Dichiarazione di voto sulla questione di fiducia
Data: 
Mercoledì, 12 Luglio, 2017
Nome: 
Silvia Fregolent

 A.C. 4565-A

Grazie, signora Presidente. Rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, in queste settimane che ci hanno separato dall'approvazione del “decreto banche venete” abbiamo udito tante parole abbastanza scontate. È da quando siamo qui che le sentiamo e quasi viene da dire che alle solite urla abbiamo fatto il callo. Ma, visto che quelle urla vengono da chi ci accusava di aver fatto un decreto sulle banche popolari sbagliato, che quelle realtà erano sane, erano legate al territorio, non come le banche commerciali, ecco che si è svelato l'inganno e la collusione sistematica in chi lo diceva. Come la storia recente ha dimostrato, quelle banche non erano sane e lo stanno dimostrando nei fatti. Quindi, lasciamo le urla ai buffoni e cerchiamo di rimettere in ordine la verità dei fatti.

Oggi mi rivolgo al Paese che rappresentiamo, parlando di responsabilizzazione nel significato profondo di senso di responsabilità riguardo alla vicenda sulla quale siamo chiamati ad esprimere un voto, riguardo, cioè, alla vicenda delle banche venete. Procederò ordinatamente ad una disamina per punti, disamina che di questo senso di responsabilità darà elementi tecnici e, in parte, politici, ricordando a noi tutti e a quella parte dell'Aula che sembra non averne chiari i dettagli l'iter, concentrando tutti gli attori, gli adempimenti, le ricadute economiche, i gravi rischi scongiurati e gli scenari futuri. Ha coinvolto soggetti finanziari, analisti legali, risparmiatori e imprese: in una parola, ha coinvolto persone, ha coinvolto cittadini.

Oggi siamo qui a votare la conversione del decreto-legge n. 99, approvato dal Consiglio dei ministri del 25 giugno 2017, con il quale sono state introdotte disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio.

Corre l'obbligo ricordare che tale decisione segue la dichiarazione, datata 23 giugno, da parte della Banca centrale europea della condizione di dissesto delle due banche, condizione insussistente nel campo di MPS; pertanto, ogni parallelo risulta pretestuoso, in quanto privo di onestà intellettuale; così come insussistente è il parallelo con le quattro banche del Centro Italia, per le quali si sono applicate norme europee. Né mi spingo a fare considerazioni sul Banco Popular, che sono troppo diverse in ordine di grandezza del mercato di riferimento, come, invece, nelle dichiarazioni in quest'Aula sono state fatte da alcuni colleghi.

Cosa è successo in questi giorni? Il Single Resolution board ha valutato le due banche non sistemiche, cioè non abbastanza grandi da generare, in caso di fallimento, conseguenze significative sull'intero sistema bancario. Tale valutazione ha escluso la risoluzione in base alle regole del BRRD e, quindi, al bail-in, lasciando la soluzione alla normativa italiana e al testo unico bancario.

Il 24 giugno, il Governo italiano notifica alla Commissione europea le misure contenute nel decreto-legge per le previste autorizzazioni. Le autorizzazioni arrivano puntualmente il giorno seguente, precisando che il soggetto acquirente, cioè Intesa San Paolo, è stato scelto con una procedura aperta, equa e trasparente.

Ora guardiamo i numeri: è stato detto che abbiamo regalato alle banche e, in particolare, a Intesa San Paolo, 5,185 miliardi di euro dallo Stato.

Nel dettaglio e solo perché la verità resti agli atti: 3,5 miliardi di euro sono in copertura a impatti sui coefficienti patrimoniali di Intesa San Paolo; 1,285 miliardi sono a copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione conseguenti all'acquisizione, in altri parole misure a salvaguardia dei posti di lavoro, nonché l'applicazione del fondo di solidarietà per l'uscita su base volontaria di circa 3.900 persone dal gruppo Intesa San Paolo. I circa 400 milioni di euro rimanenti sono a garanzia di contenziosi già in essere con i relativi fondi accantonati. Solo qualora tali fondi non fossero sufficienti, la banca potrà attingere a quel tesoretto.

Appare, quindi, evidente che la colorita espressione “regalo”, tanto cara alle opposizioni, in particolare al presidente Brunetta e agli onorevoli pentastellati, altro non è che un contributo statale volto alla tutela della solidità del sistema bancario intero - che non avrebbe retto il fallimento delle banche venete -, nonché del lavoro delle persone e dei cittadini.

Voglio, a questo punto, sottolineare un aspetto: grazie a questo decreto, con questa operazione, nessuna persona perderà il proprio posto di lavoro, nessuno verrà lasciato indietro, ed è per questo che voglio ringraziare pubblicamente il sottosegretario Baretta, per aver detto in quest'Aula che il tema lavoro è stato il punto chiave nella ricerca di una soluzione, e che questo è stato uno dei punti di forza della proposta fatta da Intesa San Paolo.

