Discussione sulle linee generali
Data: 
Venerdì, 3 Agosto, 2018
Nome: 
Piero Fassino

A.C. 1004

Presidente, come già è stato detto in alcuni degli interventi precedenti, il problema non sono le motovedette in sé, nel senso che la cessione a titolo gratuito di 10 motovedette e di altre 2 unità militari, che sono oggetto del decreto-legge e sono state illustrate dal relatore che ringrazio, è un atto che può trovare facilmente il consenso di tutti, in quanto la fornitura di queste motovedette è finalizzata ad un miglioramento dell'attività di pattugliamento nel mare da parte della guardia costiera libica, e quindi a un'azione che contrasti il traffico illegale dei migranti. Però, come è già stato detto negli interventi che si sono fin qui susseguiti, in realtà questa cessione si colloca dentro uno scenario, che è lo scenario mediterraneo e migratorio, che richiede una riflessione, perché qualsiasi atto in sé ha un valore, poi va sempre letto dentro uno scenario più ampio. Diceva un mio professore di liceo: conta il testo, ma conta anche il contesto, e in questo caso, appunto, oltre che il testo conta il contesto.

Io porrò soprattutto delle domande, perché dico subito che l'atteggiamento di voto che noi assumeremo su questo decreto-legge non dipende tanto dalla cessione delle motovedette, su cui ho già detto, non abbiamo ovviamente alcun dissenso. Anche perché questa cessione si radica, come è stato detto dallo stesso sottosegretario Molteni in Commissione esteri, sul Memorandum sottoscritto da Gentiloni e da Serraj nel febbraio 2017, e quindi è una misura applicativa di intese pregresse. Il punto è capire questo atto in che scenario si collochi e in che strategia si collochi.

Intanto noi siamo a pochi giorni da un viaggio impegnativo del Presidente del Consiglio Conte negli Stati Uniti. Uno degli oggetti fondamentali, sulla base delle comunicazioni che sono state date via stampa, sarebbe un'intesa tra gli Stati Uniti e il Governo italiano, che riconosce all'Italia un ruolo di leader nella gestione del dossier libico. Bene, è una cosa naturalmente che non possiamo che condividere; si tratta di capire cosa significa essere leader nella gestione. E quindi una prima domanda che pongo, e su cui credo che sia necessario, probabilmente non più entro la sessione che si chiuderà nei prossimi giorni, ma certamente all'inizio di settembre, che il Governo riferisca alle Camere, è in che modo intende dare corso a questo ruolo di leadership nella crisi libica e che cosa significa dal punto di vista delle scelte questo passo.

Anche perché sappiamo che si muovono in questo… Questo scacchiere è uno scacchiere come sappiamo criticissimo dove si muovono molte cose, a partire dalla delicata questione del rapporto con le tante autorità che esercitano una funzione sul territorio libico.

L'Italia giustamente riconosce il Governo Serraj perché è quello internazionalmente riconosciuto, ma sappiamo benissimo che vi è una parte, la Cirenaica, controllata dal generale Haftar. Sappiamo che ci sono altri territori del sud della Libia dove, diciamo, l'autorità del Governo di Serraj non arriva e ci sono potentati locali. Quindi, che cosa significa, appunto, esercitare un ruolo di leadership nel momento in cui il quadro degli interlocutori è così complesso e così frammentato? E come intendiamo muoverci? Così come qual è l'atteggiamento italiano rispetto alla sollecitazione, che viene soprattutto dal Presidente Macron e dal Governo francese, di andare rapidamente a delle elezioni? La cosa, naturalmente, va valutata in relazione al contesto e alle condizioni di sicurezza e di praticabilità di un passaggio elettorale che, se dovesse fallire, aggraverebbe ulteriormente la instabilità e la criticità della situazione. Quindi, intanto ci sono queste questioni che io credo debbano essere chiarite. Non so se saranno chiarite entro martedì, però devono essere chiarite dal Governo perché qui si tratta, appunto, di scelte strategiche fondamentali della politica estera del nostro Paese.

