenzione di New York impegnava gli Stati ad assicurare gli stessi diritti personali, compresa la scelta del nome. E quindi ai colleghi che sostengono che noi coloriamo la legge di ideologie rispondo che i giudici italiani della Corte di Cassazione nel 2006 hanno definito il quadro normativo il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia. Perché ricordo tutto questo ? Perché è utile evidenziare con forza e convinzione che non si tratta di un provvedimento di un legislatore bizzarro, anzi possiamo sicuramente accollarci di essere in ritardo ed è la dimensione europea che ci ricorda questo ritardo, ma con questo provvedimento possiamo finalmente definirci un Parlamento attento e responsabile che fa crollare gli stereotipi di genere che imprigionano uomini e donne. La Corte europea ha detto chiaramente, signori onorevoli, che lo Stato italiano non deve interferire in materie che devono essere lasciate alla libertà dei singoli e con questo testo il Parlamento finalmente lascia liberi i coniugi. Onorevoli colleghi, permettere ad una coppia di potere scegliere quale cognome trasmettere ai figli non fa altro che rispecchiare la concezione della famiglia dei nostri giorni. Non costringe i genitori ma dà semplicemente l'opportunità di scelta anche di mantenere il cognome del padre se la coppia lo ritiene (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e, quindi, è un provvedimento che assicura pari dignità agli attori della famiglia e di fatto spinge l'Italia nella scala della civiltà. Concludo: Emma Watson, ambasciatrice ONU, nel suo discorso alle Nazioni Unite ha lanciato la campagna «Lui per lei», chiedendo agli uomini di farsi protagonisti della battaglia di parità dei diritti civili tra i generi. E con il voto favorevole di questo provvedimento noi possiamo aggiungere un altro tassello per abbattere veramente gli stereotipi di genere. Noi parlamentari donne e uomini insieme possiamo sentirci fieri di contribuire a far nascere una nuova civiltà, una nuova società dell'intelligenza che sa ascoltare questa società che cambia di giorno in giorno continuamente. Possiamo sentirci fieri di far nascere una società dell'intelligenza che sa contagiare con idee altissime di alto valore costituzionale il nostro vivere civile. Per questi motivi il Partito Democratico esprime il voto favorevole di tutto il PD a questo provvedimento di legge.