Data: 
Martedì, 11 Giugno, 2019
Nome: 
Nicola Pellicani

A.C. 1898

 

Grazie, Presidente. Il provvedimento arriva alla Camera alla conclusione di un percorso tormentato e molto confuso che ha messo in crisi la stessa maggioranza. Esso giunge in Aula senza che ci sia stato nemmeno il tempo di un approfondimento adeguato su un tema che dovrebbe essere strategico per il Paese. L'avete chiamato decreto sblocca-cantieri, un titolo così evocativo che viene però contraddetto articolo dopo articolo per rivelarsi alla fine l'esatto contrario. Purtroppo avete già abituato gli italiani a tali imbrogli: lo avete fatto con il decreto dignità che avrebbe dovuto sconfiggere la povertà e abbiamo visto come è andata a finire; lo avete fatto con la legge di bilancio che ha alzato la soglia dell'affidamento diretto degli appalti, elevando il rischio di infiltrazioni criminali e poi lo avete fatto con il decreto sicurezza che invece ha creato solo più insicurezza e diseguaglianze e via discorrendo potremmo andare avanti a lungo. Ora siamo arrivati alla resa dei conti: in approvazione c'è il decreto-legge che dovrebbe rimettere in moto l'economia, così l'avete presentato più di cinquanta giorni fa, ovvero come il decreto che finalmente velocizzerà i cantieri, favorirà gli investimenti, sebbene non metta a disposizione un solo euro, per favorire sviluppo, lavoro, occupazione. Come sempre il titolo genera un sacco di aspettative e recita così: Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici. Ma il titolo purtroppo trae in inganno perché non c'è niente di tutto questo.

Non stiamo discutendo, cari colleghi, lo sblocca-cantieri bensì l'esatto contrario: il blocca-cantieri. Ma, badate bene, non lo diciamo solo noi, non lo dice il Partito Democratico: l'abbiamo ascoltato nel corso delle audizioni, l'hanno detto i sindacati e i lavoratori nelle piazze, i rappresentanti delle categorie, le associazioni ambientaliste, le associazioni antimafia. È un blocco figlio anzitutto del contratto di Governo che sta mandando a fondo il Paese, un blocco dovuto a un Governo degli annunci regolarmente smentiti dai fatti che sta caratterizzando la maggioranza giallo-verde solo per indecisione, incompetenza e irresponsabilità. Ma purtroppo c'è di più, signor Presidente, perché nella storia della Repubblica più volte ci siamo imbattuti in Governi e Ministri che hanno realizzato poco o nulla ma non si era mai visto un Ministro come Toninelli, che purtroppo neanche oggi è qui in Aula ad ascoltarci, che non solo non ha messo in cantiere alcuna opera ma sta facendo di tutto per bloccare le opere pubbliche già avviate. In qualsiasi altro Paese l'avrebbero già mandato a casa per manifesta incapacità. Dietro l'espressione magica “analisi costi-benefici”, come se l'avesse inventata Toninelli, in realtà si nasconde tutta l'incapacità, l'improvvisazione del Governo del cambiamento, la totale mancanza di idee di un progetto di Paese. Secondo la maggioranza, se i cantieri sono fermi è per colpa della burocrazia, per eccesso di regole, per frammentazione di competenze. Allora cosa fa il Governo? Blocca il codice degli appalti, dopo averlo già modificato quattro volte in pochi mesi prima con il decreto Genova, poi con il decreto semplificazione e quindi con la legge di bilancio e con il decreto sicurezza. Secondo il Governo sarebbe negli ingranaggi del codice dei contratti che si nasconderebbe la paralisi del Paese non, com'è nei fatti, nella paralisi di una maggioranza ormai al capolinea, bensì nel codice degli appalti. Ciò si traduce nell'introduzione di deroghe e sospensioni di norme per un anno e mezzo ovvero significa meno regole e meno controlli fino al 31 dicembre 2020. In cinquanta giorni il decreto-legge è stato scritto e riscritto un'infinità di volte. Prima è stato annunciato l'azzeramento del codice, poi si è giunti a una sospensione di alcune parti, frutto evidentemente di un compromesso nella maggioranza che però, privo di qualsiasi logica, denota solo confusione e assoluta incapacità di elaborare una proposta di riforma globale e assumere decisioni nell'interesse del Paese. Il risultato è un pasticcio molto pericoloso che rischia di avere conseguenze pesantissime per il Paese. Il mix partorito è micidiale perché riduce il ruolo dell'Anac, eleva la soglia del subappalto al 40 per cento, rilancia il massimo ribasso anche se lo chiama minor prezzo vale a dire che qualsiasi gara sotto i 5 milioni e mezzo potrà essere assegnata con la regola del massimo ribasso che porterà le stazioni appaltanti a non fare alcuno sforzo per cercare la qualità, bensì ad utilizzare sempre ed esclusivamente la fattispecie del massimo ribasso. Il decreto-legge sospende, inoltre, il divieto di appalto integrato: ciò significa poter bandire un unico appalto per la progettazione e la realizzazione dell'opera, spalancando nuovamente la strada a corruzione e illegalità.

