Relatore per la maggioranza
Data: 
Lunedì, 27 Aprile, 2015
Nome: 
Gennaro Migliore

A.C. 3-bis-B ed abbinate

 

Signora Presidente, signori del Governo, colleghi, data la ristrettezza dei tempi che mi sono stati assegnati dal Regolamento, procederò a integrare la relazione svolta dal collega presidente Sisto, cui, congiuntamente al sottoscritto è stato dato il mandato di relatore. 
A costo di sottrarre qualche secondo alla relazione di merito, mi corre l'obbligo di ringraziare per il lavoro svolto i funzionari della Commissione affari costituzionali, che hanno come di consueto svolto un eccellente lavoro di istruzione e di approfondimento della materia elettorale, il presidente Sisto, i colleghi commissari, il Governo e tutte e tutti coloro i quali hanno garantito, dagli esperti auditi ai numerosi commentatori anche fuori da queste aule, che questa seconda lettura, ancorché presentata all'Assemblea nella versione conforme a quella già approvata al Senato, fosse ricca di riflessioni e di ulteriori valutazioni per la nostra funzione di legislatori. 
Come si sa, la legge elettorale è una materia di assoluta rilevanza per la nostra democrazia, al punto tale che, come hanno rilevato molti degli insigni esperti da noi auditi, pur non rientrando nel novero delle leggi di riforma costituzionale, essa ha pienamente «rango costituzionale», nella misura in cui dalla sua applicazione deriva la traduzione concreta della volontà popolare nella formazione del Parlamento. 
In primo luogo, quindi, intendo mettere in evidenza la stretta connessione di questa riforma, pur nella sua necessaria autonomia, con il percorso di revisione della Carta costituzionale che, nella rigorosa applicazione dell'articolo 138, stiamo parallelamente affrontando in queste aule. La connessione è oggettiva, in ragione della natura stessa della legge elettorale, ma anche funzionale, avendo scelto di modificare la legge elettorale per la sola Camera dei Deputati, nella previsione del superamento del bicameralismo paritario previsto dal progetto di riforma costituzionale. 
Signora Presidente compito tanto impegnativo è affidato a questo Parlamento per nostra scelta, fin dal momento in cui esso è stato insediato. Esso è stato ribadito autorevolmente nei discorsi di insediamento del Presidente Napolitano nel 2013 e in quello del Presidente Mattarella poche settimane or sono. Nella discussione in I Commissione è riecheggiato l'ammonimento a non procedere nel percorso delle riforme istituzionali, così hanno rilevato sia il presidente Brunetta che il collega Toninelli, in relazione alla bocciatura, per opera della Corte Costituzionale con la sentenza 1/2014, della legge elettorale che ci ha eletti qui. Il ragionamento svolto da questi colleghi connette causalmente la sentenza 1/2014 con l'impossibilità di questa Camera a legiferare, in particolare su materie di rango costituzionale. Faccio osservare che la predetta sentenza nel precisare che la nostra elezione sia un atto concluso e non pendente nel punto 7 del «considera in diritto» precisa: «È evidente, infine, che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere». 
Essa, pertanto, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto. Vale appena ricordare che il principio secondo il quale gli effetti delle sentenze di accoglimento di questa Corte, alla stregua dell'articolo 136 Cost. e dell'articolo 30 della legge n. 87 del 1953, risalgono fino al momento di entrata in vigore della norma annullata, principio «che suole essere enunciato con il ricorso alla formula della c.d. “retroattività” di dette sentenze, vale però soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida» (sentenza n. 139 del 1984). 
Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti. 
Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali. 
