Data: 
Lunedì, 30 Luglio, 2018
Nome: 
Stefano Lepri

A.C. 924

Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, colleghi, il “decreto Di Maio” non è altro che l'ultimo atto di una lunga stagione di propaganda; una lunga stagione più che sopportata, ormai insopportabile, e il tempo tuttavia è scaduto. È scaduto perché ora vi tocca lavorare, ora vi tocca approfondire, ora vi tocca studiare.

Era più facile, nella scorsa legislatura - e ci avete provato e ci provate ancora adesso -, denigrare, complottare, insultare. Era più facile semplificare, era più facile promettere; è più difficile studiare, è più difficile approfondire, è più difficile governare la complessità.

Lo dico anche ai miei colleghi che si sono sforzati - direi invano, visto la scarsissima attenzione dei colleghi e dei banchi del Governo - di approfondire, suggerire, criticare.

E tuttavia, questo inutile sforzo dei miei colleghi non resterà invano, perché gli italiani stanno cominciando a capire.

Il Ministro è partito con una baldanza che lui ha definito dei rivoluzionari. A noi è sembrata più tipica, la sua superficialità, dei supponenti, di chi addirittura ha detto di avere la presunzione di ridare dignità ai lavoratori e alle imprese, con un decreto che si è rivelato quello che è: totalmente inadeguato a dare dignità. Non lo diciamo noi, lo hanno detto praticamente tutti coloro che abbiamo ascoltato nel corso delle audizioni: una sequenza quasi unitaria, con qualche modesta eccezione, frutto forse del calcolo di chi si colloca quasi naturalmente a fianco dei governativi, ma in realtà praticamente tutti hanno avanzato moltissime obiezioni; e alla fine il Ministro Di Maio, oggi particolarmente silente salvo aver fatto l'ennesima conferenza stampa, ieri ha dovuto a denti stretti inventarsi una ragione di tante critiche. Le imprese, ha detto, sono spaventate dalla campagna di fake news che probabilmente la minoranza avrebbe orchestrato.

Io dico che, a parte il fatto che siete imbattibili nella raccontare fake news, quindi difficilmente possiamo competere, voglio informare il Ministro Di Maio che gli imprenditori non perdono tempo a leggere i social: fanno i conti, guardano se è più conveniente assumere o meno, se possono confermare o meno i lavoratori, guardano i costi amministrativi che sono costretti ad affrontare per le regole inutili che avete messo. Questo è ciò che ispira l'opinione degli imprenditori che è stata rappresentata nel corso di queste audizioni. L'unica vera fake, signor Ministro, con tutto rispetto mi pare sia proprio lei.

Quanto al merito, lei poteva davvero provare a fare un “decreto dignità”, dico provare, ma doveva partire dalle situazioni davvero meritevoli di un intervento. Non ce l'abbiamo fatta, noi forse potevamo fare di più, ma guardando a tutto quello di buono che abbiamo fatto io sono molto orgoglioso del lavoro fatto negli scorsi anni nel campo del lavoro da parte del Partito Democratico. Lei poteva partire contrastando le false partite IVA, poteva contrastare le false cooperative, poteva contrastare i falsi tirocini, e invece se la prende con il tempo determinato, un contratto che è stato potenziato e anche facilitato non per dare meno tutele ai lavoratori, ma esattamente il contrario. È dentro una logica virtuosa, per cui si è detto: eliminiamo per esempio le collaborazioni a progetto, per fare in modo che possa emergere il lavoro stabile; ed è un lavoro che garantisce tredicesime, in molti casi la quattordicesima, le ferie, dunque lavoro assolutamente dignitoso.

Tra l'altro è un lavoro, come ha già detto bene il collega che mi ha preceduto, che ha visto una crescita sicuramente percentuale in Italia, ma che non è sovrautilizzato. Noi in Italia abbiamo una percentuale di lavoro a tempo determinato esattamente identica alla media europea: e questo significa che non c'è un abuso e che non c'era bisogno di intervenire in questo campo. Ma soprattutto è sbagliato l'approccio di fondo che ha ispirato questo decreto: si è pensato che mortificando, frenando, mettendo ostacoli al lavoro dipendente si sarebbe ottenuto più lavoro a tempo indeterminato, quasi che con la bacchetta magica del Ministro Di Maio gli imprenditori avrebbero deciso di trasformare quei tempi determinati in indeterminati. Invece, purtroppo, non sarà così, l'abbiamo ben sentito, perché in assenza di forti incentivi alla stabilizzazione a tempo indeterminato l'unico risultato di questo indurimento delle regole del tempo determinato sarà il ricadere nell'area del nero e comunque del meno tutelato.