Signor Presidente, il decreto-legge intende far passare il messaggio secondo cui, se vogliamo fare le opere e far ripartire i cantieri, servono meno regole. È una vecchia legge della politica degli affari in base alla quale in nome del fare bisogna ridurre le regole, le tutele di legalità e le tutele per i lavoratori. La parola d'ordine è deregolamentare ed è stupefacente che tale messaggio arrivi da chi come il MoVimento 5 Stelle nella scorsa legislatura ha impartito lezioni a tutti su trasparenza e rigore. Chi per anni ha predicato più trasparenza, più controlli, maggior legalità ora propone un provvedimento fondato su meno regole e meno controlli in cui le risorse per la sicurezza del lavoro diventano oggetto di gara anziché essere un elemento separato. Ora come farete a far metabolizzare ai vostri elettori che la Lega abbia dettato anche il decreto-legge; vi ha imposto di venire meno ai vostri principi, ben sapendo che al precedente Governo del centrosinistra vietavate esattamente il contrario. Il decreto propone poi l'introduzione tra le altre cose della figura dei commissari. Non è una novità: anche il Governo Prodi nel 1997 introdusse i commissari, all'interno di quello che fu forse il primo sblocca-cantieri che fece da apripista a successivi decreti emanati da vari Governi nel corso del tempo sulla stessa materia.

I commissari del Governo Prodi, però, venivano nominati a fronte di un'emergenza ed erano finalizzati ad opere ben precise, strategiche per il Paese e, soprattutto, finanziate.

Nel provvedimento che stiamo discutendo si prevedono commissari per interventi straordinari ritenuti prioritari. E cosa vuol dire? Quali sarebbero questi interventi prioritari, Toninelli? La realizzazione di un qualsiasi raccordo autostradale oppure un semplice piano straordinario per tappare le buche stradali? Purtroppo, ho questa impressione, vuol dire semplicemente una cosa: massima discrezionalità. Significa che i commissari potranno essere nominati in modo arbitrario quando e come si vuole e, soprattutto, potranno agire al di fuori di qualsiasi regola, senza che vi sia un'emergenza riconosciuta e potranno agire in deroga a qualsiasi norma. Di questo si tratta e, del resto, lo ha detto lo stesso Cantone, presidente dell'ANAC, oggi in Commissione ambiente: ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale. Tutto ciò in un Paese come il nostro, in cui la corruzione è molto diffusa anche nella pubblica amministrazione, in cui la criminalità organizzata penetra nell'economia legale, in cui, come hanno dimostrato numerosissime inchieste della DDA, le mafie sono radicate in tutto il Paese, nel Meridione come nell'Italia settentrionale. È molto pericoloso allargare le maglie dei controlli ed ancor più grave, Ministro dell'Interno, sentirla sostenere che non servono le regole, ma è sufficiente usare il buon senso per realizzare le opere e sbloccare i cantieri fermi.

Noi non la pensiamo così, signor Presidente: la sfida è un'altra, è tenere assieme trasparenza, legalità ed efficienza, un risultato che può essere ottenuto solo riducendo gli spazi alla discrezionalità. È l'esatto contrario di quanto sta scritto in questo provvedimento che, purtroppo, così formulato, rischia soprattutto di spalancare la strada a cricche di berlusconiana memoria, anziché sbloccare le opere.