Rileva nella specie il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un'astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare. Tanto ciò è vero che, proprio al fine di assicurare la continuità dello Stato, è la stessa Costituzione a prevedere, ad esempio, a seguito delle elezioni, la prorogatio dei poteri delle Camere precedenti finché non siano riunite le nuove Camere (articolo 61 Cost.), come anche a prescrivere che le Camere, «anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni» per la conversione in legge di decreti-legge adottati dal Governo (articolo 77, secondo comma, Cost.).  Invero, sarebbe altresì illogico prevedere che la materia elettorale e costituzionale sia preclusa a questo Parlamento. In effetti, cosa accadrebbe se non ci dotassimo in questa legislatura di una nuova legge elettorale ? Davvero possiamo pensare che la legge emersa dai rilievi della Corte, sebbene formalmente auto applicativa, possa rappresentare la legge con cui si elegge il Parlamento ? A mio giudizio la sentenza che ha dichiarato l'incostituzionalità della legge Calderoli, il cosiddettoPorcellum, interviene a valle di una serie di fallimentari tentativi di cambiarla e sprona il Parlamento ad agire con tempestività ! Per legiferare su una materia che, più di ogni altra, va riportata alla sovranità dell'Assemblea parlamentare, senza contraddire i motivi che hanno portato a quella decisione e, certamente, non legando questa legge ai destini della legislatura. Del resto, fummo oggetto di pesanti rilievi critici persino sulla tempistica della legge elettorale precedente, votata a poche settimane dalla scadenza naturale della legislatura nel 2005. 
Gli obiettivi e le finalità della legge elettorale sono noti: confermare il sistema maggioritario, la cui scelta fu compiuta fin dal referendum popolare del 1993 e successivamente riconfermata; consentire all'elettore di poter contare su un «voto decisivo» che attribuisse una maggioranza parlamentare certa (340 seggi) a seguito del raggiungimento da parte di una lista del 40 per cento dei voti espressi, ovvero, in caso di mancato raggiungimento di quella soglia, di ottenere 340 seggi a seguito di un turno di ballottaggio tra le due liste più votate; garantire una adeguata rappresentatività del corpo elettorale. 
Signora Presidente, riguardo a tali obiettivi e finalità, credo che il testo approvato dalla Commissione, dopo le numerose e profonde modifiche votate al Senato, sia da considerare un buon punto di approdo, sia in relazione alle finalità succitate, sia perché non contraddice e, anzi, si muove nel solco della sentenza 1/2014. È proprio quella sentenza, val la pena ribadirlo, che ha informato le scelte che oggi sono contenute in questa proposta. In particolare essa ha bocciato la precedente legge in relazione alla mancanza di una soglia per accedere al premio di maggioranza. Tale soglia è stata introdotta già nel testo votato in prima lettura, al 37 per cento, ed è stata ulteriormente innalzata dal Senato, al 40 per cento, nella versione che ci troviamo oggi ad esaminare. Vorrei sottolineare che la cogenza di un premio di maggioranza per la Camera, al primo turno, non è stata messa in discussione nel corso del dibattito in Commissione, né è stata oggetto di un dubbio di costituzionalità. Del resto, la sentenza 1/2014 ha precisato che l'incostituzionalità fosse connessa alla mancanza di una soglia d'accesso per il premio e non all'attribuzione di un premio medesimo. Quanto al rilievo della corte relativo alla preclusione di liste che rendessero di fatto inconoscibili le candidature (le «liste lunghe» della legge Calderoli), si è provveduto a suddividere il territorio nazionale (sulla base del quale viene calcolata la cifra elettorale nazionale), in circoscrizioni regionali, entro cui si ripartiscono i seggi, a loro volta divise in collegi plurinominali (nel numero di 100 complessivi), che abbiano un numero variabile di candidati, da tre a nove, con il capolista indicato sulla scheda elettorale, che risulterà primo della lista, e gli altri candidati espressi sulla base di una o due preferenze (nel caso in cui esse siano di generi differenti). Vale la pena notare che proprio l'introduzione di una norma antidiscriminatoria di genere (massimo 60 per cento dei collegi plurinominali con capolista di uno dei due generi, alternanza uomo donna nelle liste, doppia preferenza di genere) sia una delle maggiori e più notevoli modifiche rispetto al testo votato da questa Camera in prima lettura. E, vorrei aggiungere, anche della norma più avanzata in Europa in questa direzione. 