Leggo, oltre a questo, altre questioni. C'è stato un Consiglio europeo qualche settimana fa. Il Governo c'è andato con una piattaforma di dieci punti, illustrata qui dal Presidente del Consiglio. C'è una dichiarazione finale che - basta leggerlo - annacqua molto il valore di quella piattaforma, perché è tutta, diciamo, condita di condizionali: “bisognerebbe”, “sarebbe”, “si farà”, “vedremo”, e quindi annacqua molto il valore di quella piattaforma. In ogni caso, a questo punto noi siamo interessati a capire su quei punti come si procederà.

Poi veniamo alle modifiche al Regolamento di Dublino. In quella dichiarazione è certo che lo si può fare soltanto su base volontaria e consensuale. Ho l'impressione che, se si fa solo su base consensuale e volontaria, il Regolamento di Dublino non cambierà. Poi c'è il Governo comunitario delle frontiere esterne e anche su questo si dice che “si verificherà la possibilità”. A che punto siamo? Sul diritto di asilo continuiamo ad avere un trattamento non omogeneo nella gestione del diritto di asilo tra i 28 Paesi dell'Unione. Sulle politiche di ricollocazione il documento approvato dal Consiglio europeo ancora una volta affida alla volontarietà la ricollocazione. A che punto siamo? La ricollocazione dei famosi profughi e migranti che sono arrivati la scorsa settimana e su cui alcuni Paesi hanno dichiarato disponibilità ad accoglierli, a 50i più o meno e se non ricordo male, a testa, a che punto è? Lo si sta facendo? Non lo si sta facendo? Perché c'è una coltre di silenzio su tutto questo. Non c'è un accordo sui movimenti interni, cosiddetti “secondari”.

Insomma, io penso che sia necessaria una verifica perché, a nostro avviso, si sta dimostrando che un'esibizione di muscoli, battere i pugni sul tavolo e fare la faccia feroce può mediaticamente far fare qualche titolo sul giornale, ma dal punto di vista della capacità di acquisire risultati con i nostri alleati e con i nostri interlocutori in sede europea per ora siamo a zero. E, quindi, visto che il Governo qui si è impegnato fortemente nell'avanzare una piattaforma e nell'acquisire risultati e anche di ritorno da quel Consiglio il Presidente del Consiglio, Conte, ha magnificato i risultati che, secondo me, appunto, non meritavano di essere così magnificati, ma siccome io penso comunque, come diceva Shakespeare, che Bruto è un uomo d'onore, mi aspetto che il Presidente del Consiglio Conte venga a dirci su quei punti che cosa ci sta facendo e come si sta procedendo.

La terza questione è già stata posta e questo si connette di più alla questione delle motovedette e, cioè, cosa succede nel mare? L'emergenza non c'è, ma non c'è non perché è diventato Ministro Salvini, ma non c'è da almeno un anno e mezzo e lo dicono le cifre. Nel 2016 sono sbarcati sulle nostre coste 116.000 persone, mentre nel 2017 ne sono sbarcate 19.000. Quindi, è già cambiato. Lo dice il Ministero dell'interno. Ho preso queste cifre che sono sul sito del Ministero dell'interno. Quindi, l'emergenza si è già fortemente ridotta e continua a ridursi. E, allora, non c'è un'emergenza, così come viene evocata drammaticamente tutti i giorni agli italiani, ma un'emergenza c'è. Sono diminuiti gli arrivi e sono aumentati i morti e io credo che questa sia una questione che noi non possiamo non vedere.

E la politica di chiusura dei porti o di minaccia di chiusura dei porti, la politica di aggressione mediatica e non soltanto mediatica verso chi opera nel Mediterraneo per soccorrere profughi che sono a rischio della vita ha prodotto dei risultati drammatici e sta producendo dei risultati drammatici, di cui le cronache sono piene. Allora, io credo che anche su questo occorra una verifica per capire cosa vogliamo fare, perché credo che stiamo perseguendo una linea di criminalizzazione di tutte le organizzazioni non governative, di tutto l'associazionismo internazionale, di tutti coloro che prestano un'azione di aiuto ai profughi e ciò sta producendo delle conseguenze molto negative e catastrofiche, mettendo in pericolo di vita le persone. Quindi, io penso che anche su questo occorra che ci sia una verifica.

