Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 11 Gennaio, 2016
Nome: 
Gianluca Benamati

A.C. 3481-A

Grazie, Presidente. Oggi siamo alla conversione di questo decreto-legge che costituisce, come è stato detto, l'ultimo anello di una catena. Molto è già stato detto di quali sono i punti che compongono il decreto. Io richiamo due questioni veramente importanti: la fissazione di un tempo certo per la conclusione della procedura di cui alla legge n. 347 del 2003, cioè la disciplina Marzano, per la cessione di questo complesso industriale, cosa che avviene con questo decreto-legge, e la definizione dei tempi, ma a cui si aggiungono anche alcuni profili che gli amministratori debbono utilizzare nella valutazione delle offerte, prima di tutto quelli di tutela ambientale. Lo dico perché ho sentito questioni diverse; noi siamo nella disciplina Marzano, non stiamo innovando nulla, c’è una richiesta di manifestazioni di interesse per avviare la procedura che prevede quella disciplina. Ma a fianco a questo – è già stato detto – lo Stato fa un ennesimo sforzo economico, disponendo due fondi per finanziare realtà all'interno dell'azienda: il Fondo di 300 milioni per le gestioni aziendali per le esigenze improrogabili e il Fondo di 800 milioni che, come ha richiamato bene il presidente Realacci, servirà per dare gambe alle misure previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di marzo 2014 che raccoglieva le previsioni dell'autorizzazione integrata ambientale. In entrambi i casi, per entrambi i fondi, il decreto-legge prevede il calcolo, la determinazione degli interessi che fanno capo alla restituzione di queste cifre. 
Dico questo perché è stato fatto un certo dibattito su queste due questioni che ci danno l'indicazione di come l'avvio alla conclusione di questo lungo percorso sia una questione che, ovviamente, parte nel tempo. Infatti, dobbiamo risalire – per l'inizio di questo percorso – al 2013 col decreto-legge n. 61 che stabiliva, per la prima volta, il commissariamento di un'azienda per questioni ambientali – prima volta in Italia e credo, anche, prima in Europa – poi vi è stato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ho già citato del 2014 che raccoglieva le previsioni dell'AIA e il passaggio alla disciplina Marzano di recente, per una sopravvenuta questione di instabilità finanziaria dell'azienda. In tutto questo periodo, sino ad oggi, ed oggi nell'ultimo anello di questa catena, noi non possiamo che riconfermare con forza quelli che sono gli obiettivi che hanno indotto il Governo e la maggioranza a intervenire su questa questione: la salvaguardia di un gruppo importante dal punto di vista della manifattura e dell'economia nazionale, la salvaguardia del posto di lavoro di quei lavoratori e di quelle lavoratrici che sono parte di quel gruppo e che costituiscono in molte parti del Paese un numero considerevole, parti del Paese anche disagiate, e la salvaguardia e la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini. Su questo voglio essere chiaro, perché la discussione si sta arrovellando attorno a questo: la produzione e «l'industria» non sono in contrasto con l'ambiente. È una questione di tecnologie; non inquinare è una questione di costi; ci sono delle tecnologie e delle capacità che consentono produzioni ambientalmente sostenibili. La siderurgia, che è una delle più pesanti dal punto di vista ambientale, oggi, in Europa, gode di una disciplina europea specifica per il controllo dell'inquinamento che è stata recepita in Italia col decreto legislativo n. 46 del 2014 che prevede l'utilizzo in questi settori, per i nuovi impianti e per il rinnovamento di quelli esistenti, delle migliori tecnologie disponibili, in un rapporto costi-benefici che tiene conto anche della salute e dell'ambiente. 
Devo dire che l'AIA che abbiamo realizzato per l'Ilva ha anticipato l'applicazione di queste filosofie di controllo dell'inquinamento. Non è esagerato – e lo ribadisco perché l'ho già detto precedentemente – dire che se e quando completeremo... Naturalmente quando sarà il momento del completamento di queste previsioni dell'AIA, lo stabilimento di Taranto sarà uno di quelli più ambientalmente sostenibili d'Europa nel campo della siderurgia ! 
Ma non fingiamo qui di non sapere qual è il vero problema, il vero oggetto del contendere che in alcune parti e in alcuni gruppi di quest'Aula muove la discussione: non tanto la natura delle misure, la qualità dei tempi, ma è il fatto che questo stabilimento e la siderurgia debbano o non debbano avere un futuro in Italia. Alcuni interventi in questo senso l'hanno già affermato con chiarezza; il tema è questo sul tavolo, e noi riteniamo che la risposta non possa essere che unica: il settore siderurgico e Taranto sono un patrimonio del Paese, che va preservato. Fingiamo di non sapere che se non ci fosse stato l'intervento di questo Governo e di questa maggioranza, oggi non discuteremmo più dell'Ilva, perché l'Ilva non ci sarebbe più: sarebbe uno stabilimento chiuso ! 
