Data: 
Lunedì, 12 Maggio, 2014
Nome: 
Anna Giacobbe

A.C. 2208-B

Signor Presidente, riaffrontiamo questo testo in un terzo passaggio, dopo una discussione in prima lettura a partire dalla Commissione che ha approfondito tutte le questioni, compresa la relazione tra questo strumento, con cui il Governo ha anticipato con urgenza alcune misure, e gli interventi di modifica delle regole del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali contenute nel disegno di legge la cui trattazione si avvia al Senato.
  Quella discussione ha prodotto interventi sul testo che, come è già stato ricordato, pur non stravolgendo l'impianto del decreto hanno riportato un più equilibrato rapporto fra richieste di più semplice utilizzo del contratto a termine dell'apprendistato da parte delle imprese e diritti e tutele del lavoro, oltre che della natura stessa del contratto di apprendistato e dello scambio, diciamo così, tra il rispetto di quella natura e il denaro pubblico di cui le imprese beneficiano.
  L'esame al Senato – anche questo è stato ricordato – ha portato altre correzioni che nel loro complesso, e rapportate a ciò che era stato mutato qui alla Camera, non hanno compromesso quel nostro lavoro nella direzione che ho citato.

In sostanza, voglio dire che il lavoro parlamentare in sede di Commissione, in prima e in seconda lettura, ha assolto al proprio compito, consegnandoci un testo su cui si potrebbe certo ancora intervenire ma in un certo senso all'infinito, in un gioco che volesse usare il sistema bicamerale come strumento per farlo decadere.
  Noi abbiamo scelto altro, di convertire il decreto non così come era, come qualcuno anche nella maggioranza avrebbe voluto, con ancora dei limiti ma in una formulazione che tiene aperta una prospettiva di riordino di quella materia e che ritrova, come dicevo, un maggiore equilibrio. La polemica sul fatto che oggi la maggioranza scelga di confermare quel testo che ci arriva dal Senato appartiene, appunto, alla polemica e all'abitudine di fare, credo, anche un po’ di teatro.
  Resto un fatto, che questo provvedimento ha ancora, in qualche misura, un carattere che assegna agli strumenti e alle regole del mercato del lavoro la funzione di favorire l'occupazione. Sappiamo bene che in sé questo non è vero, se non c’è insieme un'azione per il rilancio dell'economia e delle produzioni fondata anche su una ripartenza dei consumi e questo è, appunto, l'oggetto delle scelte che in queste giornate il Governo ha sottoposto alla discussione in Senato – e poi arriverà qui alla Camera –, con un sostegno significativo ai redditi da lavoro dipendente e una riduzione del cuneo fiscale finalmente dal lato del lavoro.

Dicevo che colgo l'occasione per sollecitare il Governo a prestare attenzione, dando seguito anche a dichiarazioni del Presidente del Consiglio in questo senso, alla necessità, nei modi e con gli strumenti che andranno realisticamente individuati, di dare risposte anche ai redditi da pensione, che hanno anch'essi un peso forte nel sostegno alla domanda interna e su una parte dei quali hanno gravato, negli anni scorsi, gli interventi per reperire risorse da destinare al risanamento della finanza pubblica.
  Il rapporto tra queste cose, tra la ripartenza dell'economia e come il lavoro si ridistribuisce e si consolida in storie lavorative che abbiano la continuità necessaria, rimane un tema aperto, cui la proposta di legge ora al Senato dovrà dare risposte, dandoci atto, tutti quanti, del fatto che non solo la possibilità di lavorare ma anche la possibilità di dare stabilità al lavoro ha a che fare con una ripresa dell'economia che dia certezze di prospettiva al sistema su cui le imprese possano contare.
  E c’è un punto della nostra discussione che è rimasto un po’ in ombra, che è stato usato in maniera almeno discutibile, che già veniva citato dal collega Miccoli. Insomma pare quasi che non solo la precarietà, ma l'uso, l'abuso, del contratto a termine sia, come dire, inventato con questo provvedimento. Noi sappiamo bene che la stragrande maggioranza degli avviamenti al lavoro è a tempo determinato. Nella mia provincia, una provincia ligure molto colpita dalla crisi, due terzi degli avviamenti è a tempo determinato, ma un altro 20 per cento se ne va in contratti atipici, occasionali e tirocini più o meno regolari, per non parlare delle cosiddette false partite IVA, che in quanto tali non sono contabilizzate. Solo il 13 per cento degli avviamenti è con contratto a tempo indeterminato.
  Il Governo ha scommesso con questo decreto e ci ha affidato questa scommessa sul fatto che la possibilità di assumere per un periodo più lungo senza causale, ma già il cosiddetto causalone aveva aperto non delle fessure, ma dei buchi, fatto salvo il rischio, da un lato, o l'opportunità del contenzioso, dall'altro, possa assorbire flessibilità cattiva.
  Il sistema di monitoraggio che abbiamo inserito in prima lettura consente di verificare puntualmente questi andamenti e soprattutto avere non solo ridotto da otto a cinque le proroghe, ma posto il limite di cinque indipendentemente dai rinnovi nell'arco di trentasei mesi farà sì che questa forma contrattuale si possa usare allungando la durata di quelle proroghe o rinnovi mediamente di sei mesi, sei per sei, come si dice. Oggi la somma tra rinnovi e proroghe nei tre anni può essere superiore a cinque. Avere rafforzato il diritto alla precedenza nella riassunzione, non quanto avremmo voluto, ma con un'attenzione particolare alle lavoratrici, è un fatto utile. Del limite del 20 per cento si è parlato molto a proposito delle penalizzazioni, ma rispetto a questo a me la soluzione del Senato non piace, la prendo per buona come parte di un complesso, come dicevo. Ma appunto non si è valorizzato il fatto che questo può essere un limite e che insieme ad altri può riconsegnare alla contrattazione qualche strumento in più. Lo spot, che potremmo chiamare: tre palle cento lire alle organizzazione del lavoro, è diffuso. La crisi della rappresentanza ha riguardato certo non solo la politica ma anche la rappresentanza sociale. Io vorrei, come dire, consigliare a tutti di valutare e di conoscere il radicamento vero dei sindacati, il mandato che milioni di lavoratori e lavoratrici – e non tutti stabili e tutelati – danno con una delega che non è virtuale. Certo, come dire, con tutto questo parlare di concertazione, io credo insomma che dobbiamo anche dirci che, fatta eccezione per il 2007, ormai l'assenza di concertazione vera, che si possa chiamare così, data da un paio di decenni. Il tema è: quale valore si dà ai corpi intermedi come attori di un lavoro di ricucitura degli strappi che percorrono il tessuto della nostra società, quale valore si dà al rapporto con loro per governare i conflitti, per mediare tra interessi, per allargare la democrazia sostanziale.
  Infine, ci sono semplificazioni della vita delle imprese che non corrispondono necessariamente ad una riduzione dei diritti e delle tutele dei lavoratori. Abbiamo tutti parlato poco di uno degli argomenti che sono oggetto di questo provvedimento, che è la semplificazione nell'utilizzo del documento unico di regolarità contributiva. Già in un ordine del giorno presentato nel precedente passaggio qui alla Camera di questo provvedimento abbiamo dato alcune indicazioni al Governo su come, con il provvedimento attuativo dell'articolo 4 di questo provvedimento che stiamo esaminando, si possa davvero fare un buon lavoro in quella direzione.