Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 30 Luglio, 2018
Nome: 
Marco Lacarra

A.C. 924

Grazie, signor Presidente, signor sottosegretario: purtroppo non posso dire “signor Ministro” perché non abbiamo né il Ministro per lo Sviluppo economico né quello del Lavoro e delle politiche sociali né il Vicepremier. Quei banchi sono desolatamente vuoti, eppure io lo avverto come una forma di mancanza di rispetto: se questo è il più importante provvedimento che avvia l'era Di Maio-Salvini, mi aspettavo che ci fosse nei confronti dell'Aula quel rispetto che pure mi evocano le parole del Presidente della Camera che il giorno del suo insediamento disse molto chiaramente che avrebbe fatto di tutto perché il Parlamento potesse ritrovare - cito le sue parole - “la centralità garantita dalla Costituzione”. Il Presidente avrebbe combattuto l'abuso di strumenti che dovrebbero essere residuali rispetto alle procedure legislative ordinarie e avrebbe difeso il Parlamento da pressioni esterne, immaginando anche il controllo e l'attenzione a un rapporto che fosse assolutamente corretto fra potere esecutivo e potere legislativo. Oggi abbiamo l'esempio di come quelle parole purtroppo non siano state tradotte in atti e fatti concreti perché il primo provvedimento che arriva in Aula arriva nella forma del decreto-legge, che tanto è stata, come dire, considerata abusata nella precedente legislatura e che non presenta assolutamente nel provvedimento in esame i requisiti che sono previsti.

L'urgenza non si vive da nessuna parte, non si vede: magari si può cogliere nel titolo della norma, nell'oggetto dell'articolato ma, se poi si legge con attenzione l'articolato, non vi si trova nulla di urgente anche perché il provvedimento che riguarda la lotta al precariato lo avete posposto nella sua applicazione al 31 ottobre e il provvedimento che riguarda la lotta alla ludopatia è semplicemente uno spot perché guarda l'eliminazione della pubblicità con tutto quello che è stato già detto relativamente invece alle misure di natura fiscale. Mi sarei aspettato, vista la presentazione di questo straordinario provvedimento che avrebbe dovuto cambiare le sorti del nostro Paese, che si parlasse di lavoro sommerso, che fosse un provvedimento di impatto che aggredisse gli aspetti purtroppo incancreniti nel settore del lavoro nel nostro Paese. Mi sarei aspettato una legge con una punta d'orgoglio - mi permetto di dirlo - come la legge che abbiamo approvato che concerneva la lotta al caporalato. Mi aspettavo un intervento che si occupasse della sicurezza sui luoghi di lavoro. Come diceva la collega Mura, abbiamo avuto il Ministro in Aula che ha parlato delle morti bianche, di quante siano e di quante siano crescenti e di come sia indispensabile intervenire per garantire sicurezza sui luoghi di lavoro.

Mi aspettavo un provvedimento anche che guardasse ai 14.000 dipendenti dell'Ilva di Taranto perché è lì che non c'è dignità e quando dei lavoratori non sanno qual è il loro futuro e non sanno se avranno la possibilità di continuare a lavorare e portare il pane a casa è lì che manca la dignità. Proprio per la vicenda Ilva sono particolarmente preoccupato perché il Ministro con un sorriso beffardo, rispondendo a una mia interrogazione, ha detto. “Ho bisogno di studiare ventitremila pagine”. Ebbene se il Ministro non è stato capace di studiare sei pagine della relazione Boeri in sei giorni, calcolando lo stesso parametro di tempo, per studiare ventitremila pagine avrà bisogno di ventitremila giorni e, quindi, ritengo che fra ottant'anni potremo avere una risposta per i lavoratori dell'Ilva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) mentre è lì che si consuma il disagio del nostro Paese: in quelle situazioni nelle quali il Governo del Partito Democratico è entrato con veemenza, con forza, con vigore garantendo un cambio di rotta rispetto ai Governi che lo avevano preceduto.

