Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 11 Gennaio, 2016
Nome: 
Stella Bianchi

A.C. 3481-A

 

Grazie Presidente, siamo oggi all'inizio del percorso di conversione in Aula del decimo decreto che riguarda la questione dell'ILVA e devo dirle, Presidente, che a me sorprende la sorpresa dei colleghi. È chiaro che in una situazione così complessa e di estrema difficoltà – quale quella che riguarda la più grande acciaieria d'Europa – è quasi immaginabile che siano necessari più interventi normativi che si susseguono, interventi che, tra l'altro, non sono stati interamente dedicati all'ILVA in molti dei decreti che abbiamo citato, interventi molto significativi sul piano ambientale. 
Il primo commissariamento a finalità ambientale è stato proprio disposto dal Governo Letta – in quel momento il Ministro dell'Ambiente era Andrea Orlando – per avviare finalmente il risanamento ambientale dell'ILVA e togliere ai Riva la gestione dello stabilimento ILVA. E non sorprende nemmeno che si debba intervenire ora per fissare un termine perentorio di chiusura delle procedure di trasferimento del complesso aziendale, visto il venir meno di quel miliardo e 200 milioni di somme sequestrate ai Riva e che sono ora in Svizzera, sulle quali però c'erano state garanzie di poterle impegnare a finalità esclusive di realizzazione del Piano ambientale. 
Quindi, il decreto che cominciamo a convertire oggi in Aula ha due termini decisivi: uno – questo del 30 giugno 2016 – relativo al completamento delle procedure per il trasferimento dei complessi aziendali e l'altro – al 30 giugno 2017 – per il completamento del Piano ambientale. Confesso, Presidente, che dispiace a tutti noi, naturalmente, veder slittare in avanti i termini del completamento del Piano ambientale, e anche su questo sappiamo quale dev'essere l'attenzione che tutti – Parlamento, Governo, istituzioni locali, competenti autorità di controllo – dobbiamo mettere per verificare che sia realizzato nel migliore dei modi possibili e nei tempi previsti. 
Quello che dobbiamo fare è molto semplice a dirsi ed estremamente complesso da realizzare: tenere insieme il rilancio industriale e il risanamento ambientale di quella che, come dicevo, è la più grande acciaieria d'Europa. Ricordo solo un numero: è pari a 15 milioni di metri quadrati l'area occupata dello stabilimento. Lo stabilimento ILVA occupa un'area che è doppia rispetto a quella dell'intero comune di Taranto e già questo numero ci dovrebbe dire quanto è complesso intervenire in una situazione del genere: 190 chilometri di nastri trasportatori all'interno, 50 chilometri di strade all'interno, 200 chilometri di ferrovia all'interno, e per chiunque di noi ha avuto la fortuna – come ho avuto io e come hanno sicuramente avuto molti colleghi qui – di visitare quello stabilimento, l'impatto visivo che c’è, l'enormità di quello stabilimento, ci dice già da solo quanto sia difficile rimettere in pista, nel rispetto della salute e dell'ambiente, l'attività produttiva di quello stabilimento. 
Fermare la produzione impedirebbe di fatto il risanamento ambientale. I colleghi che invocano la chiusura dello stabilimento per risolvere le questioni ambientali di Taranto stanno drammaticamente sbagliando strada. Il caso di Bagnoli è davanti ai nostri occhi, con una dimensione ed una presenza rispetto alla città di Napoli molto, molto inferiore, e tuttavia ci dimostra che la chiusura di quello stabilimento non ha assolutamente garantito il risanamento ambientale. L'unico modo con il quale possiamo avere risanamento ambientale e continuare a tenere e, anzi, a rilanciare la produzione dello stabilimento, e certo non svelo un segreto, è stato già detto da molti colleghi. Quali altri interessi ci sarebbero sulla chiusura dello stabilimento di Taranto: la sovrapproduzione di acciaio in Europa si attenuerebbe moltissimo se la più grande acciaieria d'Europa, che è appunto a Taranto, smettesse in un colpo di produrre. Quindi, continuare a mantenere la produzione nel rispetto degli obiettivi di risanamento ambientale. D'altro canto, però, continuare la produzione come è stato fatto fin qui, non credo che darebbe un grandissimo slancio al risanamento ambientale.
Certo vanno fatte le bonifiche, certo vanno trattati i rifiuti correttamente, ma credo – l'hanno detto diversi colleghi, lo ha detto anche il presidente Realacci prima di me nel suo intervento – siano da valutare con grande attenzione le ipotesi di decarbonizzazione degli impianti: ipotesi che sono state rilanciate con grande enfasi anche alla Conferenza di Parigi sul clima dal Presidente Emiliano, ipotesi che erano nel piano dei primi commissari nominati dall'allora Governo Letta – Bondi e Ronchi –, ipotesi che organi di stampa riportano in uno studio della Boston Consulting Group, che era la società di consulenza a cui ha fatto affidamento il commissario attualmente in carica, Piero Gnudi. Gli organi di stampa, il Corriere della Sera in particolare, riporta questo studio della Boston Consulting Group, che parla di una trasformazione dell'altoforno 5 in due forni elettrici e di un accesso al preridotto per il 40 per cento della produzione, quindi utilizzo del gas invece del carbone, con anche l'obiettivo di aumentare i volumi di produzione, con una però enorme e consistente riduzione delle emissioni di CO2 prodotte. 