Su questi due punti vorrei dar conto di alcune obiezioni che sono state formulate. La prima riguarda il divieto di formare coalizioni, la seconda è quella relativa alla previsione di una preponderante presenza di eletti nella loro qualità di capilista (i cosiddetti «nominati») rispetto ai deputati eletti sulla base delle preferenze. In premessa, data la delicatezza delle obiezioni, vorrei sgombrare il campo da una preoccupazione: anche sulla base delle audizioni, non sono venute critiche d'incostituzionalità a queste due scelte, che possono raccogliere consensi o dissensi, ma che sono scelte eminentemente politiche. In particolare, il divieto di coalizione previene una critica, piuttosto larga, che era risuonata in quest'aula nella precedente lettura. Allora si osservò l'anomalia di una coalizione di partiti che avrebbero potuto raggiungere il 37 per cento dei consensi, in modo da ottenere il premio di maggioranza, sommando i voti di partiti che, se sotto la soglia per ottenere la rappresentanza prevista (allora al 4.5 per cento), non avrebbero ottenuto neppure un seggio «regalando» però i seggi del premio alle liste che quella soglia del 4.5 per cento l'avessero raggiunta. Addirittura, nella precedente lettura, non si prevedeva cosa sarebbe successo nel caso in cui una coalizione avesse vinto, ma nessun partito della coalizione avesse raggiunto la soglia per la rappresentanza in Parlamento ! Ma c’è anche un motivo politico, basato sull'esperienza vissuta in questi anni, che ci racconta di coalizioni nate e morte nello spazio di una campagna elettorale. Valutazione che per altro fu colta dall'esito dalla consultazione referendaria del 2009, promossa da Mario Segni e Giovanni Guzzetta (un quesito non a caso dichiarato ammissibile dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 15 del 2008) e sostenuta da autorevoli rappresentanti di tutti gli schieramenti allora presenti, che vide, pur in assenza di quorum, il larghissimo consenso a favore dell'attribuzione del premio di maggioranza previsto dalla legge Calderoli alla prima lista (in quel caso senza neppure prevedere la soglia d'accesso che poi la Corte ha introdotto nella sentenza 1/2014). Quanto al dibattito apertosi sulla maggiore o minore presenza di candidati eletti con le preferenze (vale la pena ricordare che la lista vincente ne eleggerà un massimo di 100 su 340, mentre per i restanti 278 seggi, visto che 12 sono per gli eletti all'estero con preferenza ed una parte con il sistema speciale del Trentino Alto Adige e della Valle d'Aosta, il meccanismo delle pluricandidature, combinato alla norma antidiscriminatoria, garantisce una congrua percentuale di eletti con le preferenze), va comunque sottolineato che si sia trattato di un punto di sintesi politica tra chi aveva richiesto listini bloccati e chi invece avrebbe voluto che fossero attribuiti tutti con le preferenze. 
Quindi, a mio giudizio, la rappresentatività viene garantita nel genere, nell'espressione territoriale, sulla base del voto di preferenza e sulla base di una ragionevole consistenza di consenso elettorale. Infatti, un'altra notevole modifica introdotta nel testo votato al Senato è stata quella di uniformare e abbassare la soglia per accedere alla rappresentanza al 3 per cento, che è tra le soglie europee più basse e che in Italia non è stata mai prevista dall'introduzione del maggioritario (ovviamente non considero dirimente il meccanismo di aggiramento delle soglie che era presente per i partiti nelle coalizioni, così come previsto dalla legge Calderoli). Mi permetto di sottolineare, in particolare a chi come il collega Quaranta l'ha sollevato in sede di dibattito generale in Commissione, che non si tratta di una norma per i piccoli partiti. Condivido questo suo appello alla precisione. Si tratta di ben altro, ovvero di poter garantire ai cittadini una rappresentanza in Parlamento senza dover raggiungere soglie al di sotto delle quali milioni di cittadini/e perderebbero il loro diritto a vedersi rappresentati. È una norma che rafforza la rappresentanza democratica. 
