Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 4 Agosto, 2014
Nome: 
Mariastella Bianchi

A.C. 2568-A

 

Signor Presidente, contrariamente ai colleghi, mi atterrò al tema che abbiamo in discussione senza fare deviazioni più o meno bibliche. Noi abbiamo oggi all'esame della Camera un decreto che è molto articolato e che è stato poi migliorato con il lavoro in queste settimane della Camera e anche con il contributo del Governo per tornare ad un'impostazione più omogenea rispetto a quella che ci era arrivata dal Senato. Nel decreto ci sono misure a sostegno dello sviluppo, con scelte importanti che vanno nella giusta direzione, per esempio nel sostegno importante alle efficienze energetiche. Ci sono stati nell'esame del Parlamento dei miglioramenti importanti, ne vorrei sottolineare alcuni, ad esempio l'introduzione finalmente di sanzioni per i bioshop, perché non sono effettivamente bio, una previsione normativa che era già prevista con legge dello Stato ma che non aveva ancora trovato attuazione e che invece è una norma particolarmente importante perché consente innanzitutto di evitare delle frodi e anche di consentire a un settore importante per la nostra economia, come è quello della chimica verde, di poter operare in condizioni corrette, quindi di proseguire nella sua azione che è anche spesso di recupero di aree industriali dismesse per riportarle ad attività produttiva come è accaduto con il sito del petrolchimico di Porto Torres e come è accaduto in Veneto. Altra norma inserita nell'esame della Camera questa volta che vorrei sottolineare è il sostegno allo sviluppo dei biocarburanti di seconda generazione, anche questa una scelta di sviluppo che va nella direzione giusta di sostegno a un'attività economica del futuro e un'attività economica che ha un importante radicamento industriale nel nostro Paese. Segnalo poi altri miglioramenti che sono stati apportati dalla Camera su uno dei temi più centrali di questo decreto, è uno dei temi che è stato anche il più discusso giustamente in questo decreto: sono state approvate dalle Commissioni ambiente e attività produttive norme che alzano la soglia per lo scambio sul posto da 200 a 500 kw; è stata approvata un'esenzione dagli oneri di sistema per gli impianti di piccolo taglio che sono quindi al di sotto dei 20 kw. Quindi dei miglioramenti per il settore delle rinnovabili. Io non nascondo che rimane nel decreto un elemento che è di una certa delicatezza, che è questa norma cosiddetta «spalma incentivi» che mantiene elementi di delicatezza soprattutto perché ha effetti retroattivi e, come è del tutto evidente, nessuna impresa dovrebbe vedersi cambiare le condizioni rispetto alle quali ha programmato degli investimenti, perché questo non può che danneggiare l'attività di qualunque impresa, non solo di imprese nel settore delle rinnovabili ma di qualunque impresa. Rimane naturalmente il fatto che gli oneri di incentivazione per le rinnovabili erano particolarmente elevati, sono ora fermati con un tetto inserito dal Governo Monti – se non sbaglio – soprattutto quelli per il fotovoltaico, che sono fermi a 6-7 miliardi di euro, ma questi oneri erano particolarmente cresciuti nei Governi presieduti da Berlusconi, che non aveva ritenuto opportuno fare la necessaria manutenzione della struttura degli incentivi. Quello che però è importante è l'obiettivo che il Governo ha deciso di perseguire, che è quello della riduzione della bolletta energetica a carico dei cittadini con l'obiettivo quindi di alleggerire l'onere per le famiglie e per le imprese. Naturalmente siamo certi che il Governo esaminerà con la massima attenzione tutte le voci che possono portare ad una riduzione della bolletta energetica e quindi certamente ci saranno azioni di chiarezza su tutte le componenti dell'A3, ma ci sarà un'azione di chiarezza anche su un meccanismo che il Governo siamo sicuri vorrà verificare con la massima attenzione, cioè un meccanismo per il quale ci sarebbe una differenza abbastanza rilevante tra il prezzo dell'energia che viene corrisposto dall'Acquirente Unico e quello che è presente sulla Borsa elettrica: 60 euro a mw viene pagato dall'Acquirente Unico, qualcosa che sulla Borsa elettrica si scambia a 45 euro a mw. 
Un onere maggiore per famiglie e imprese che viene stimato in oltre un miliardo di euro all'anno e naturalmente non vorremmo che ci fosse questo meccanismo che in qualche modo possa aiutare produzioni di energia meno efficienti, o produzioni di energia in sovrappiù, che pure sono molto numerose nel nostro Paese, visto che la capacità termoelettrica tradizionale installata è doppia rispetto alla domanda di picco, senza contare l'apporto importante che danno le rinnovabili. Più in particolare, come Partito Democratico, come membro della Commissione ambiente, sono certa che il nostro Governo farà tutto il possibile per far sì che le rinnovabili non siano solo una voce che gli italiani conoscono sotto forma di incentivo A3 «costo in bolletta», ma soprattutto una voce che gli italiani conoscono per i risparmi, che le fonti di energie rinnovabili già producono per il semplice fatto che, una volta realizzato l'investimento, è del tutto evidente che la produzione dal sole ha un costo pari allo zero. Quindi, ci sono già consistenti risparmi sul costo dell'energia elettrica prodotta che però stentano ad essere trasferiti su famiglie e imprese e certamente ci sarà il massimo impegno per evitare che ci siano ancora queste strozzature nel nostro sistema di pagamento della produzione di energia elettrica. 
