Dichiarazioni di voto finale
Data: 
Lunedì, 4 Maggio, 2015
Nome: 
Lorenzo Guerini

 A.C. 3-bis-B ed abbinate

Signora Presidente, colleghe e colleghi, la politica italiana è oggetto da anni di dure critiche, quasi sempre meritate, perché è incapace di realizzare riforme coraggiose, perché è incapace di decidere. Oggi, in quest'Aula, decidendo, possiamo ridare alla politica la considerazione che merita. 
Decidiamo per una nuova legge elettorale, una svolta che attendiamo dal 2005, anno di approvazione del Porcellum. Da allora, sono passati dieci lunghi anni, tre legislature e cinque Governi: in questo lungo arco di tempo, più volte è stato promesso un nuovo sistema di rappresentanza, senza mai arrivare ad un risultato. È stato necessario anche l'intervento dei giudici della Corte costituzionale, ma ora siamo finalmente ad un passo dal traguardo. 
Il fatto che il Governo abbia chiesto la fiducia della Camera, oltre ad essere pienamente legittimo sotto il profilo procedurale, è stato letto in questa prospettiva un atto di coraggio, di trasparenza e di profonda assunzione di responsabilità: un atto fortemente politico. 
Oggi, però, decidiamo anche su qualcos'altro, qualcosa che riguarda direttamente noi parlamentari: oggi diamo un valore alla nostra coerenza e alla nostra credibilità, diamo un peso alla capacità nostra e a quella della politica di dare risposte in linea con gli impegni presi. Oggi decidiamo anche e, forse, soprattutto, su questo. 
Questa legislatura è nata con ambizioni riformatrici alte, con responsabilità che potremmo dire costituenti: ne siamo consapevoli tutti qui dentro, dal primo momento. Ricordiamo tutti il discorso che il Presidente Napolitano volle rivolgere a quest'Aula in occasione del suo secondo insediamento. Lo applaudimmo senza riserve, incessantemente, pur consapevoli che stava esprimendo un giudizio pesantissimo nei nostri confronti, nei confronti di una politica debole, autoreferenziale e incapace di decidere; una politica – e sono parole del Presidente Napolitano – imperdonabile nella mancata riforma della legge elettorale e nel nulla di fatto in materia di riforme della parte seconda della Costituzione. 
Applaudimmo senza risparmiarci le mani. Un monito ripreso e rilanciato con forza dalle parole e dai primi atti del Presidente Mattarella, quando, sottolineando il suo rispetto per la sovranità delle Camere, ha voluto esprimere l'auspicio, qui, in quest'Aula, che il percorso riformatore fosse portato a compimento, con l'obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia. 
Votando questa riforma, oggi rispondiamo efficacemente a questi moniti, rafforzando le fondamenta di una Repubblica pienamente parlamentare, rappresentativa e finalmente capace di decidere, perché la crisi e lo stallo delle riforme hanno indebolito drammaticamente i cardini della rappresentanza. Per questo dobbiamo infondere nuova fiducia nello Stato e nelle sue articolazioni democratiche, rinsaldando quel patto che lega i cittadini alle proprie istituzioni rappresentative. Una democrazia decidente è l'antidoto migliore alla crisi, è l'argine più solido al populismo e all'antipolitica. Per questo oggi decidiamo di dare all'Italia regole nuove, che coniugano pluralità e decisione, rappresentanza e governabilità, e che rafforzano, credo, le fondamenta di una democrazia che deve tornare a fare scelte tanto al passo con i tempi quanto efficaci. 
Le regole comuni vanno scritte insieme, nulla di più vero. Di fatti, per quattordici mesi il cantiere è rimasto aperto, a tutti. Chi, azzardando improbabili parallelismi con il percorso di approvazione del Porcellum, nega il cammino parlamentare di questa legge, nega l'evidenza. Per quasi un anno e mezzo abbiamo discusso, ci siamo confrontati e abbiamo modificato il testo. Abbiamo cancellato e riscritto interi articoli della legge. L'abbiamo votata ed approvata in prima lettura alla Camera e al Senato, insieme abbiamo aggiunto ai candidati capilista nei collegi la possibilità di esprimere preferenze con l'alternanza di genere. Insieme abbiamo lavorato per elevare le garanzie di rappresentanza, riducendo le soglie di sbarramento. 