Molte critiche sono giunte sul tema del ballottaggio. Alcune in re ipsa, contestando il fatto stesso che si potesse adottare un meccanismo che prevedesse un «voto decisivo» tra le due liste più votate. Il collega Invernizzi, per esempio, ha evocato in commissione il rischio democratico che potremmo correre nel caso di vittoria di una forza antisistema, che potrebbe così cambiare a sua volta legge elettorale e assetto istituzionale. Altri hanno paventato l'eccessivo sbilanciamento di poteri a favore di un partito e di conseguenza del suo leader, generando un assetto istituzionale privo a detta di costoro di adeguati contrappesi, al punto di dichiarare la propria preferenza per un sistema di tipo presidenziale (alcuni sostenendolo programmaticamente, come il presidente Brunetta, altri come estremo paradosso). Alcuni commentatori hanno adottato la categoria politologica della democratura, per alludere a una possibile torsione autoritaria. 
Signora Presidente, a mio giudizio, sta qui il cuore della discussione. Rileggendo molti interventi mi è venuto in mente un romanzo di Raymond Carver, che parafraserei così: di cosa parliamo quando parliamo di legge elettorale ? Al di là di ogni fraintendimento, di ogni sottinteso o di ogni legittima critica non solo alla legge, ma anche alla maggioranza e al governo, non sono così certo che le critiche siano tutte nel contesto, ma molte di esse sono di contesto. Personalmente considero la novità introdotta nel nostro ordinamento di conoscere la maggioranza alla Camera al momento dello scrutinio del voto, non un rischio democratico, bensì un'opportunità per gli elettori. Sono gli elettori a scegliere e non credo sia saggio proporre nuovi meccanismi, soprattutto quando supereremo il bicameralismo paritario, per evitare che ci sia una maggioranza direttamente scelta dall'elettorato. Si dice che così il Parlamento perderà definitivamente ruolo rispetto al Governo. Contesto questo assunto ! È il Parlamento che dà la fiducia al Governo e saranno i Parlamentari a deciderla (per altro anche in previsione di liste che potremmo definire «coalizionali» e quindi animate da soggetti politici in non necessariamente omogenei, ma costretti da questa legge a presentare un unico programma elettorale ai propri elettori). Vale la pena, com’è stato fatto nelle audizioni, ricordare poi che il meccanismo fiduciario è ciò che lega indissolubilmente maggioranza parlamentare e Governo, al punto che Leopoldo Elia, già nel 1970 nella voce sulle forme di Governo dell'Enciclopedia del Diritto, definì il Governo come «il comitato direttivo della maggioranza». E per quanto concerne i contrappesi essi vanno rintracciati nei contrappesi istituzionali, dal ruolo del Presidente della Repubblica a quello della Corte Costituzionale, passando per la rigida divisione del potere giudiziario da quello legislativo ed esecutivo (come si sa garanzie non presenti in acclaratissimi sistemi democratici parlamentari, come quello del Regno Unito). Non si tratta quindi di un passaggio a un sistema di «premierato di fatto», come qualcuno ha sottolineato, ma del passaggio a una più chiara «democrazia d'investitura». Se si ipotizzassero «contrappesi» legati alla dinamica elettorale, a mio giudizio si svilirebbe la stessa natura del concetto di contrappeso, che ha avuto e continua ad avere una rilevanza fondamentale proprio nell'equilibrio dei poteri. 
Un'altra critica è venuta poiché non si prevede una soglia per rendere valido il ballottaggio (ci sono state varie proposte, da quelle che prevedessero una soglia di accesso al primo turno a quelle che garantivano l'applicazione del risultato del ballottaggio solo a seguito del raggiungimento di un numero congruo di votanti complessivi nel ballottaggio medesimo). Un'altra sul divieto di apparentamento tra liste che avessero superato lo sbarramento del 3 per cento al primo turno, al fine di concorrere alla redistribuzione del premio per arrivare ai 340 seggi predetti. Infine, fuori da quest'aula, è giunto l'ammonimento a non determinare un sistema incentrato su un partito potenzialmente vittorioso, circondato da tanti piccoli partiti spinti a frammentarsi vista la bassa soglia di sbarramento al 3 per cento. A queste obiezioni sono state date risposte tecniche, ma soprattutto politiche. In particolare vorrei osservare che una soglia per dichiarare valido il ballottaggio, introdurrebbe nelle possibilità di voto anche quella di esprimersi sul sistema di voto medesimo, non solo su una delle due opzioni. Sinceramente non trovo ragionevole che all'elettore si consegni anche un'opzione tra un'impostazione maggioritaria e una proporzionale, senza che questa sia resa esplicita con un quesito, magari di natura referendaria, ma sia collegata implicitamente a un conteggio legato alla partecipazione degli elettori al voto. Allo stesso modo, ritengo che vi siano opinioni diverse, penso alle teorie di Cox, altrettanto autorevoli, sul fatto che al contrario della previsione del «partito gigante circondato da piccoli partiti», si determini una competizione per vincere che favorirà le aggregazioni politiche e che le legherà in una medesima lista con un programma e un leader conoscibili e conosciuti dagli elettori. Per altro, l'ipotesi che vi sia una sicura riduzione di elettori al turno di ballottaggio, non solo è ipotetica, ma è anche contraddetta da alcuni notevoli esempi (come quello di alcune elezioni presidenziali in Francia, Le Pen contro Chirac, che videro un clamoroso incremento di partecipazione al voto. 