Qual è la ratio del provvedimento? La lotta al precariato. La lotta al precariato perché vogliamo trasformare il precariato in qualcosa di diverso. In cosa? In un lavoro stabile evidentemente e quindi ci si aspetta che ci siano misure che in qualche modo compensino l'intervento deciso che si fa sul lavoro a tempo determinato perché è evidente che si vuole disincentivare quella forma di accesso al lavoro e all'occupazione. Il primo intervento riguarda la durata: da 36 mesi passiamo a 12 mesi e fin qui potrebbe anche avere un senso l'idea di comprimere la durata, anche se già noi avevamo una proposta di legge che passava ai 24 mesi.

Ma che senso ha introdurre le causali? Quale imprenditore al termine del primo periodo di 12 mesi può essere invogliato a stipulare un contratto che preveda uno specifico impegno la cui violazione potrebbe comportare, da un lato, ipotesi risarcitorie e, dall'altro lato, addirittura la sanzione della trasformazione del rapporto da tempo determinato a tempo indeterminato?

Ma è ovvio e chiunque potrebbe capirlo che, alla fine del primo periodo di 12 mesi, l'imprenditore preferirà attuare un turnover cioè trovare altri dipendenti che possono sostituire quel lavoratore nei confronti del quale un'eventuale rapporto confermato o prorogato potrebbe determinare l'insorgere di un contenzioso.

E la ratio della norma transitoria me la volete spiegare? C'era un modo semplicissimo per risolvere il problema: era far applicare la norma dal giorno in cui la stessa viene approvata, cioè soggiacciono alla normativa attuale tutti i contratti che sono stati stipulati, relativamente, ovviamente, all'insorgere del rapporto contrattuale, prima dell'approvazione della norma; invece, sono sottoposti alla disciplina normativa in esame i contratti di lavoro stipulati dopo l'approvazione della norma. Non avremmo avuto i problemi che invece determinerà una norma transitoria che è confusionaria, non chiara e, come tutte le cose non chiare, determinerà contenzioso. Anche su questo è irrazionale l'atteggiamento che ha avuto il Governo e non sono comprensibili le ragioni per le quali non si sono prese in esame le proposte di emendamento che sono state formulate. È il buonsenso. Si parla di buonsenso, non si parla di altro. Non sono ragioni politiche, non sono ragioni giuridiche; è il semplice buonsenso che voi non avete voluto applicare per avere un riottoso atteggiamento ostile rispetto a posizioni che non provengono dal Partito Democratico ma che provengono da tutte le minoranze ma, soprattutto, dagli operatori che voi avete ascoltato e avete ignorato: parlo dei sindacati, parlo di Assoimprese, di Rete Imprese, di Assolavoro e di tutto il mondo che vi ha detto che questo provvedimento è un provvedimento che non ha nessuna ratio, che non serve sicuramente a contrastare il precariato (tutt'altro!). Ed è vero che non nasce con l'idea di incentivare il lavoro ma nasce certamente con l'obiettivo di ridurre l'occupazione nel nostro Paese in tempi brevi, e se non credete a quello che vi dice il Partito Democratico provate a rivedere le relazioni che i vostri stessi uffici hanno fatto e non ci sono manine che tengano. Quindi, in buona sostanza siamo passati dal lavoro precario alla disoccupazione.

Tuttavia, il principio che anima questo provvedimento è quello che mi preoccupa di più. È la sua ratio normativa e anche l'idea che c'è dietro, che è un'idea che sostituisce al garantismo l'idea sanzionatoria. La ragione per la quale voi a un certo punto decidete di aumentare il termine decadenziale per l'impugnativa del licenziamento nel rapporto a tempo indeterminato risponde a quel principio culturale, che assolutamente noi non accettiamo e che, anzi, respingiamo, che è quello che ha ispirato anche l'idea, rappresentata in Aula dal Presidente del Consiglio quando ha ottenuto la fiducia, che è quella di aumentare addirittura i termini prescrizionali. Cioè, ma che idee bizzarre sono queste? Siccome non riusciamo a contenere i tempi del processo aumentiamo i termini di prescrizione. Per i contratti a tempo indeterminato aumentiamo il termine per l'impugnativa e lo portiamo a 180 giorni. Ma che senso ha? Ma voi sapete cosa è la certezza dei rapporti giuridici soggettivi? Sapete cosa vuol dire? Vuol dire che aumentare i termini decadenziali e prescrizionali significa mantenere in sospeso dei diritti, che è una cosa che è assolutamente contraria ai principi generali del diritto. È possibile che nessuno di voi si sia fatto carico di fare approfondimenti da questo punto di vista? È intollerabile! È intollerabile l'approccio superficiale e spavaldo con il quale voi vi presentate con un provvedimento di questo tipo.

