Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 11 Gennaio, 2016
Nome: 
Ermete Realacci

A.C. 3481-A

Grazie, Presidente. Siamo al decimo decreto sull'Ilva: il primo è stato nell'agosto del 2012. Alcuni erano centrati soprattutto sull'Ilva, altri erano misure presenti in provvedimenti più generali, ma basta questo dato per capire che la situazione è di grande difficoltà e che il decreto che stiamo esaminando oggi potrebbe configurarsi come l'ultima chiamata per l'Ilva, in particolar modo per lo stabilimento di Taranto. 

Ed è questo che giustifica un fortissimo intervento da parte dello Stato e un grande impegno del Parlamento, non solo in questo decreto, ma anche dopo. Vorrei ricordare alla collega Ricciatti, la cui sensibilità condivido, che 800 milioni messi dallo Stato per il risanamento ambientale non li avevamo mai visti su nessun impianto di questo Paese. Quindi, c’è, in questo senso, un cambio di passo e c’è bisogno, soprattutto, che ci siano delle proposte che siano lungimiranti, coerenti e coraggiose, per scongiurare effetti gravissimi sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista della salute e dell'ambiente che dal punto di vista dell'economia del nostro Paese, perché questo impianto non è estraneo alle filiere produttive italiane. 
L'Italia ha nell’automotive e nella meccanica dei punti di forza, ed è chiaro che è meglio che l'acciaio venga prodotto in Italia e non che venga prodotto in altre zone. Il problema delle acciaierie c’è in tutto il mondo: è un problema legato a una sovrapproduzione ed è un problema legato fortemente ai temi ambientali. L'impatto ambientale degli altiforni e delle cokerie, sia dal punto di vista degli inquinanti locali che dal punto di vista anche delle emissioni di CO2, legate agli Accordi di Parigi, è molto pesante. In questo quadro, l'IVA rappresenta, però, un caso particolare: l'Ilva è un impianto che ha, se vogliamo, nei suoi cromosomi un periodo industriale, quello della fine degli anni Cinquanta e dell'inizio degli anni Sessanta, in cui questo tipo di produzioni venivano avviate con una grande disattenzione – era la cultura dell'epoca, se vogliamo attenuare il tema – rispetto all'ambiente e alla salute dei cittadini.  A me, ho avuto già modo di ricordarlo in quest'Aula, colpisce che in riferimento a un impianto che nasceva assieme all'Ilva, il Polo chimico di Porto Marghera, il Piano regolatore di Venezia in un allegato tecnico, quindi non le dichiarazioni di un dottor Stranamore, ma un documento pubblico ufficiale, diceva testualmente: nella zona industriale di Porto Marghera troveranno posto prevalentemente quegli impianti che diffondono nell'aria fumo, polvere o esalazioni dannose alla vita umana, che scaricano nell'acqua sostanze velenose; è quello che è accaduto, è quello che è accaduto a Marghera, è quello che è accaduto a Taranto. Cos’è accaduto, dopo, a Taranto, col passaggio dall'Italsider all'Ilva ? Non c’è stata un'evoluzione di questa cultura o c’è stata in misura del tutto insufficiente e questo ha reso doveroso l'intervento della magistratura. Il caso dell'Ilva è il caso del primo commissariamento che c’è stato in Italia, e probabilmente in Europa, per quanto ne sappia, che è stato determinato non da motivi economici, ma da motivi ambientali, perché si era creata una situazione insostenibile. Al di là degli andamenti processuali, è evidente che la responsabilità della famiglia Riva è quella di aver massimizzato il profitto in maniera miope, compromettendo il futuro e l'ambiente, e utilizzato la sua forza per trascurare, aggirare, rimandare, l'applicazione delle leggi e quelle innovazioni tecnologiche che avrebbero potuto fare quello che è l'obiettivo di tutti: tenere assieme l'ambiente, la salute e il futuro produttivo di quel sito. È evidente a tutti che come dicevano i latini simul stabunt, simul cadent, nel senso che se non ci sarà un risanamento ambientale e un intervento sulla salute dei cittadini, se quell'impianto chiude, non ci sarà futuro produttivo di quell'impianto. 