Su questo noi dobbiamo essere molto chiari come Parlamento e come Governo nel diventare davvero campioni nella decarbonizzazione, dobbiamo prendere assolutamente sul serio la sfida del clima e ciò che comporta l'Accordo di Parigi che abbiamo siglato insieme a tutti gli altri Paesi, ai 187 Paesi che l'hanno siglato: le nostre erano parte di quel 94 per cento di emissioni globali, rappresentate nell'impegno a ridurle drasticamente e puntare seriamente alla decarbonizzazione. E quindi ecco che immaginare una riconversione della più grande acciaieria d'Europa, fin qui alimentata a carbone, verso sistemi di alimentazione diversi con un impegno diverso del gas, è un elemento importante da considerare nella valutazione delle proposte che ci saranno per l'acquisizione, l'affitto o, comunque, il trasferimento dell'impianto stesso. 
Sottolineo anche una cosa che leggevo in annunci di stampa: il Ministro Guidi ha annunciato per il 10 febbraio gli stati generali dell'industria, un appuntamento importante: il Paese ha certamente bisogno di politiche industriali, se ne sente la necessità assoluta per quello che è il secondo Paese manifatturiero d'Europa. Naturalmente sono sicura che il Governo, e il Ministro Guidi per prima, vorrà certamente che queste politiche industriali siano orientate verso il futuro, siano orientate alla decarbonizzazione e facciano dell'Italia un campione della nuova sfida, un traino verso la nuova economia che dobbiamo costruire. 
Segnalo due elementi, Presidente, che sono nel decreto: in primo luogo, il fatto che tra i requisiti che sono richiesti alle compagini che vorranno presentare la propria manifestazione di interesse per il trasferimento dello stabilimento ILVA ci sia la garanzia della rapidità e dell'efficienza dell'intervento che riguardi anche i profili di tutela ambientale, quindi naturalmente deve esserci una forte caratterizzazione della manifestazione di interesse verso la realizzazione del Piano ambientale, ed è importante che questi 800 milioni previsti nell'ultima legge di stabilità siano destinati, appunto, al risanamento e all'attuazione del Piano ambientale: un intervento enorme, come richiede quel tipo di stabilimento e quel tipo di problema che dobbiamo affrontare. 
Questo decreto apre un percorso – come hanno ricordato più volte i presidenti Realacci ed Epifani nel corso dei lavori delle Commissioni ambiente e attività produttive, che hanno avuto il compito di svolgere il lavoro preliminare all'Aula – perché la data significativa è quella del 30 giugno 2016 e ricordo, faccio mio, l'auspicio che i due presidenti hanno più volte espresso e l'impegno che i due presidenti hanno preso per le loro Commissioni e che chiediamo naturalmente al Governo, di un coinvolgimento pieno del Parlamento in questa fase, di avere quanto più possibile la possibilità di verificare il percorso che si sta portando avanti per riuscire a garantire il rilancio industriale, ma anche il risanamento ambientale e una ristrutturazione probabilmente dell'attività produttiva dello stesso stabilimento. 
Per questo è anche importante che nel lavoro delle Commissioni sia stato approvato un emendamento che prevede che siano presentate relazioni semestrali al Parlamento, da qui in avanti, sullo stato di attuazione sia del Piano ambientale, sia del rilancio produttivo del complesso ILVA: una questione nazionale sulla quale chiaramente il Parlamento deve continuare ad avere un occhio di grande vigilanza e di grande attenzione e che dev'essere al centro della nostra attività politica. Concludo, Presidente, con una sola osservazione, con tutta la complessità e con tutta la drammaticità di questa situazione, che non sfugge a nessuno di noi, perché nessuno di noi legge, apprende e ascolta senza enorme preoccupazione i dati sulla morbilità in quel luogo, il fatto che i bambini non possano giocare nel quartiere Tamburi, il fatto che ci sia un pericolo ancora per la salute pubblica, il fatto che ci siano gravissimi lutti ancora all'interno di quello stabilimento, per lo svolgimento di un'attività produttiva che non dovrebbe mai comportare in nessun caso la perdita della vita.

Come dicevo, con tutta la complessità e con tutta la drammaticità noi continueremo a lavorare, il Partito Democratico continuerà a lavorare per affermare un semplicissimo principio: il diritto al lavoro, il diritto alla salute e alla tutela dell'ambiente devono andare insieme e lo stabilimento Ilva sarà un esempio straordinario di come la più grande acciaieria d'Europa diventa un campione nel rispetto della salute e dell'ambiente.