Si sono attivati dall'anno scorso corridoi umanitari con la gestione dell'UNHCR e dello OIM. Andiamo avanti sulla strada dei corridoi umanitari, che è il modo per fare arrivare profughi in questo caso e non migranti economici senza metterli nelle mani dei mercanti di uomini? Anche questa è una questione su cui bisognerebbe pensare. E, ancora, cosa succede nei campi? Perché bisogna che stiano lì. Io non ripeto le cose che ha detto l'onorevole Fornaro. Ci sono i rapporti dell'UNHCR, ci sono i rapporti delle organizzazioni internazionali dei migranti, agenzie che rispondono direttamente alle Nazioni Unite e che danno un quadro assolutamente critico della situazione nei campi dove l'UNHCR e l'OIM hanno difficoltà ad accedere - accedono soltanto ad alcuni ed è già stato detto (nove o dieci) -, dove si sta realizzando la possibilità di avere una presenza diretta dell'UNHCR in uno e in tutti gli altri, che sono sotto il controllo soltanto delle autorità libiche e dove noi non sappiamo cosa succede o, meglio, lo sappiamo perché i rapporti sono drammatici. Allora, nel momento in cui noi diamo delle motovedette, io credo che vi sia il problema di porre alle autorità libiche due questioni, cioè sollecitarli a sottoscrivere la convenzione di Ginevra, che è l'atto fondamentale di attuazione di rispetto dei diritti umani che viene riconosciuto dalla comunità internazionale, e un accordo con l'UNHCR e l'OIM perché i campi siano gestiti insieme e secondo standard delle agenzie dell'ONU. Io credo che questa sia una richiesta che deve essere fatta e non può non essere posta sul tavolo delle autorità libiche evitando di credere che si possa risolvere il problema con vicende come quella dell'Asso 28 che è al limite del rispetto del diritto internazionale, al limite. Quindi, anche questo io credo che vada visto.

Quindi, come vedete le questioni sono molte e a queste questioni noi ci attendiamo che vengano date delle risposte dal Governo e in parte io mi auguro che siano già date di qui al momento del voto su questo decreto. Riteniamo che risposte di natura più strategica generale richiedano che il Governo venga a riferire alle Camere, soprattutto dopo il Consiglio europeo e dopo il viaggio del Presidente del Consiglio negli Stati Uniti, ma è necessario che ci sia una verifica perché non c'è dubbio che quel dossier è un dossier strategico e fondamentale per noi e per l'Europa e la strategia che si attua ha bisogno di essere verificata.

Voglio, infine, affrontare altre due questioni. È stato fatto qui riferimento all'Africa. Condivido quello che ha detto Crosetto e che hanno detto altri. Do delle cifre che credo siano utili al dibattito di oggi e nel prosieguo, cifre demografiche: vivono in Africa, in questo momento, un miliardo 250 milioni di persone; saranno 2 miliardi 500 milioni nel 2050, che è domani mattina; saranno 4 miliardi alla fine di questo secolo, su una popolazione mondiale di 11 miliardi. L'Africa, di qui a fine secolo, avrà il 40 per cento della popolazione mondiale. La Nigeria diventerà, con 600 milioni di abitanti, il terzo Paese più popoloso del continente. È chiarissimo a tutti che il destino di 4 miliardi di persone non può essere affidato ai flussi migratori e questo è del tutto evidente.

E, quindi, dire che dobbiamo creare le condizioni perché la gente possa vivere meglio lì è giusto, ad una condizione: che si sia poi coerenti dal punto di vista concreto. Siccome tra qualche settimana noi discuteremo qui la legge di bilancio di questo Paese, la coerenza con questo assunto - “bisogna farli stare meglio lì” - significa che non possiamo mettere due briciole simboliche in termini finanziari sul prossimo bilancio per il sostegno allo sviluppo dell'Africa. Bisognerà mettere a disposizione cospicue risorse, noi e gli altri Paesi europei, se vogliamo dare corso a una strategia che crei, lì, le condizioni favorevoli a una vita più dignitosa, che non spinga a cercare dignità di vita altrove.

Infine, io credo che bisogna anche dirci parole chiare su come gestiamo i flussi migratori e su che cos'è il fenomeno migratorio oggi in Italia. Perché noi abbiamo l'8 per cento dalla popolazione costituita da stranieri, rispetto ad altri Paesi europei molto meno. La stragrande maggioranza di questi stranieri sono integrati regolarmente nella nostra società. Certo, c'è una quota minima, che, come dire, ha la responsabilità di atti di illegalità, come c'è una quota minima della popolazione italiana che compie atti di illegalità. Da questo punto di vista, chi compie atti di illegalità va perseguito, qualsiasi sia il colore della sua pelle, punto e finito, non è che possiamo fare delle distinzioni.