Altri mutamenti, rispetto al testo votato dalla Camera in prima lettura, non di piccolo peso, sono venuti con l'introduzione del voto per gli italiani temporaneamente residenti all'estero (il cosiddetto «voto Erasmus») e l'eliminazione dell'attribuzione casuale di seggi alle liste con cifra elettorale minore (il cosiddetto «effetto flipper»). 
Una postilla vorrei farla a proposito di una obiezione, sollevata da uno degli esperti e ripresa in più occasioni dai colleghi del M5S in merito all'incertezza sul numero totale degli eletti. Sul punto, rimandando al testo scritto che presenterò per ragioni di tempo, voglio solo sottolineare come sia la Costituzione nell'articolo 56 a prevedere in 630 il numero dei Deputati e che il meccanismo di assegnazione dei seggi per la Valle d'Aosta e il Trentino – Alto Adige, conteggi questi seggi nell'eventuale computo dei 340 seggi attribuiti alla lista vincente (nel caso in cui vi sia un'identità di contrassegno o un apparentamento) e, di conseguenza, quanti scomputare dal numero dei seggi da assegnare alle liste non di maggioranza. Risulta così evitato il pericolo che ci è stato prospettato di avere un numero variabile di eletti da 620 a 640 Deputati. 
Qui direi che la riforma, peraltro, sana il vulnus che i voti anche in Valle d'Aosta finalmente valgono anche nel territorio nazionale (per le soglie) e dunque che gli elettori Vda non sono più esclusi dal circuito nazionale come col Porcellum ! Era (forse) il vizio di incostituzionalità più evidente – ancorché non censurato perché non impugnato – della precedente legge e noi l'abbiamo sanato. 
Signora Presidente, il testo del provvedimento conferma l'impianto maggioritario introdotto nel nostro ordinamento nel 1993. Esso costituisce un ragionevole equilibrio tra governabilità e rappresentanza, in ragione del premio di maggioranza e delle basse soglie di accesso. È un testo che critica fattualmente l'esperienza delle coalizioni, prevedendo un meccanismo di aggregazione per liste, che possano chiaramente essere dotate di un programma e di una chiara leadership di fronte agli elettori. È un testo profondamente mutato, per me migliorato, dalla lettura del Senato, contraddicendo chi ha sempre sostenuto che la sede della decisione fosse extra parlamentare. La Commissione consegna il testo all'Assemblea, consapevole della sovranità di quest'ultima. In qualità di relatore, mi permetto di osservare che ciascuno di noi può essere indotto a immaginare correzioni e riformulazioni che, a giudizio di chi li propone, rendano ancora migliore questa legge. Del resto nessuna legge elettorale sarà mai perfetta e neppure questa lo è. Eppure, come con molta più autorevolezza di me hanno sostenuto il Presidente Mattarella e, prima di lui, il presidente Napolitano, dobbiamo evitare a tutti i costi di lasciare a metà il lavoro faticosamente realizzato fin qui, dissipando gli importanti risultati conseguiti. Un lavoro che non è partito poche settimane fa nella seconda lettura alla Camera, e neppure un anno e due mesi fa all'epoca della prima lettura, a seguito della sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale, ma che certamente era ed è un obiettivo della legislatura in corso e un impegno preso da molti di noi da quel 21 dicembre del 2005, quando si approvò la peggiore legge elettorale che la storia Repubblicana ricordi. Per chiudere definitivamente quella pagina, per non cedere all'immobilismo, credo, Presidente, che sia venuto il momento ineludibile della decisione.  La distribuzione dei seggi in rapporto al sistema elettorale previsto per il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta. 
