Dichiarazione di voto sulla questione di fiducia
Data: 
Giovedì, 30 Aprile, 2015
Nome: 
Alan Ferrari

A.C. 3-bis-B ed abbinate

 

Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, ieri questo Parlamento ha accordato al Governo un voto di fiducia solido e importante. Non possiamo che ripartire da qui, dal il fatto che, ancora una volta, maggioranza e Governo hanno saputo rispondere ai bisogni del Paese. Oggi ci attende un altro decisivo passo avanti, in cui ci auguriamo che tutto il Parlamento sappia fare lo stesso. Ci sono momenti, in politica, come nella vita, in cui è necessario anteporre all'io, il noi. Momenti in cui le ragioni dell'egoismo e del particolarismo devono lasciare il campo a una visione più larga, a una prospettiva che vada oltre il misero tatticismo e i resoconti personali. Proprio in questi momenti, le titubanza, l'indecisione, devono lasciare il passo al coraggio, alla responsabilità, all'intelligenza, per affrontare gli ostacoli in nome delle ragioni del cambiamento e del bene comune, fino in fondo. 
Questa legislatura è nata con uno scopo preciso, ambizioso e alto. È nata per cambiare le cose, per migliorarle, per far incamminare il Paese sul sentiero delle riforme costituzionali, riforme colpevolmente ferme da due decenni. Non si tratta di una un po’ arrogante ambizione, quanto proprio dello scopo costitutivo di questo Esecutivo. È sempre stato chiaro a tutti, dal primo giorno di insediamento. A questa legislatura sono connaturate straordinarie responsabilità, associabili, per molti versi, a quelle di una vera e propria Assemblea costituente. Sottrarsene, vorrebbe dire rinnegare l’incipit stesso di questa legislatura;incipit, ricordo, largamente condiviso. Se in democrazia la discussione e il confronto ne costituiscono l'architrave, in politica la decisione ne rappresenta il pilastro portante. Si può persino cambiare idea, poi si decide e si vota, senza indietreggiare, senza eludere i propri doveri. Ora, questa legge elettorale è il frutto di ben 14 mesi di lavoro, oltre un anno di discussioni, di confronti, di modifiche, in cui di tutto ci si può accusare, fuorché di essere stati sordi e arroccati sulle nostre posizioni iniziali e la dimostrazione sta nella più ampia condivisione che il testo ha avuto al Senato. 
Il punto di sintesi votato al Senato anche da Forza Italia – che pure oggi ha il coraggio di parlare di legge Acerbo e di gridare al fascismo – è la dimostrazione proprio dello spirito di apertura della maggioranza e dell'Esecutivo nei confronti di tutti. Spiace constatare oggi l'abbandono di una condotta politica improntata al perseguimento del bene comune per una logica di più bieco opportunismo partitico e politico. 
Dopo nove anni, in cui il Paese è rimasto ostaggio del Porcellum, l'Italia ha finalmente ritrovato la strada per darsi una nuova legge elettorale. Una semplice virgola, un minimo emendamento, non possono affossare per chissà quanto tempo una legge che adesso è a un passo. L'Italia non si merita il Porcellum e questo Parlamento non può oltraggiare ad oltranza il nostro Paese. 
Siamo qui, cari colleghi, a votare la fiducia su un atto così di basilare importanza, che simboleggia una piena assunzione di responsabilità dinnanzi ai propri elettori e a tutti i cittadini e che rimarcherà inequivocabilmente il solco tra coloro che decidono oggi di rimanere imbrigliati in vecchie e anacronistiche logiche politiche e chi decide di cambiare passo, di modificare una legge che permetta all'intero Paese di stare al passo con i tempi. L'Italia e questo Parlamento non possono più permettersi un imbarazzante immobilismo. 
Sull'Italicum se ne sono sentite tante, persino toni scandalizzati sono arrivati da chi ha sostenuto e votato il Porcellum. In ogni caso, al netto anche dei toni sproporzionatamente allarmati di alcuni interventi che abbiamo sentito in questi giorni, l'accusa di merito principale riguarda l'introduzione di un sistema presidenzialista, di fatto, senza i dovuti contrappesi, tesi che manca di ogni fondamento. C’è davvero bisogno di ricordare in quest'Aula che il presidenzialismo prevede un Esecutivo affidato ad un Presidente della Repubblica, che è espresso dal corpo elettorale e che non è soggetto al rapporto di fiducia con il Parlamento ? C’è bisogno di ricordare che dopo questa legge continueremo ad avere un Presidente del Consiglio dei ministri che dovrà avere la fiducia della Camera e un Presidente della Repubblica con gli stessi poteri e le stesse prerogative di oggi ? Cosa ha a che fare l'Italicum con un modello presidenzialista ? Nulla. Dove sono le norme che cancellano la figura del Capo del Governo, fondendola con quella del Presidente della Repubblica ? Non esistono. Il nostro modello di Governo, anche dopo l'approvazione delle riforme in gestazione, continuerà ad essere di tipo parlamentare. 
E lo dico anche citando un importante costituzionalista, protagonista di una stagione che ha visto molti di noi combattere insieme per le stesse battaglie, a proposito di referendum elettorali, di abolizione delle preferenze, di sistema maggioritario a doppio turno e bipolarismo. Nel nostro Paese – ha detto Augusto Barbera – il problema non è tanto costituito dai contrappesi, quanto dalla mancanza dei pesi. 