Ma cosa vuol dire parlare di siderurgia in Italia ? Perché qui stiamo parlando, e molto spesso lasciamo sullo sfondo le dimensioni reali della questione. Nel 2014, dove i dati che ho sono dati accertati, la siderurgia italiana ha prodotto 23,7 milioni di tonnellate di acciaio: 6,5 da ciclo integrale, con una calo sensibile sugli anni precedenti, il resto da forno elettrico. Siamo dal 2010 importatori netti di acciaio; e non perché costruiamo case, ma perché il nostro sistema industriale utilizza l'acciaio per produrre, e parte della ripresa che abbia di cui abbiamo goduto nel 2015 si basa su prodotti che sono costituiti da acciaio. Nonostante le vicissitudini, nonostante la situazione, l'Italia è il secondo produttore europeo di acciaio dopo la Germania, con un 14 per cento di produzione, avanzando la Germania, la Francia e la Spagna. 
Dicevo che dal 2010 siamo importatori netti, ma è vero che in Europa c’è una sovraccapacità produttiva di circa 50 milioni di tonnellate. I dipendenti della siderurgia italiana – in complessivo, non solo quelli del dell'Ilva – sono 35 mila in maniera diretta e 75 mila in maniera diretta ed indiretta. Il fatturato delle aziende acciaiere italiane nel 2013 è stato di 17 miliardi, più di un punto percentuale del nostro PIL. Oggi noi abbiamo la possibilità di salvare questo comparto, sapendo che in Europa c’è la valutazione di una procedura di infrazione per aiuti di Stato. Io non ho problemi a parlarne, come qualcuno ha detto precedendomi. Ne voglio parlare, nel senso che questa valutazione di possibili aiuti di Stato non è un atto di per sé della Commissione europea: interviene su esposti e indicazioni dei principali concorrenti tedeschi dell'acciaio italiano, perché quei 50 milioni di sovraccapacità di produzione che esistono in Europa possono essere risolti se la siderurgia italiana sparisce dal novero dei sistemi produttivi europei. Dobbiamo sapere, quando facciamo questi discorsi, di cosa stiamo parlando: perché possiamo dire molte cose, ma il tema che riguarda l'acciaio in Europa è questo ! 
Allora noi siamo convinti che sul tema della produzione siderurgica dell'acciaio occorra perseverare: che occorre risanare l'Ilva, che occorre arrivare all'applicazione delle migliori tecnologie per il contenimento del disinquinamento e per tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori all'interno di quell'azienda. Dobbiamo sapere che questa è la strada per una siderurgia sostenibile, la strada che indica anche l'Europa e che noi per primi in questo caso stiamo percorrendo. Dobbiamo anche sapere – e mi rivolgo in questo caso al Governo – che a questo grande sforzo che noi stiamo portando avanti, dovrà poi corrispondere a livello europeo la capacità di una grande battaglia per sostenere questo settore italiano, nel momento in cui si andranno determinare le regole e le condizioni per cui quella sovraccapacità dovrà essere eliminata: quindi non solo costi, non solo condizioni sociali, ma anche caratteristiche ambientali degli impianti che andranno preservati e utilizzati. In questo (mi avvio a concludere) il tema essenziale per noi oggi è che occorre trovare un acquirente, una compagine proprietaria solida: una compagine proprietaria che sappia operare in questo settore difficile, che sia in grado di avere caratteristiche di solidità finanziaria tali da rispondere alle sfide e alle esigenze che si offrono, una compagine sociale che abbia le caratteristiche di saper bene operare sul mercato. Perché, anche qui: l'Ilva non è un'azienda decotta, non è un'azienda che non ha un futuro, l'Italia non è un mercato per l'acciaio che è trascurabile. 
Allora noi chiediamo al Governo molta attenzione – quando dalla fase delle manifestazioni di interesse passeremo all'analisi e all'avvio della procedura prevista dalla legge cosiddetta Marzano per la cessione – perché si formi una cordata solida economicamente e industrialmente, che dia una risposta non solo momentanea ma di prospettiva all'Ilva e alla siderurgia italiana: perché questa è una sfida che noi dobbiamo vincere non solo per quelle migliaia, decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici che si occupano e che sono occupati all'interno di queste aziende, ma anche per tutto il Paese, per l'economia e il futuro produttivo dell'Italia.