In generale: Il numero dei deputati da eleggere è definito direttamente dalla Costituzione all'articolo 56, secondo comma, ed è fissato in 630: tale numero, pertanto, non può essere in alcun modo travalicato dalla legge ordinaria. È principio generale dell'ordinamento, ribadito in più disposizioni del TU novellato in esame, che i voti non si contano due volte e che essi concorrono una sola volta all'assegnazione dei seggi; i voti espressi nelle circoscrizioni Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta sono perciò computati in sede nazionale esclusivamente ai fini della determinazione della lista maggioritaria e della determinazione delle soglie di accesso alla ripartizione dei seggi; quei medesimi voti – dal momento che hanno già dato luogo alla elezione di un candidato nella circoscrizione – non possono perciò essere considerati (e, infatti, sono scomputati) ai fini della ripartizione dei seggi assegnati nelle restanti circoscrizioni; nella definizione dei seggi spettanti alla lista maggioritaria, è chiaramente indicato che ai fini dell'attribuzione del premio di maggioranza occorre tener conto dei seggi già attribuiti alla lista nelle circoscrizioni Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta. Poiché i seggi da attribuire alle liste minoritarie vengono definiti per differenza rispetto a quelli attribuiti alla lista maggioritaria, ne deriva una perfetta specularità del sistema. 
In particolare: l'assegnazione complessiva dei 630 seggi della Camera dei deputati è disciplinata in via generale e perentoria dall'articolo 1, comma 2, del T.U. novellato: questo «tripartisce» i 630 seggi di cui è composta la Camera: 12 di questi – in ossequio a quanto dispone il comma 2 dell'articolo 56 della Costituzione – sono assegnati alla Circoscrizione estero. Questa quota di seggi è esclusa dal procedimento di ripartizione prevista dagli articoli 77 e 83 del T.U: così espressamente dispone il citato comma 2 dell'articolo 1 del testo unico novellato, secondo periodo: «Salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero (...)». I seggi restanti (quelli risultanti dall'operazione 630 meno 12) sono assegnati nelle circoscrizioni del territorio nazionale, sulla base di quanto previsto dal quarto comma dell'articolo 56 della Costituzione. (La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti); una seconda quota di seggi esclusa dal procedimento di ripartizione di cui gli articoli 77 e 83 del T.U. è quella da assegnare nelle regioni Valle d'Aosta e Trentino Alto-Adige. Questa esclusione è espressamente (e inequivocabilmente) sancita dal medesimo articolo 1, comma 2, di cui si è appena detto: «(...) e fermo quanto disposto dall'articolo 2, l'assegnazione dei seggi alle liste nel territorio nazionale». Dunque, i seggi da assegnare in queste due circoscrizioni sono esclusi dal procedimento di assegnazione dei seggi ai sensi degli articoli 77 e 83; fuori da questa interpretazione – corroborata e asseverata dall'articolo 2 e dall'articolo 3, comma 3, con rinvio al Titolo VI del T.U. che reca la disciplina elettorale «speciale» per tali circoscrizioni – la ripetute locuzioni «fermo quanto disposto dall'articolo 2» e «Salvo quanto disposto dall'articolo 2 (...)» non avrebbero senso. Il numero di seggi da assegnare in queste due circoscrizioni è peraltro variabile ed è determinato dal calcolo di cui al citato quarto comma dell'articolo 56 della Costituzione. Nel caso di specie, in ragione della popolazione di cui al Censimento 2011, quei seggi sono 12: uno per la Valle d'Aosta e 11 per il Trentino-Alto Adige; la terza quota è quella dei seggi da assegnare nella altre 18 circoscrizioni del territorio nazionale. Il loro numero si determina (a scalare) secondo il medesimo procedimento seguito dall'articolo 56 della Costituzione: 618 – 12 = 606. Seicento sei – non uno in più, né uno in meno – è il numero di seggi da assegnare secondo il metodo disciplinato dagli articoli 77 e 83 del T.U., dacché in nessun caso la legge potrebbe assegnare alla Camera dei deputati un numero di seggi diverso da quello stabilito dall'articolo 56 della Costituzione. 