Ritorniamo ai numeri. Come si arriva ai 17 miliardi, a proposito dei quali si è dibattuto su tutti gli organi di informazione e ci si è ripetutamente interrogati in quest'Aula? Ci si arriva aggiungendo 12 miliardi, corrispondenti al valore nominale di sofferenze, incagli e crediti ad alto rischio, che complessivamente, ma solo potenzialmente, potrebbero pesare sulle casse dello Stato. Saranno, infatti, sottoposti ad un'operazione di recupero affidato alla SGA. Quindi, soldi che sono recuperati, che non vanno a debito.

Pertanto, quando l'onorevole Di Battista sostiene che questi soldi potevano essere usati per il reddito di cittadinanza, dice due falsità: in primo luogo, questi soldi, ammesso che si arrivi alla somma di 17 miliardi, sono dati una sola volta, mentre si presume che il reddito di cittadinanza, ammesso che costi 17 miliardi, non è dato una volta sola, ma diventa sistemico, quindi ogni anno si dovrebbe trovare tale somma; in secondo luogo, parte della somma verrà recuperata, mentre si spera che i soldi dati per il reddito di cittadinanza rimangano ai cittadini e non gli vengano richiesti indietro.

Un ultimo numero che non possiamo non richiamare: l'intervento di Intesa San Paolo ha evitato che, in caso di fallimento delle due banche, lo Stato perdesse 10 miliardi di euro di garanzie sui titoli obbligazionari emessi in questi ultimi mesi dalle banche venete per gestire la mancanza di liquidità.

Signora Presidente, mi accingo a concludere con poche valutazioni politiche. Il Governo, la maggioranza, il partito che qui rappresento, si sono assunti la responsabilità, d'intesa con l'Unione europea, di effettuare un intervento a favore del risparmio, delle imprese, dell'occupazione, in quello che viene unanimemente considerato il territorio più dinamico d'Italia dal punto di vista imprenditoriale. Questo con l'obiettivo di restituire fiducia e sicurezza alle famiglie, alle persone, ai lavoratori, e di scongiurare effetti negativi a cascata su tutta l'economia italiana. Il fatto che al termine di una procedura aperta, equa e trasparente si sia arrivati ad affidare alla banca più solida del nostro sistema bancario il rilancio dell'attività creditizia del Nord Est garantisce il sostegno economico al tessuto sociale e imprenditoriale di quell'area.

Allo Stato resta il compito di garantire la solidità del sistema, risanandone la parte in sofferenza, perché solo una divisione dei compiti così strutturata rende possibile la soluzione positiva di un sistema così complesso e ricco di incognite. È una scelta che demagogicamente è stata subito bollata come contraria all'interesse collettivo, onerosa per i cittadini e generosa per il sistema bancario. Non so dove l'onorevole Valente abbia trovato i 95 miliardi che sono stati dati alle banche dallo Stato; io ricordo - ma soltanto a me stessa – che, dal 2008 ad oggi, la Germania, per esempio, ha dato 360 miliardi, e noi, ad oggi, 10. Però, i numeri sono numeri, e ognuno si scelga i numeri che vuole. Ma facili formule che sono inclini al populismo, proclami gridati con lo scopo di far presa sull'emotività piuttosto che condividere dei ragionamenti, devono lasciare il posto a dati, a riflessioni di ampio respiro, al senso del ruolo politico come l'abbiamo definito, cioè senso della società e del futuro, fatto di lavoro e prospettiva, anche perché chi pronuncia questi insulti, come i colleghi 5 Stelle, nella mia città, Torino, dopo aver fatto tutta la campagna elettorale contro le nomine eseguite alla Compagnia di San Paolo, una volta al Governo della città hanno drasticamente cambiato opinione: le loro urla sono solo di facciata e non di sostanza.

Al Governo e alla maggioranza è toccato ancora una volta trovare soluzioni a problemi che sono stati ereditati dal passato e da Governi di centrodestra, perché tutto si può dire tranne che in Veneto governi il PD. Ripercorrendo: dal 1995 al 2010, abbiamo avuto come presidente Galan; dal 2010 ad oggi, Zaia. In questi vent'anni si è parlato di “modello Veneto”, e di voglia di indipendenza da Roma; sorprende come il modello imprenditoriale veneto, che pure aveva beneficiato e aveva gestito in parte le banche venete, non si sia sentito in obbligo di intervenire direttamente quando era ancora in tempo per farlo. È toccato a questo Parlamento trovare la soluzione, insomma è toccato a Roma salvare il Veneto. Si spera di non sentire, almeno per i prossimi anni, parlare di “Roma ladrona”, almeno per un po' di tempo. Questi sono gli argomenti che portano il Partito Democratico a riconfermare con un voto favorevole la fiducia al Governo Gentiloni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).