Ad ogni modo le garanzie parlamentari aumentano, se è vero come è vero che nella riforma costituzionale abbiamo elevato il quorum necessario per l'elezione del Presidente della Repubblica. Con l'Italicum gli elettori avranno la capacità di determinare maggioranze lontane dai ricatti dei piccoli partiti e daranno vita ad Esecutivi più stabili e capaci di decidere. L'elemento del ballottaggio poi, oltre ad essere da sempre al cuore della proposta del Partito Democratico, richiama il modello in vigore nei comuni, un modello che ha dimostrato di funzionare, garantendo pluralità e capacità di decisione. 
Pluralità e decisione: da quando abbiamo cominciato questa traversata abbiamo introdotto molti punti di equilibrio tra questi due poli. Quella che stiamo per votare è una legge con numerosi punti di equilibrio avanzati rispetto al testo iniziale licenziato in prima lettura da quest'Aula, come il connubio tra il candidato di collegio unico e le preferenze per gli altri candidati, come l'alternanza di genere con la possibilità di votare un uomo e una donna, come la formazione di liste che rispetteranno l'alternanza di genere anche tra i capilista, come l'avere elevato le garanzie di rappresentanza con la riduzione delle soglie di sbarramento dall'8 al 3 per cento, come il premio di maggioranza compatibile con la sentenza della Consulta legato al superamento della soglia del 40 per cento al primo turno. 
Insomma per mesi abbiamo messo mano al testo, recependo le istanze che arrivavano da una parte e dall'altra, giungendo a un equilibrio tra stabilità e decisione, tra governabilità e rappresentanza – lasciatemi dire – come sarebbe tipico e come è tipico fare in tutte le più autentiche dittature. In politica sono storicamente concesse ritrattazioni di ogni genere, ma non ci era mai capitato di passare in una notte da interlocutori seri ed affidabili, con cui riscrivere le regole del gioco e persino la Costituzione, a vili sostenitori di una malcelata dittatura. Antropologicamente sarebbe anche un fenomeno affascinante da indagare, ma noi abbiamo solo il tempo per vedere quanto politicamente sia sconfortante. 
La legge elettorale è un elemento cardine del sistema democratico di una nazione. È doveroso e normale che attorno ad essa si sviluppi un dibattito, che ci siano più proposte e che si raccolgano tanti punti di vista, rappresentativi di un Paese articolato e complesso come il nostro. Oggi, però, siamo qui incalzati dai cittadini, dalle sentenze, da un vuoto normativo che non fa onore a una grande democrazia come la nostra. Oggi vogliamo arrivare al traguardo – lo vuole il Partito Democratico – per approdare finalmente ad un bipolarismo compiuto e funzionante. Non possiamo permetterci di fallire, dobbiamo chiudere con la stagione dei ricatti e assicurare governabilità e rappresentanza allo stesso tempo. Dobbiamo riavvicinare i cittadini alla politica e alle istituzioni. Sono obiettivi che vanno appunto oltre l'io, oltre la strumentalità e la convenienza contingente. 
Oggi mettiamo un punto, decidiamo di decidere con metodo democratico e pienamente legittimato dal nostro ordinamento costituzionale e – aggiungerei – sostanzialmente più legittimo del totale e diffuso strumentalismo di chi ci accusa; differenza che gli italiani, tuttavia, non mancheranno di sensibilità nel cogliere e per cogliere. 
L'Italia ha bisogno di osare la democrazia. Governo e maggioranza si mettono in gioco proprio per questo, fino in fondo, e lo facciamo con coerenza ed etica della responsabilità, responsabilità che tutti in quest'Aula sono chiamati ad assumersi. Per questo ci appelliamo a tutti quei colleghi – a partire dai miei colleghi – che con noi condividono la medesima storia, quella storia che ci accomuna e che deve necessariamente influenzare le nostre scelte. La matrice politica e quella sociale del nostro schieramento ci impongono di riconoscere a questo Esecutivo il merito dell'azione. 
Chiediamo a tutti di votare la fiducia, di dare speranza a tutti quei cittadini che in questi mesi in noi hanno riposto la loro fiducia. Sfiduciare il Governo oggi significherebbe tradire loro: cittadini, lavoratori, giovani disoccupati, donne e uomini di questo Paese. La legge elettorale e la riforma della Costituzione non sono le priorità di questo Paese in senso stretto, ma rappresentano la precondizione assoluta di operatività di qualsiasi Esecutivo. Non si può governare sull'orlo di un precipizio, non si possono prendere scelte difficili in un sistema legislativo imbrigliato. 
Concludo, Presidente. È stato detto in quest'Aula, peraltro proprio da chi ha definito i dieci colleghi del Partito Democratico sostituiti in Commissione dei crumiri, che il Partito Democratico e il suo segretario Renzi, con un atto di arroganza, hanno passato le Colonne d'Ercole. Bene, se passare le Colonne d'Ercole significa andare oltre il mondo conosciuto, in nome di quel coraggio che porta a decidere per trovare soluzioni migliori, allora, certo che, con responsabilità, decidiamo di navigare, di andare oltre, di osare, di non fermarci. Infatti, le Colonne d'Ercole sono lì per determinare la capacità degli uomini di ampliare i propri orizzonti, con fermezza, determinazione e dedizione. Ed il PD, con l'intelligenza, la schiena dritta, la testa alta e la dignità di tutti i suoi crumiri, non si esime da questo coraggio, perché se lo merita un bellissimo Paese come il nostro.