Altre norme importati nel decreto sono quelle che riguardano le misure di contrasto al dissesto idrogeologico. Sono misure importanti perché accelerano l'utilizzo di risorse già stanziate; certamente dovrebbero essere stanziate molte più risorse ma intanto è molto importante che siano spesi quei miliardi di euro che erano rimasti bloccati fino a questo momento. 
Allo stesso modo, è importante che ci siano norme che mettono in capo ai presidenti delle regioni le responsabilità che erano prima in capo ai commissari straordinari: è un modo per riportare questa gestione verso meccanismi di ordinarietà, così come è molto importante l'azione dell'unità di missione costituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri coordinata da Erasmo D'Angelis. L'importanza di queste norme di contrasto al dissesto idrogeologico c’è stata purtroppo ricordata in modo drammatico da quanto avvenuto sabato sera nel trevigiano: una bomba d'acqua, una precipitazione eccezionale che ha fatto quattro morti e numerosi feriti. Non è un evento naturalmente che si ripete per la prima volta nel nostro Paese: dal 1985 al 2011, 15 mila eventi di dissesto, 120 di questi gravi, 970 morti: sembra una via crucis che siamo purtroppo costretti a ripercorrere in ogni episodio luttuoso che ci troviamo a vivere nel nostro Paese. 
Eppure, dovrebbe arrivare un momento in cui da queste esperienze riusciamo a trarre qualche lezione. Allora, Presidente, io porto alla sua attenzione e a quella dell'Aula alcuni elementi di cronaca di quello che è successo a Refrontolo la scorsa notte, dove c’è stata questa esondazione improvvisa di un piccolo torrente di 19 chilometri di lunghezza che è diventato un vero e proprio cannone d'acqua. Naturalmente colgo l'occasione per ricordare ancora una volta e per esprimere vicinanza alle famiglie delle vittime, per esprimere il nostro dolore, che sicuramente è condiviso da tutti i colleghi per la perdita di vite umane che si è di nuovo verificata. 
Quello che sembra essere successo lì è qualcosa che ha che fare con l'ambiente che è stato piegato ad esigenze di attività economica; ci sono boschi in quella zona che vengono sistematicamente tagliati per far spazio alla produzione di prosecco – quelle sono le colline del prosecco – e naturalmente vale molto meno un ettaro di bosco tagliato piuttosto che un ettaro di terreno coltivato, con la piccola differenza che però naturalmente i boschi trattengono le precipitazioni, mentre le colline che sono coltivate a vigna non le trattengo minimamente. 
Ci sono state mancanze di manutenzione dell'alveo e c’è stato poi questo fenomeno metereologico eccezionale per cui in un'ora e mezza, intorno alle 10 di sabato sono caduti oltre 60 millimetri di acqua, in pratica in un'ora e mezza è scesa la pioggia che scende normalmente in un intero mese: 60 litri al metro quadrato. 
Allora, se mettiamo insieme queste tre cose: uso del territorio piegato a fini economici, mancanza di manutenzione, fenomeni meteorologici che sono eccezionali, ma che stanno diventando la normalità abbiamo purtroppo il quadro di che cosa può essere stato alla base della tragedia che ci siamo trovati tutti a vivere e a soffrire che si è battuta nel trevigiano sabato sera, ma abbiamo anche, tutto sommato, il quadro di che cosa dobbiamo fare se vogliamo davvero portare il nostro Paese su un sentiero di sviluppo sostenibile e sano.
La cosa che vorrei sottolineare ancora una volta è che naturalmente dobbiamo rispettare la vocazione del territorio e, quindi, rispettare l'ambiente. Certamente dobbiamo fare tutte le azioni di manutenzione che abbiamo trascurato per molti anni, dobbiamo forse, se posso permettermi una piccola sottolineatura, anche avere una certa coerenza di comportamenti, perché naturalmente fa piacere leggere che il presidente della regione Zaia in questo momento chieda un «piano Marshall» per i fiumi, ma certo che se la stessa coerenza l'avesse avuta anche il consigliere regionale leghista qualche mese fa, invece di esultare per il taglio di boschi, potremmo essere oggi di fronte a una situazione meno drammatica. Tuttavia, la coerenza è qualcosa che dobbiamo conquistare tutti e credo che la nostra coerenza dovrebbe misurarsi soprattutto su un banco di prova fondamentale, che è quello di prendere sul serio l'effetto che ormai si produce, nel nostro Paese, dei cambiamenti climatici. Ormai, la scienza è chiara e non c’è nessun dubbio nella comunità scientifica, se non da parte di qualche scettico che sinceramente non capiamo bene da dove possa trarre tutte le sue sicurezze. Dicevo che la scienza è chiara: l'aumento della temperatura media globale, che si sta già producendo, dipende dall'attività dell'uomo, dipende dall'immissione in atmosfera di CO2 e, quindi, dall'uso di combustibili fossili, di carbone, in primo luogo, e poi di petrolio e di gas. 