Da ultimo, l'ultimo decreto che abbiamo votato qui, quello del 4 luglio 2015, era centrato su un'ipotesi che c'era stata presentata come credibile, l'ipotesi che il miliardo e 200 milioni della famiglia Riva, che erano in Svizzera, potevano essere resi da subito attivi nel processo di risanamento e di innovazione ambientale. Questo non è stato possibile e questo giustifica il forte intervento dello Stato. Io lo ripeto, 800 milioni di euro disponibili da subito non li considero un intervento di poco conto, ma è chiaro che questo comporta oggi, più ancora di prima, un nuovo piano industriale, una nuova idea di collocazione che significa non solo l'individuazione di spazi di mercato. È probabile (ovviamente noi non siamo competenti in materia) che questo significhi in qualche caso anche alzare la gamma dei prodotti offerti dall'Ilva di Taranto, perché vi sono alcuni segmenti necessari per l'acciaio che la nostra industria richiede che non sono attualmente coperti da Taranto, ma sicuramente significa fare una forte spinta nel senso dell'innovazione ambientale. Qui voglio essere chiaro: noi continueremo (l'abbiamo detto col presidente Epifani, l'abbiamo detto nelle Commissioni) a occuparci pienamente di questo tema anche al di là dell'approvazione di questo provvedimento, convocando, appena saranno arrivate le attestazioni di interesse, il Ministro Guidi a discutere di questa questione con il Parlamento. Voglio essere chiaro: noi abbiamo nel passaggio già ora in Commissione, lo ricordava il collega Massa, lo ricordava il collega Basso, rafforzato queste garanzie (il riferimento è alle migliori tecnologie, alle Bat, agli standard europei, alla richiesta del parere del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'ambiente e del Ministero dello sviluppo che preveda un passaggio per l'ISPRA, alle relazioni al Parlamento sull'andamento della situazione con cadenza semestrale). Ma la verità è che noi ci aspettiamo, e non faccio fatica a immaginare che non si possa fare questo, una forte innovazione sul piano della proposta industriale e ambientale. 
In controluce di questo decreto, perché altrimenti non capisco come ce la facciamo, c’è in realtà quella proposta che a suo tempo era stata avanzata anche da Bondi e da Ronchi, quando erano commissari, che prevede, in prospettiva, la creazione della più avanzata acciaieria europea attraverso il ricorso al preridotto e al metano. Questa proposta che è stata a lungo discussa in queste in questi mesi sui giornali, anche dal collega Mucchetti (io condivido le cose che lui ha detto), configurerebbe il fatto che l'Ilva fa un salto in avanti, abbatte fortemente gli inquinanti, tutti gli inquinanti, abbate fortemente le emissioni CO2. Faccio fatica a immaginare un'Europa che si oppone a una proposta di questo tipo all'indomani di Parigi. Faccio fatica a immaginare un'Europa che si oppone a un'offerta di questo tipo, viste le priorità ambientali che l'Europa ha sempre sottolineato, a meno che non vincano in Europa altre idee. È chiaro che così come è legittimo in Italia che ci sia chi ritiene che sia meglio chiudere l'Ilva di Taranto (io non la penso così, io penso che Taranto deve ovviamente diversificare il sistema produttivo e scommettere sulle sue risorse, sulle sue qualità), anche in Europa molti scommettono sulla chiusura dell'Ilva, scommettono cioè che il Piano acciaio europeo sia risolto dal fatto che l'Ilva non è più un grande impianto che compete con gli altri impianti. Ma non può essere questa la nostra posizione. Lo ripeto, condivido le cose che ha detto il collega Mucchetti, che è il presidente della Commissione attività produttive al Senato, e mi sembra che in questa direzione vadano anche le indicazioni del presidente regione Puglia Emiliano, quando si parla di abbattimento delle emissioni. Il metano oggi è molto più concreto di quanto non fosse anni fa, visto l'andamento del mercato dei combustibili fossili in generale e del mercato del metano in particolare, parliamo di una cosa che oggi ha assolutamente le caratteristiche della fattibilità. Su questo noi vogliamo mantenere una forte attenzione, perché la scommessa che stiamo per fare non è una scommessa che può essere ritualmente liquidata come solo una scommessa di carattere ambientale, di carattere sociale o di carattere economico, è una scommessa sul futuro produttivo del nostro Paese, sull'idea che abbiamo di industria. Sun Tzu diceva che quando siamo circondati da pericoli non dobbiamo aver paura e quando siamo privi di risorse dobbiamo contare su tutti. La sfida dell'ILVA è in queste condizioni e per questo richiede una grande mobilitazione di intelligenze e di energie della società, dell'economia e del Parlamento. Il Parlamento farà fino in fondo la sua parte e sappiamo che questa sfida non riguarda Taranto o la Puglia, riguarda tutta l'Italia e dobbiamo vincerla.