Ma non ci sono solo più costi, non vi siete solo sforzati di far costare di più il tempo determinato: l'avete anche riempito di ostacoli, e per tutti valga la questione delle causali. Ma perché, si domandava per esempio un'imprenditrice del Veneto, io debbo precisare che cosa chiamo a fare il mio lavoratore a tempo determinato? Mi serve, questa imprenditrice diceva, per tornire, ma se io ho bisogno di qualcuno che passi alla fresa non lo posso spostare; eppure è esattamente questo che mi serve! Quindi le causali aprono un grande spazio al contenzioso, aprono esattamente a ciò che gli imprenditori non desiderano. Aprono in verità, lo dico a chi ha scritto questo testo, almeno un grande spazio per far lavorare di più i professionisti: nulla di personale, intendiamoci, con chi beneficerà di questi vantaggi, ma l'unico lavoro in più, gli unici posti di lavoro in più che saranno creati saranno esattamente dei professionisti avvantaggiati non solo dalle causali, ma anche da altre misure che sembrano pensate esattamente per loro.

Meno male, meno male che almeno qualcosa di buono l'avete colto. E va a merito del nostro partito, e anche di altre forze dell'opposizione, non è certo del Governo, l'aver accolto emendamenti, e speriamo che vi sia un po' di ulteriore attenzione agli emendamenti che stiamo per depositare, che abbiamo depositato e che discuteremo nei prossimi giorni. L'incremento dell'indennizzo sulla conciliazione è un atto importante, perché aiuta e difende il lavoratore, e semplifica anche in questo senso l'accordo evitando i contenziosi. L'apertura ad eliminare il costo ulteriore per le famiglie che hanno impegnato, che hanno assunto colf e badanti a tempo determinato è una seppur tardiva attenzione che apprezziamo. Così come l'emendamento da noi presentato per obbligare alla presentazione della tessera sanitaria per giocare d'azzardo, è sicuramente un'attenzione che abbiamo apprezzato.

Ma purtroppo il nostro giudizio obiettivo non può che prendere atto di tanti altri “topolini”, non posso che definirli così, che sono frutto delle promesse che la montagna doveva partorire. Le delocalizzazioni sono molto confuse, altri colleghi lo hanno spiegato molto bene. Molte altre misure nel campo del contrasto alla ludopatia potevano essere messe in campo e non sono state accolte. Lo split payment è stato semplicemente rinviato e solo per i professionisti: altro che rivoluzione e sburocratizzazione, al massimo è un incentivo all'evasione. Così come il redditometro, che è già stato superato nel 2015, e non è altro che una ripresa e un'applicazione di ciò che abbiamo già ampiamente deciso attraverso leggi e decreti. Così come lo spesometro: non è altro che la fatturazione elettronica spostata di tre mesi.

Bene, a questo punto la domanda sorge d'obbligo e altri colleghi l'hanno avanzata: ma i colleghi di Governo della Lega che cosa dicono? Qualcuno ha detto: si sono divisi il lavoro, la sicurezza ai leghisti, il lavoro, si fa per dire, al MoVimento 5 Stelle. Ma c'è un problema purtroppo per loro e per i leghisti: che gli imprenditori, quelli che li hanno votati (in realtà hanno votato anche molto noi, perché abbiamo fatto ottime cose che gli imprenditori in questi giorni, in queste settimane ci ricordano, a conferma della bontà del nostro impianto riformista della scorsa legislatura), ora sono molto arrabbiati. Colleghi leghisti, io fossi in voi sarei molto, ma molto preoccupato, di avere un alleato così “anti”: anti-lavoro, anti-opere grandi e piccole, anti-industria. Colleghi leghisti, siete ancora in tempo: battete un colpo.

E non solo con i voucher. Ed a proposito, lo dico al Ministro: signor Ministro, lei aveva promesso nella scorsa legislatura che avrebbe costruito un muro di cemento armato se fosse passata la linea dei voucher.

Ora lei è costretto ad accettare i voucher, naturalmente con tutti i distinguo che sta imparando a registrare, perché non c'è solo il bianco o il nero, e meno male che lo sta imparando; e, tuttavia, ci spiegherà questo muro di cemento armato come farà a superarlo: di fianco, ci farà un buco, ma ce lo dirà nei prossimi giorni. In conclusione noi speriamo che l'Aula si ravveda. Possiamo già oggi di fare tuttavia una sintesi: il Ministro - non voglio mancargli di rispetto - sembra un po' un Pulcinella che si balocca e mi scuso anche con la maschera perché mi è simpatica; mentre Pantalone, ossia le imprese, i lavoratori e le famiglie, pagano. Dunque un Pulcinella che si balocca e un Pantalone che paga. Io vi suggerisco: vi conviene cambiare davvero, perché Pantalone se ne sta già accorgendo.