Un focus a parte, colleghi, in merito all'articolo 4, comma 6-bis, relativo al commissariamento per il completamento del MOSE. Il MOSE è un'opera faraonica, ideata e progettata quasi quarant'anni fa, per far fronte al problema dell'alta marea a Venezia. È un'opera che per quanto mi riguarda non sarebbe mai dovuta realizzare, ma giunti al 94 per cento dei lavori e spesi 6 miliardi di soldi pubblici, che lievitano a 9 considerando tutte le opere connesse, credo che i lavori vadano conclusi e bisogna fare in modo che il MOSE, che nel recente passato è stato al centro di uno scandalo che tanto ha offeso e umiliato la città di Venezia e l'Italia intera, funzioni. Il commissariamento all'indomani dello scandalo del consorzio Venezia Nuova, il consorzio di imprese che per legge opera in regime di monopolio per la realizzazione delle dighe mobili, non ha dato gli esiti sperati, in quanto, negli ultimi quattro anni, i lavori hanno proceduto al rallentatore e ora sono pressoché fermi, come verificato anche dalla missione compiuta su mia iniziativa dalla Commissione ambiente della Camera. Di fronte a questa inerzia, l'individuazione di una sorta di supercommissario, possiamo chiamarlo, per la conclusione dei lavori del MOSE suona come una sorta di ultima spiaggia. In un anno non avete fatto nulla e ora cercate di correre ai ripari.

Ma l'articolo, che riguarda, appunto, l'individuazione del commissario, dopo un'infinità di taglia e cuci, è rimasto ambiguo, troppo ambiguo e c'è la necessità di fare chiarezza, in quanto è in gioco il destino non solo dell'opera, ma di 250 lavoratori. Il Governo era partito prevedendo una tassa di scopo per il finanziamento della manutenzione e della gestione del MOSE attraverso la costituzione di un'agenzia formata da Governo, regione, comune, città metropolitana e porto; poi, di fronte a una vera e propria sollevazione popolare, è stata fortunatamente eliminata la tassa. Era rimasta l'agenzia, ma, alla fine, è stata cancellata anch'essa per mancanza di copertura economica, dal momento che la manutenzione del MOSE costerà circa 101 milioni l'anno. Stralcio dopo stralcio, è rimasto il commissario - bene -, non si capisce però cosa intenda il Governo quando scrive che il commissario potrà avvalersi delle strutture delle amministrazioni centrali o territoriali interessate, nonché di società controllate dallo Stato e dalle regioni.

Il MOSE è stato ideato, progettato con il lavoro dei dipendenti del consorzio Venezia Nuova, di Thetis e di Comar, lavoratori che nulla hanno a che vedere con gli scandali e che si sono distinti per professionalità e competenze.

Signor Presidente, con questo provvedimento così ambiguo questi lavoratori rischiano di restare a casa e si mette a rischio il futuro di 250 famiglie.

Sempre in relazione agli interventi per la salvaguardia della laguna, merita un approfondimento anche il comma 6-ter, in base al quale il Governo decide di ripartire le risorse della legge speciale - 25 milioni per l'anno 2018 e 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024, in tutto 265 milioni dovuti agli enti locali e ai vari soggetti interessati - senza convocare il Comitatone, bensì per decreto. Non era mai successo prima: il Comitatone è un organismo collegiale istituito dalla legge speciale, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, al quale partecipano vari Ministeri e rappresentanti delle istituzioni locali ed è il luogo dove, da circa cinquant'anni, vengono discusse e assunte le decisioni e finanziati i progetti e le attività relative alla tutela e alla salvaguardia di Venezia. Solo il Governo del cambiamento non convoca il Comitatone, preferendo ripartire le risorse per decreto. Questa è l'idea di partecipazione e di cittadinanza attiva del Ministro Toninelli e del MoVimento 5 Stelle.

Venezia, caro Ministro che, prima o poi, verrà in Aula, non si governa per decreto, sulla testa dei veneziani, una città come Venezia. Il Governo convochi il Comitatone, basta con i giochetti, lo convochi, così potete chiarirvi le idee anche sul tema delle grandi navi.

Merita un approfondimento, a mio modo di vedere, anche l'articolo 5 del decreto relativo alla rigenerazione urbana - un tema a me molto caro -, ma anche le premesse di questo articolo traggono in inganno. Si parla, leggo testualmente, di rigenerazione urbana volta alla riqualificazione del patrimonio edilizio e delle aree urbane degradate, alla riduzione del consumo del suolo, allo sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Uno legge e dice: bene, tutti obiettivi condivisibili; poi, però, prosegue e non si capisce come si intende raggiungere tali obiettivi. Come si pensa di conseguirli con un decreto così confuso dove è stato inserito di tutto? È evidente che lo scontro politico interno alla maggioranza è tale da aver prodotto un testo confuso al punto di ridurre l'articolo al nulla: purtroppo non c'è alcun nesso tra le premesse e le norme seguenti. Abbiamo provato a dare sostanza a questo capitolo attraverso emendamenti di merito che, però, sono stati bocciati senza avere nemmeno la possibilità di aprire un confronto sui contenuti.