Per mesi abbiamo lavorato insieme, consapevoli che sul nostro operato è posato lo sguardo di milioni di cittadini, che vogliono riforme stabili e che non perdoneranno un altro fallimento. Per questo siamo qui, per assumerci le nostre responsabilità. Lo facciamo in ogni momento in quest'Aula, nell'istante in cui agiamo, ma anche quando decidiamo di non decidere. Facciamo sempre delle scelte, bisogna solo capire se vogliamo assumerci la responsabilità di chi spinge il cambiamento o quella, invece, di chi lo frena. 
A chi arriva a gridare al fascismo e alla legge Acerbo, mi permetto di suggerire l'uso della virtù della prudenza del linguaggio e di ricordarsi di chi è la paternità del Porcellum. A chi, avendo approvato lo stesso identico testo al Senato, oggi esce dall'Aula, sinceramente dico che è incomprensibile oppure che ha semplicemente paura dell'esercizio del voto dei suoi colleghi di gruppo(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Vorrei citare un intervento: «Pur con i limiti di una mediazione tra forze politiche anche molto diverse, così come è obbligatorio fare quando si scrivono regole nuove, stiamo portando l'Italia fuori dalle paludi». È la dichiarazione di voto del presidente del gruppo di Forza Italia a palazzo Madama, Paolo Romani, il 27 gennaio 2015. Non occorre aggiungere altro. Delle due l'una: o il senatore Romani si sbagliava allora o si sbaglia oggi l'onorevole Brunetta. Io francamente non ho dubbi sulla risposta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Dambruoso)
Ma non si può certo dire che stiamo discutendo di una legge elettorale che non ha visto una larga partecipazione alla sua stesura. Si può sempre cambiare idea, ma si deve trovare il modo di spiegarlo efficacemente agli italiani, che potrebbero non capire, ma io credo, invece, che capiscano benissimo. 
Diversamente, merita attenzione chi avanza, anche nel nostro partito, valutazioni politiche differenti, assumendosene pubblicamente il carico. È nella pluralità delle idee la ricchezza del nostro partito. In tutti i grandi soggetti politici si discute e ci si confronta, anche con asprezza. La nostra discussione ha portato significativi e positivi cambiamenti all'impianto originale dell'Italicum durante il percorso parlamentare. 
Si discute, dicevo, poi arriva il momento della conclusione, della decisione, della sintesi, per usare un'espressione che non è più di moda. 
Sintesi che non è resa alle idee altrui, ma compimento dell'etica della responsabilità e che si realizza anche nel rispetto di un principio di maggioranza che è prima e fondamentale regola della democrazia, anche di quella interna ad una comunità politica come il nostro partito. 
Per me, senza eccedere in impropri paragoni, valgono sempre l'insegnamento e la testimonianza di un maestro per molti tra noi e di un padre della Costituzione: Giuseppe Dossetti. Ritenendo che l'Italia dovesse restare fuori dallo schieramento bipolare uscito dalla guerra, Dossetti si batté perché non entrasse nel Patto Atlantico, posizione minoritaria nel suo partito; nel marzo del 1949 insieme ai suoi votò contro in sede di gruppi parlamentari, esprimendosi però, dopo il voto del gruppo, a favore della ratifica quando il provvedimento approdò in Aula. È l'atteggiamento che caratterizza ogni scelta difficile, sofferta, ma che si fa carico di una comune responsabilità; è l'atteggiamento che riconosco in molti miei colleghi, che, pure avanzando posizioni diverse su alcuni punti, hanno deciso di rispettare questo principio, consapevoli che solo fuori da una rappresentazione drammatica dell'attuale fase politica si creano le condizioni per lavorare alle riforme istituzionali che servono al Paese. 
Signora Presidente, colleghe e colleghi, oggi abbiamo l'opportunità di mettere un punto dopo un anno e mezzo di lavoro comune, abbiamo l'occasione di colmare un vuoto che da 9 anni affligge il Paese. Voteremo «sì» convintamente, perché questa è una legge capace di garantire governabilità e rappresentanza puntando sulla parità di genere. Voteremo «sì» perché l'Italia ha bisogno di una democrazia decidente, ha bisogno di dare voce alle minoranze senza consegnare loro un potere di veto. Voteremo «sì» perché si rafforza il bipolarismo e l'alternanza. Voteremo «sì» perché con questa legge mettiamo nelle mani degli elettori il potere di decidere chi li governa e non solo chi li rappresenta, pur lasciando solido l'impianto parlamentare della nostra Repubblica. Voteremo «sì» perché non possiamo perdere l'opportunità che ci è data di recuperare credito e credibilità agli occhi dell'opinione pubblica. 
Siamo tutti chiamati a raccogliere questa sfida con impegno e responsabilità. Noi lo faremo e per questo, signora Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).