Quello che non possiamo continuare ad accettare è l'evocazione continua dell'Italia come un Paese invaso o un Paese assediato, come un Paese a rischio, perché non è così! E guardate che continuare a evocare questa cosa ha delle conseguenze. Stanotte sono avvenuti altri due episodi, di cui le agenzie danno notizia, di aggressione a dei cittadini con la pelle nera vicino a Pistoia e a Napoli. Allora, io sono una persona responsabile, mi guardo bene dal dire che Salvini sia responsabile della sparatoria, perché è evidente che è una stupidaggine. Ci sono, però, degli atti che si compiono in un clima e in un contesto, non vale solo il testo, vale il contesto anche nella drammaticità di questi eventi. E allora chi ha una responsabilità pubblica, come chi siede in quest'Aula, come chi siede al Governo, come il Ministro dell'interno, ha il dovere di misurare le parole, ha il dovere di avere degli atteggiamenti responsabili, ha il dovere di assumere atteggiamenti che non possono fornire, anche solo indirettamente, alibi o motivazioni a chi voglia compiere degli atti irresponsabili. E io credo che questo vada finalmente detto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), nel senso che è necessario che ci sia un'assunzione di responsabilità.

Infine, voglio dire ancora una cosa e poi finisco davvero: attenzione a questa frase “prima gli italiani”, non perché non ne capisca il senso, ne capisco bene il senso, e di più. Siccome, con il fenomeno migratorio ci misuriamo tutti, sappiamo qual è il problema: sempre un fenomeno migratorio desta inquietudine, paura, insicurezza, no? Perché quando tu vedi arrivare nella tua casa, nel tuo condominio, nella tua città, delle persone che parlano un'altra lingua, pregano un altro Dio, mangiano delle altre cose, hanno altre abitudini, il primo atteggiamento istintivo non è l'accoglienza, è umano, sono le mani avanti, è la paura, è l'ansia, è stato sempre così, non è solo in Italia oggi così. Io sono nato e vissuto e vivo a Torino, una città che in vent'anni ha raddoppiato la sua popolazione passando da 600 mila a 1 milione e 200 mila abitanti tra il 1950 e il 1970. Oggi siamo tutti torinesi e non c'è più nessun problema, perché siamo già alla quarta generazione, ma mi ricordo quando iniziò questo fenomeno e quali problemi si manifestarono. Quindi so benissimo che l'immigrazione suscita paura, preoccupazione, ansia e so bene anche qual è la preoccupazione soprattutto negli strati più umili della popolazione, e cioè di veder ridotte le loro opportunità o i loro diritti a vantaggio di immigrati. E quindi io sono consapevole che, ogni volta che mettiamo in campo una politica di integrazione, dobbiamo fare in modo di farlo in modo tale che un italiano non pensi che stiamo sottraendogli qualcosa, è chiaro che è così.

Quindi ci rendiamo tutti conto della complessità, però attenzione: il Ministro Salvini ha giurato sulla Costituzione. La Costituzione ha un articolo, che è l'articolo 3. L'articolo 3 dice che i cittadini che vivono in questo Paese sono uguali, senza distinzione di razza, di religione, di appartenenza etnica, culturale, di sesso. Quindi, “prima gli italiani”: capisco il senso e ho detto anche cosa, secondo me, significa, ma attenzione perché poi noi siamo responsabili verso tutti coloro che vivono in questo nostro Paese, che siano cittadini o che non lo siano. Essere responsabili significa applicare le leggi e l'applicazione delle leggi anzi parte dall'articolo 3 della Costituzione, che riconosce l'uguaglianza dei diritti, e dei doveri naturalmente, di tutti coloro che vivono nel nostro Paese.

Sono queste le ragioni per cui non ci attendiamo dal Governo, prima che si arrivi al voto, delle risposte e delle chiarificazioni, e sulla base di questo naturalmente valuteremo anche come esprimerci in sede di voto sul decreto, fermo restando che non è in discussione la cessione delle motovedette, ma che i problemi che si pongono sono problemi più generali, di natura strategica, che richiedono di essere chiari.