Data: 
Lunedì, 12 Maggio, 2014
Nome: 
Marco Miccoli

A. C. 2208-B

Signor Presidente, arriviamo alla fase conclusiva dell'iter di questo provvedimento, un decreto-legge su cui si è detto molto, un decreto su cui si è acceso un dibattito, come sempre accade in questo Paese quando si parla di lavoro, un dibattito che ha coinvolto le forze sociali, come è giusto che sia, imprenditori e sindacati, un dibattito che è giunto in modo forte anche dentro il congresso, che si stava celebrando in questi giorni, della CGIL. Quindi, arrivati a questo punto, è utile non solo fare un riepilogo, ma ribadire alcuni punti fondamentali che, a dire il vero, in questo dibattito, anche in quest'Aula e in Commissione, a volte sono stati un po’ distorti, utilizzati anche un po’ in modo strumentale.
  Quindi, è bene ribadire alcune cose, partendo da quello che ha detto il Governo, partendo dalla proposta, dalle motivazioni e dagli obiettivi che il decreto vuole porre e, quindi, anche dal contesto in cui avviene questa scelta. È bene ribadirlo il contesto, Presidente, perché è fondamentale. È fondamentale perché i dati sono inequivocabili: ci troviamo di fronte alla possibilità di una ripresa, che appare però più lenta; i dati, ancora, non sono stabili: una fiducia fra le forze imprenditoriali che stenta ad affacciarsi; una cautela da parte delle imprese che riguarda gli investimenti, che riguarda le assunzioni; il prodotto interno lordo che salirà nel 2014 con un più 0,8 per cento; i consumi che non decollano, che saliranno, certo (si passa ad un segno positivo con un più 0,2 per cento); la domanda interna che cresce anch'essa in modo faticoso.
  Quell'incertezza e quella sfiducia sono elementi con i quali dovremo continuare a fare i conti, con i quali tutti dovranno continuare a fare i conti. Quindi, il Governo intende affrontare in questo contesto la vicenda dell'occupazione o meglio della disoccupazione, come per esempio quella giovanile, e propone questo decreto.
  Intanto vorrei dire, per sgombrare il campo, perché altrimenti sembra che ognuno ha la genialità di indicarci una cosa che è ovvia e che abbiamo ascoltato spesso ripeterci in quest'Aula: l'occupazione non si fa cambiando continuamente le regole del lavoro. È una cosa che lo stesso Premier, lo stesso Renzi ha detto quando ha lanciato, con la conferenza stampa, il Jobs Act; l'ha sottolineato: non sarà questo il provvedimento sul quale noi concentreremo gli sforzi per creare occupazione in questo Paese. Questo provvedimento, proprio in questo contesto, tenta di dire una cosa molto semplice, cioè che in questa fase di incertezza che abbiamo descritto il Governo prova a spostare una contrattazione che tende ad utilizzare contratti che rendono più precario il rapporto di lavoro verso il tempo determinato e l'apprendistato.

Non si scopre oggi, entrambi contengono più garanzie, più tutele rispetto ad altre tipologie contrattuali. Perché la cosa che si è affermata e che mi sento di contraddire in maniera netta è che la precarietà in questo Paese arriverebbe con il voto a questo decreto. Si precarizza perché c’è il decreto lavoro del Ministro Poletti. Bene, non è così. In questo Paese non c’è il paradiso sui contratti a termine, quelli che utilizzano l'elemento della temporaneità. In questo Paese ci sono i finti stage, a cui i nostri ragazzi sono costretti e sono costretti da un ricatto occupazionale; ci sono due milioni e mezzo di partite IVA individuali, la maggior parte di queste nasconde un lavoro subordinato: anche questa è figlia di un ricatto occupazionale; ci sono le collaborazioni coordinate e continuative e quelle a progetto, lavoro parasubordinato che nasconde invece un vero e proprio lavoro subordinato.
  Tra l'altro, vale anche la pena di ricordare che questi lavori producono un reddito annuo che, in media, è inferiore ai 10 mila euro lordi, stiamo parlando di poco più di 500 euro mensili. Anche per le partite IVA individuali, vale lo stesso ragionamento: meno di 15 mila euro lordi l'anno. Quindi, l'affermazione di spostare da qui verso i tempi determinati che sono regolati – vale la pena ricordarlo – dalla contrattazione collettiva nazionale del settore in cui si va a lavorare, che non è cosa di poco conto...Quindi, da questo punto di vista, c’è una certezza che viene garantita da regole certe, scritte.
  Per quanto riguarda l'apprendistato, anche qui non ci troviamo di fronte a un paradiso. L'apprendistato è calato in quest'anno, rispetto allo scorso anno, del 5 per cento. Dall'inizio della crisi, dal 2008, nell'apprendistato sono stati bruciati 180 mila posti e il dato più allarmante e che è riferito a questo provvedimento, sul quale si vuole incidere, è che il tempo e la trasformazione da contratto di apprendistato a quello a tempo indeterminato cala dell'11 per cento annuo. C’è una crisi, quindi, rispetto all'utilizzo di questo contratto, che va valutata quando si discute di questo.