Stiamo correndo verso un aumento superiore ai due gradi della temperatura media globale rispetto alle temperature precedenti alla rivoluzione industriale. Ai ritmi attuali, secondo gli ultimi studi dell'IPCC, che è il gruppo di scienziati che risponde all'ONU delle dinamiche dei cambiamenti climatici e delle azioni di adattamento e di mitigazione che si rendono necessarie, nel 2030 già raggiungeremo questa soglia al di là della quale gli effetti sono catastrofici, letteralmente, perché gli scienziati non riescono neanche più a prevedere qual è l'effetto che si produce per la combinazione dello scioglimento dei ghiacciai, dell'innalzamento dei livelli dei mari, dell'aumento della desertificazione e del ripetersi continuo di fenomeni meteorologici estremi. A fine secolo l'aumento stimato è tra i 3,8 e i 4,5 gradi. Questi sono scenari di estrema preoccupazione che continuano, purtroppo, a non avere l'attenzione che dovrebbero avere e sottolineo questo perché nello stesso tempo sappiamo che ci sono già le tecnologie che ci consentirebbero di affrontare con successo questa minaccia, che potrebbe essere affrontata con un costo tutto sommato contenuto, che viene stimato nell'ordine di una riduzione del tasso di crescita dei consumi globali, che è stimato per ogni anno tra lo 0,04 e lo 0,14 per cento. Dunque, tutto sommato sarebbe un costo che evidentemente possiamo permetterci di sostenere e, tuttavia, ancora non c’è una chiara volontà politica. 
Allora, io penso che questo sia per noi l'ennesimo campanello d'allarme che suona, quello che ci è arrivato dal trevigiano sabato sera e dobbiamo davvero, per rispetto alle vittime e per rispetto a quello che sta soffrendo quella popolazione, imparare a leggere con attenzione i dati e imparare a prendere le decisioni che sono necessarie e che sono essenzialmente di due tipi: la prima, naturalmente, è quella dell'adattamento del territorio, il rafforzamento delle comunità, la messa in sicurezza vera, effettiva e costante anche di zone che pensiamo che non siano sottoposte a rischi imminenti, perché purtroppo la frequenza di eventi atmosferici eccezionali rende ogni zona soggetta a pericoli continui; ma, soprattutto, quello che dobbiamo davvero fare è prendere sul serio la sfida del cambiamento nel modo di produzione dell'energia. Noi dobbiamo drasticamente, in modo molto rapido, in modo graduale, certamente, ma molto rapido, abbandonare l'uso di combustibili fossili, quindi di carbone, petrolio e gas, e passare a fonti rinnovabili di energia e ad efficienza energetica. Per questo obiettivo ci sono in questo decreto misure che vanno nella giusta direzione, ma ancora ci vuole più coraggio e più determinazione per riuscire a fare quella rivoluzione che è l'unica che ci consentirà davvero di affrontare con successo questa sfida. 
Se vogliamo davvero varare una misura che sia a favore della competitività del Paese, allora la misura per la competitività del Paese sta nell'affrontare la sfida dei cambiamenti climatici, per il semplicissimo motivo che intanto attrezziamo le nostre imprese a stare su mercati nuovi, che si aprono e che sono necessari non solo al nostro Paese ma a tutti i Paesi. Consentiamo così alle imprese di sviluppare tecnologie ed una capacità di lavoro su qualcosa che sarà determinante per il futuro. 
E poi una considerazione veramente banale: non è immaginabile che nessuna impresa possa prosperare in un terreno che è soggetto a bombe d'acqua e devastazioni, come quella che abbiamo vissuto sabato, e sappiamo perfettamente che il modo per evitare queste catastrofi è alla nostra portata: è fatto di attenzione all'ambiente, è fatto di manutenzione del territorio, ma è fatto soprattutto di un cambiamento radicale del modo di produrre energia ed è fatto anche di un impegno che l'Italia, tanto più nel semestre di presidenza europea, deve assumere con decisione di guidare il percorso negli accordi internazionali globali per arrivare ad una riduzione globale delle emissioni di CO2, arrivare a quell'accordo vincolante che doveva essere raggiunto a Parigi nel 2015, che ci consentirà finalmente di riportare il nostro pianeta su una soglia che è di sicurezza, non per il pianeta Terra, che evidentemente continuerà ad esserci sia inondato o senza ghiacciai, con desertificazione, con bombe di calore, con eventi atmosferici estremi o meno, ma una situazione di sicurezza per noi che in questo pianeta viviamo e per le generazioni future.