Il decreto non contiene niente su un tema fondamentale come il consumo del suolo, che meriterebbe una legge ad hoc. Nonostante i grandi proclami del Governo del cambiamento, tipo “stop al consumo del suolo”, “costruire sul costruito”, nel nostro Paese - dati ISPRA -, ogni secondo, vengano coperti con cemento e asfalto due metri quadri di territorio, e questo decreto è, purtroppo, destinato a peggiorare le cose. Si cita la legge n. 1944 del 1968: il decreto di riferimento in materia urbanistica che definisce gli standard, fissa i limiti di distanza e di edificazione, stabilisce le volumetrie e molto altro. Si fa riferimento a tale legge, ma si ipotizzano delle modifiche tra loro contraddittorie e, anziché puntare su un'effettiva rigenerazione delle nostre città, in particolare delle periferie, prevedendo una minore densità urbanistica, maggiori spazi di socialità, per gli abitanti con l'obiettivo di favorire una migliore qualità della vita, si fa esattamente il contrario. Anziché offrire strumenti per rispondere alle esigenze volte a migliorare i servizi collettivi, ad espandere aree verdi in zone residenziali popolari, che spesso sono state originate dall'abusivismo edilizio, si prevede invece la possibilità di ridurre ulteriormente gli spazi, di derogare al limite di dieci metri. In buona sostanza, si introducono norme che, se applicate, peggioreranno la qualità della vita nelle periferie. Insomma, il Governo annuncia interventi di rigenerazione urbana, ma scrive un decreto che non aiuterà le periferie; soprattutto, non prevede investimenti, non mette un euro su questo decreto. Il Governo annuncia interventi di rigenerazione urbana, ma scrive un decreto che non aiuterà le periferie, soprattutto non prevede investimenti, non mette un euro su questo decreto. Avete preso voti nelle periferie - mi riferisco alla maggioranza - e ringraziate così chi le vive, prendendoli in giro. Per parlare di rigenerazione urbana, signor Presidente, è indispensabile prevedere investimenti pubblici e privati, ma il decreto non contiene nessuna misura che vada in tale direzione, è una scatola vuota, mentre sappiamo quanto urgente sarebbe agire positivamente sulle periferie delle città, ma non solo su di esse, perché non sono più rinviabili gli interventi di rigenerazione urbana in tutte le aree periferiche del Paese, a cominciare dai piccoli comuni dimenticati. Purtroppo, Presidente, si ricorderà che una delle prime misure di questo Governo fu proprio l'azzeramento dei fondi per le periferie stanziati dai Governi di centrosinistra, per poi fare una parziale marcia indietro. Pensavo che con questo decreto il Governo intendesse riscattarsi e riprendere in mano un tema così strategico. Nelle periferie, come è noto, vive la maggioranza dei cittadini e gli abitanti di quelle aree vivono nel degrado e nel senso di abbandono, perciò non sono più rinviabili investimenti adeguati per ricucire pezzi di città, di territorio, per dirla alla Renzo Piano, e rispondere a un'emergenza sociale prima ancora che infrastrutturale. Ma il decreto “Sblocca cantieri” non contiene nulla di tutto ciò, non prevede l'investimento di un euro per le periferie, i cittadini lo devono sapere. Del resto, il Governo giallo-verde ha fatto propria la teoria dell'ex sottosegretario Siri, secondo cui, per rilanciare l'economia, non servono investimenti bensì meno regole. Tutto qui: è disarmante ma è molto semplice. Il decreto “Sblocca cantieri”, dicevo, non contiene nulla di tutto ciò, non prevede l'investimento di un euro per le periferie e i cittadini lo devono sapere. Del resto, il Governo giallo-verde ha fatto propria la teoria dell'ex sottosegretario Siri, secondo cui, per rilanciare l'economia, non servono investimenti, bensì meno regole - tutto qui -, è disarmante ma è molto semplice. La verità è che i cantieri non sono bloccati dal Codice degli appalti, ma dal contratto di governo, ci sono 49 miliardi di opere pubbliche ferme, bloccate dall'indecisione del Governo. Con l'approvazione di questo decreto vi assumete una responsabilità pesantissima nei confronti di tutti gli italiani, in particolare dei lavoratori e delle imprese.