Stante la tripartizione della quale si è detto, il testo in esame disciplina in modo diverso l'elezione dei deputati spettanti alle circoscrizioni Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige rispetto ai seggi da assegnare nelle altre 18 circoscrizioni. E, tuttavia, stabilisce un complesso di norme che tendono a rendere unitario e coordinato il doppio sistema di elezione. La complementarietà del sistema di elezione nelle circoscrizioni TAA e VdA, con quella stabilita per le altre 18 circoscrizioni del territorio nazionale è stabilita da numerose disposizioni della legge in modo tale che, pur nelle differenze delle due modalità, ne risulti un sistema di elezione unitario: unitario, in primo luogo, è il sistema delle liste e dei relativi contrassegni; unitario è il computo dei voti ai fini della determinazione dell'esito complessivo della votazione; e complementare e coordinato è il computo complessivo dei seggi ai fini della determinazione dell'esito maggioritario del sistema e comune è la eventuale votazione di ballottaggio. 
La disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 83 va letta, dunque, in combinato disposto con quella, generale, di cui al comma 6 del medesimo articolo e con quelle riferite al Trentino Alto Adige e alla Valle d'Aosta, di natura speciale. L'esclusione dell'applicazione della disciplina di cui agli articoli 77 e 83 ai seggi assegnati nelle due circoscrizioni TAA e Vd'A è infatti espressamente disposta dal citato comma 2 dell'articolo 1 del T.U. novellato – e ribadito dall'articolo 3, comma 3 del medesimo testo. A complemento di tali «esclusioni» l'articolo 2 del T.U. novellato disciplina – con rinvio al Titolo VI – la diversa modalità di assegnazione dei seggi spettanti alle due circoscrizioni. 
Nella specie: l'articolo 83, comma 6 del T.U. novellato stabilisce che i voti espressi nelle circoscrizioni TAA e V.d'A. sono computati unitariamente con quelli espressi per la medesima lista nelle altre circoscrizioni del territorio nazionale ai fini della determinazione della cifra elettorale nazionale quanto questa è determinante ai fini del calcolo della soglia di accesso alla ripartizione dei seggi e per la determinazione della lista che ha ottenuto il maggior numero di voti in sede nazionale; ulteriori disposizioni e norme sono ripetute con tenore sostanzialmente letterale nella disciplina speciale dettata per quelle due circoscrizioni: in particolare, all'articolo 92, comma 1-bis, primo e secondo periodo, per la Valle d'Aosta; e all'articolo 93-bis, comma 1, terzo e quarto periodo, per il Trentino-Alto Adige. In entrambi i casi una disposizione complementare stabilisce che quei voti non concorrono all'attribuzione dei seggi nella restante parte del territorio nazionale; per il medesimo criterio sistematico, l'articolo 92, comma 1-bis, terzo periodo e l'articolo 93-bis, comma 1, quinto periodo, stabiliscono che i seggi attribuiti nelle circoscrizioni, rispettivamente Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige, sono computati nel numero dei seggi ottenuti dalla lista che ha conseguito la maggiore cifra elettorale nazionale quando il candidato nel collegio uninominale è contraddistinto dal medesimo contrassegno della lista. Specularmente, sebbene non espressamente indicato, è da intendersi per le altre liste minoritarie. Inoltre per i seggi che nella circoscrizione TAA sono attribuiti con metodo proporzionale il legislatore non ha ritenuto di dover scrivere una analoga disposizione di coordinamento giacché quei seggi vengono direttamente attribuiti alle liste e ciò è evidentemente ritenuto sufficiente a rendere unitaria la diversa modalità di elezione fra Trentino Alto Adige e le altre circoscrizioni del territorio nazionale. 