Noi abbiamo provato in tutti i modi a modificare questo provvedimento. Abbiamo anche trascorso ore in Commissione, abbiamo provato a farlo con le buone, con degli emendamenti che erano, in qualche caso, anche strutturali del testo normativo. Vi abbiamo suggerito che non poteva esserci confusione fra il contratto a termine e il contratto di somministrazione perché sono due istituti giuridici diversi, ma anche su questo non siete stati chiari.

La norma che attiene alla gestione dei rapporti giuridici dei contratti di somministrazione è una norma che ha una sua autonomia e che non può essere confusa con la disciplina dei contratti a termine per la semplice ragione che i contratti di somministrazione, che come sappiamo tutti costano di più, sono uno strumento fondamentale per il datore di lavoro e, tra l'altro, le società che si occupano dei lavori di somministrazione svolgono un ruolo fondamentale di supporto alle carenze strutturali che sono determinate dalla necessaria riorganizzazione dei centri per l'impiego, perché le società di somministrazione sono le società che procedono anche all'orientamento al lavoro dei dipendenti e svolgono, quindi, una funzione fondamentale anche sotto il profilo della formazione. Fortunatamente, siamo riusciti a bloccare l'idea bizzarra, anch'essa, di eliminare lo stop and go, che è uno strumento in questo momento utilissimo e, tra l'altro, molto produttivo ed efficace.

Sui voucher le contraddizioni sono state rappresentate da chi mi ha preceduto e anche in modo chiaro ed efficace. L'introduzione dei voucher nel turismo comporta che, considerato che le aziende turistiche in Italia hanno una media occupazionale che va dalle cinque alle sei unità, se si eleva, come voi state facendo, a otto unità il numero di lavoratori che possono essere assunti con il sistema dei voucher, in buona sostanza significa che avete introdotto il voucher nel settore turistico-alberghiero e non mi sembra che sia un'idea intelligente, tutt'altro. Creerà una serie di situazioni di maggior disagio per quei lavoratori che invece oggi riescono ad ottenere dei benefici grazie al lavoro stagionale, perché nel turismo, come sappiamo, c'è un lavoro stagionale che dura sei mesi e negli altri sei mesi sorreggono gli ammortizzatori sociali, consentendo al lavoratore, in buona sostanza, di avere per tutto l'anno la retribuzione. Questo, grazie al vostro meraviglioso intervento legislativo, non avverrà più.

Sulle colf è stato già detto. C'è evidentemente una scarsa attenzione al lavoro nero che riguarda le collaboratrici domestiche e le badanti, una scarsa attenzione che è sbagliata perché è uno strumento di larga diffusione e, come diceva Antonio Viscomi, non stiamo parlando di imprenditori ma stiamo parlando di datori di lavoro, cioè di famiglie, di persone singole e di studi professionali che si avvalgono della collaborazione di queste figure professionali. Ebbene, trattare ciò con superficialità, trattare il tema con superficialità è un altro segnale di come voi abbiate affrontato questo provvedimento. Ci aspettavamo una svolta epocale, ma abbiamo un provvedimento insulso, inutile e quasi certamente sarà un provvedimento dannoso.

E allora - e concludo vista anche l'ora tarda - mentre eravamo in Commissione tra di noi del gruppo del Partito Democratico - e non sempre litighiamo tra di noi, anzi nel gruppo PD siamo molto amici, noi del gruppo della Commissione lavoro - ci eravamo detti - e sono contento che vi faccia piacere - che questo decreto continuano a chiamarlo “dignità”. Allora, l'invito che faccio è: per favore, non chiamatelo più “dignità”. Chiamatelo con il nome del suo promotore, col nome del Ministro Di Maio. Chiamatelo “decreto Di Maio”, perché ai posteri resti l'autore di questo straordinario provvedimento perché gli italiani se ne ricorderanno di questo provvedimento e se ne ricorderanno per molti anni. Quindi, è giusto che il suo responsabile rimanga scritto a lettere cubitali nei posteri del nostro Paese.