Quindi, non c’è il paradiso e in questa fase il Governo dice proprio questo: proviamo in questa fase di possibile prima ripresa a spostare verso contratti più certi, più garantiti, più tutelati, che aprono al presupposto di dare più forza alle organizzazioni sindacali all'interno delle aziende, che possono far sì che quelle certezze contrattuali possano diventare anche certezze contrattuali per un più lungo periodo.
  Ecco, questo è il contesto. E quando si dice – come abbiamo sentito dire – che le modifiche apportate in sede di discussione in Commissione, che hanno – io dico – migliorato, aggiustato, il provvedimento e che lo stesso sia stato stravolto dalla discussione e dal voto al Senato, io penso che questa sia un'altra distorsione. Lo hanno ricordato prima di me e meglio di me i colleghi: i capisaldi di quelle modifiche rimangono tutti. La riduzione da 8 a 5 per quanto riguarda le proroghe – che non è solo una riduzione da 8 a 5, non è solo una riduzione numerica nel termine delle proroghe, ma è anche una riduzione che viene conteggiata in tutti i rinnovi che si svolgono in 36 mesi e che quindi ha messo dei paletti di certezze proprio per l'utilizzo del tempo determinato che fanno bene al lavoratore, che lo proteggono. La percentuale di contratti a termine resta calcolata sui contratti a tempo indeterminato dentro un'azienda, anche questo è stato confermato.
  Importante è la conferma del diritto di precedenza, e per il tempo indeterminato, che già esisteva, e per il tempo determinato. Si conferma la stabilizzazione del 20 per cento di apprendisti per aziende che almeno occupano 50 dipendenti, quindi per le aziende di dimensioni più grandi, come è giusto che sia, e resta confermata – come è stato ricordato – la formazione pubblica.
  Ecco, Presidente, noi abbiamo svolto un percorso che ha consentito anche una discussione nel Paese – lo ha ricordato prima – una discussione, che in questo Paese è sempre bene adoperare con prudenza anche quando si utilizzano termini, affermazioni e quando si compie una battaglia politica perché, quando si parla di lavoro e quando si incide sulla vita di milioni di lavoratori in questo Paese, va sempre ricordato che è una discussione che procura tensioni e a volte anche allarmi; quindi, anche i toni con cui ci si rimette dentro un dibattito vanno ponderati secondo queste esigenze.
  Ora – lo ricordava la collega Albanella poco fa – c’è anche un dato, che io credo vada sottolineato, di correttezza nella proposta che fa il Governo al Parlamento, che è quella del monitoraggio, quasi a dire che ci troviamo di fronte ad una possibile sperimentazione, che tra 12 mesi ci riporterà a discutere di questo provvedimento; monitoraggio che ci dirà se questa previsione del Governo, questa affermazione di principio del Governo, quella che dice: «spostiamo da contratti più precarizzanti verso il tempo determinato» funzionerà, cercando anche – questo sì – di porre anche un'altra affermazione insieme a tutto questo dibattito, cioè quella di dire che forse vale la pena affermare in questa sede che sarebbe opportuno fermarsi un attimo a riflettere e smetterla di cambiare continuamente le regole sul lavoro perché anche gli istituti di ricerca in audizione ci hanno detto che almeno un tempo di 18 mesi per studiarne gli effetti sarebbe necessario.
  Ecco, quindi, Presidente, ci troviamo di fronte a questo sostanzialmente, che non merita di essere stravolto e liquidato con affermazioni ideologiche e di principio, a un dibattito che non va a minare e non merita di essere minato da posizionamenti ideologici e strumentali. C’è in corso una campagna elettorale, si parla molto di lavoro e di Europa e tutto questo credo che vada invece conciliato con un dibattito serio perché parliamo del futuro dei nostri ragazzi e dei nostri giovani.
  Proprio in virtù delle strumentalizzazioni che abbiamo ascoltato, Presidente, mi permetto anche di ribadire, perché rimanga a verbale e rimanga agli atti, anche qualcosa di storico. Perché, vede, in questi giorni e in queste settimane si è discusso anche molto di sindacato, del ruolo del sindacato e della concertazione. Ecco, io penso che il sindacato abbia svolto un grande ruolo storico in questo Paese: non va mai dimenticato il contributo che le organizzazioni sindacali e i lavoratori hanno dato in questa nostra grande storia. Si è parlato anche del ruolo del sindacalista e dei sindacalisti e si è parlato anche dei sindacalisti della Commissione lavoro. Abbiamo anche avuto l'onore di essere elencati, uno per uno, come quelli che componevano una lobby dentro la Commissione che fa tutto quello che dice la CGIL, cosa peraltro sconfermata dalla presa di posizione del sindacato della CGIL su questo decreto.
  Però io voglio dire una cosa: quando si parla di sindacato e quando si parla della storia nobile di questo Paese, quella storia bisogna conoscerla, bisogna sapere quello che ha comportato, che cosa ha significato per questo Paese l'impegno di tanti sindacalisti e di tanti lavoratori che hanno militato e continuano a militare in quelle organizzazioni sindacali.
  Chi, come quei sindacalisti che stanno anche dentro la Commissione lavoro, certo, ha svolto un ruolo in questo Paese, ha organizzato lavoratori, ha fatto trattative e difeso posti di lavoro, ci ha messo la faccia e qualcuno ha anche pagato un prezzo, qualcuno ha anche pagato con la vita. Quei sindacalisti sono quelli che hanno organizzato i cortei, le manifestazioni, i presidi, i volantinaggi e sono quelli che, anche quando qualcuno si arricchiva facendo il comico in televisione, scendevano in piazza a salvare il Paese contro la mafia, contro lo stragismo, contro il terrorismo rosso e quello nero, pagando un prezzo e donando la difesa della democrazia a questo Paese.

E quindi mi permetto di concludere, Presidente, annunciando il voto favorevole, mio e degli altri miei colleghi, e dicendo che la storia non si racconta strumentalmente, come è stato fatto qui, ma se si vuole difendere il diritto di chi lavora, la dignità dei lavoratori, si parte dal conoscerla, quella storia, e dal rispettarla per quello che è stata.