Data: 
Lunedì, 27 Aprile, 2015
Nome: 
Rosy Bindi

A.C. 3-bis-B ed abbinate

 

Grazie Presidente. È stato più volte affermato in questi giorni, anche questa mattina, che nessuna legge elettorale è perfetta. È vero, e come potrebbe esserla, ci potremmo chiedere, perché persino la legge elettorale – e anche questa legge elettorale – appartiene alla cose umane e la perfezione, si sa, non è di questo mondo, ma di questo mondo è invece la possibilità di fare le cose migliori. E fare una legge elettorale migliore possibile si può, a due condizioni: se si dichiara il fine che si vuole raggiungere e se si rispettano il tempo e lo spazio nei quali la legge viene approvata e verrà applicata, perché le leggi elettorali sono dei mezzi e i fini devono sempre essere dichiarati. 
Ora, io penso che dopo alcuni anni di sperimentazione di leggi elettorali diverse, ma comunque tendenti a rafforzare la democrazia competitiva e l'alternanza nel nostro Paese attraverso la scelta del sistema maggioritario, fare oggi una legge elettorale significa non solo correggere le storture delle precedenti, ma riaffermare alcuni intenti: una legge elettorale che metta in sicurezza soprattutto una democrazia dell'alternanza competitiva, fondata su un sistema bipolare; una legge elettorale che ci assicuri di conoscere chi vince il giorno delle elezioni e quindi chi governerà; ma anche una legge elettorale che ci dia un'altra condizione fondamentale delle democrazie competitive, che chi perde e chi fa l'opposizione sia in condizione di farla in maniera tale da competere con il Governo nel futuro della vita del Paese. 
Queste sono le intenzioni che mi pareva fossero condivise, così come credo si debba prestare attenzione all'altra condizione, il tempo e il luogo nei quali le leggi si approvano. Allora oggi noi dobbiamo approvare una legge elettorale per l'Italia in questo tempo, che peraltro sta modificando anche la sua Carta costituzionale e lega questa legge elettorale anche alle modifiche della Carta costituzionale. Ci siamo sempre detti che occorre una riforma che rafforzi la democrazia parlamentare e non la umili, che consenta all'esecutivo di governare in un rigoroso rispetto dei principi della democrazia parlamentare. 
Bene, l’Italicum che ci torna dal Senato non ha una modifica o una novità di dettaglio, ma una novità destinata ad incidere con effetti sistemici: mi riferisco, in particolare, al premio che da premio di coalizione diventa premio di lista. 
Io credo che in Italia la democrazia competitiva dell'alternanza richieda una legge elettorale che favorisce e non scoraggia la ricostruzione dei campi politici; favorisce e non scoraggia o, addirittura, inibisce le coalizioni, trattandosi, della nostra, di una democrazia molto plurale, dove il bipolarismo è sempre fondato sulla pluralità e il pluralismo all'interno dei poli. 
Si dice che si vuole favorire il bipartitismo – già discutibile, questo, in un'Italia così caratterizzata – ma, in realtà, con il premio alla lista e non alle coalizioni non si favorirà il bipartitismo, ma si affosserà il bipolarismo. L'unico partito che vincerà con il premio alla lista e designerà anche il Presidente del Consiglio si troverà a essere un grande gigante circondato da tante opposizioni piccole e piccolissime in lotta tra loro e nessuna delle quali competitiva per il prossimo Governo del Paese, con la conseguenza di ricreare una forma di consociativismo all'interno del partito pigliatutto e così liquidare la democrazia competitiva. Presidente, io credo che su una proposta di legge elettorale che influisce in maniera così sistemica sulla vita del nostro Paese si debba soprattutto riflettere sulla necessità di rendere questo Parlamento protagonista nell'approvazione di questa proposta di legge. Sento parlare di voto di fiducia, come per la legge Acerbo, come per la legge «truffa», sento addirittura parlare di voto di fiducia sulle pregiudiziali, come su un decreto fiscale nei primi anni Ottanta. Questo è un vulnus terribile nei confronti della vita del Parlamento e nel rapporto tra Governo e Parlamento. Lei sa bene che le prassi in Parlamento creano norma, rinovellare queste prassi per consegnarle al futuro può essere davvero pericoloso per la qualità e il futuro della democrazia di questo Paese.