Queste disposizioni di coordinamento concorrono inoltre a determinare il numero di seggi da assegnare quale premio di maggioranza all'interno dei seggi che sono attribuiti nelle 18 circoscrizioni nelle quali la modalità di elezione è disciplinata dagli articoli 77 e 83. Infatti secondo l'articolo 83, comma 2 (determinazione del numero dei seggi da assegnare come premio di maggioranza a seguito della prima votazione) e l'articolo 83, comma 5, (determinazione del numero dei seggi da assegnare come premio di maggioranza a seguito del ballottaggio) devono essere complessivamente 340, comprensivi dei seggi eventualmente ottenuti dalla lista nelle circoscrizioni V.d'A. e T.A.A. ((...) fermo restando quanto stabilito al comma 6). 
Il legislatore non ha espressamente descritto il calcolo in quanto esso deriva inequivocabilmente dalle disposizioni citate: infatti il successivo comma 3 dell'articolo 83 fa espresso richiamo al precedente comma 2. 
Le disposizioni di coordinamento fra i due esiti della votazione chiariscono univocamente le operazioni da compiere ai sensi dell'articolo 83, comma 3. Quelle disposizioni disciplinano il riparto complessivo dei 618 seggi – numero che non può variare in quanto è quello da ripartire tra tutte le circoscrizioni del territorio nazionale secondo quanto previsto dal quarto comma dell'articolo 56 della costituzione, ma che deve tenere conto dei numeri, questi sì variabili, che dipendono dai seggi già attribuiti alle liste nelle due circoscrizioni «speciali». 
L'esito di quel riparto non potrà che essere complementare tra i seggi attribuiti alla lista di maggioranza e quelli attribuiti altre liste. Le due attribuzioni, infatti, devono tener conto al loro interno dei seggi già attribuiti nelle circoscrizioni TAA e VdA nel modo seguente: dai 340 seggi assegnati alla lista maggioritaria vanno detratti i seggi assegnati a candidati collegati in TAA e VdA e i seggi assegnati nella parte proporzionale in TAA: per cui a livello nazionale saranno assegnati 340 meno X seggi (dove X sta per i seggi assegnati in TAA e VdA a candidati collegati alla lista vincente o in TAA nella parte proporzionale); dai restanti 278 seggi e cioè da 618 meno 340 vanno ulteriormente detratti, i seggi assegnati in TAA e VdA a candidati non collegati alla lista di maggioranza. E saranno cioè 278 meno Y (dove Y sta per i seggi assegnati in TAA e VdA a candidati non collegati alla lista maggioritaria o autonomi nei collegi). 
Il numero di 618 costituisce quindi un riferimento obbligato per le operazioni descritte e non sarebbe sostituibile con un diverso numero che conteggiasse i seggi già attribuiti nelle due circoscrizioni «speciali» (in quanto questo dipende di volta in volta dall'esito delle elezioni !). Solo il comma 6 dell'articolo 83 può indirizzare le operazioni dell'Ufficio centrale nell'effettuare il calcolo differenziale, imputando i seggi delle due circoscrizioni speciali in parte nei 340 (per le liste collegate o aventi lo stesso contrassegno a quella maggioritaria) e, in parte, nei 278, per le liste minoritarie. Solo a queste condizioni si procede al calcolo del quoziente di minoranza descritto nel comma 3 dell'articolo 83. 
In alcun modo è plausibile una diversa interpretazione intesa a immaginare che l'Ufficio possa assegnare due volte gli stessi seggi. L'attribuzione di margini di discrezionalità all'Ufficio nello svolgimento delle operazioni descritte costituirebbe un'interpretazione contra legem, anzi, contra Constitutionem. 
A rafforzare questa sequenza logica il legislatore ha inoltre previsto che l'Ufficio centrale nazionale (articolo 93, comma 1, lettera c), quinto periodo, per la Valle d'Aosta e articolo 93-quater, per il Trentino Alto Adige) la comunicazione dei seggi assegnati avvenga prima di procedere a qualsiasi operazione di attribuzione dei seggi nelle restanti circoscrizioni del territorio nazionale. Dal canto suo lo stesso Ufficio centrale procede alle dovute comunicazioni ai sensi dell'articolo 83, comma 7.