Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 16 Giugno, 2015
Nome: 
Nicodemo Oliverio

 A.C. 3104-A

Signor Presidente, signor Ministro, signor Viceministro, onorevoli colleghi, siamo veramente ad una svolta, a quella svolta che gli agricoltori si attendevano e che oggi noi, in quest'Aula, con questo Governo stiamo finalmente realizzando. 
  Finora si è potuto discutere poco, pochissimo della centralità dell'agricoltura nel sistema economico del nostro Paese. Negli anni dei Governi a trazione leghista le priorità erano sempre altre. Abbiamo assistito a una gestione politica divisiva, che ha messo sistematicamente in conflitto Nord e Sud, realtà forti e realtà deboli, istituzioni e rappresentanze sociali, così spezzando la già fragile unità d'intenti del Paese. In quegli anni è mancata la voglia di investire nel settore agricolo e alimentare, che molti avevano compreso che avrebbe rappresentato il futuro economico del Paese. Senza investimenti giusti e mirati nel sistema agricolo nazionale ci siamo trovati deboli nel momento in cui c'era bisogno di farci trovare forti. 
  Il provvedimento che votiamo oggi è, invece, l'ennesima conferma del radicale cambio di rotta operato dal Governo di Matteo Renzi, con l'impegno fondamentale del Ministro Martina. La svolta è di merito e di metodo. Anche dagli interventi dei colleghi, che voglio ringraziare per il loro lavoro costruttivo, emerge che siamo di fronte a un provvedimento importante e partecipato, che individua i settori agricoli in crisi e mette in campo un ventaglio di strumenti volti a sostenere i comparti lattiero-caseario, olivicolo e ittico e stanzia significative risorse per contrastare calamità ed emergenze fitosanitarie. 
  Il pacchetto di misure, che stiamo introducendo, assicura un sostegno produttivo e non assistenziale ad allevatori e agricoltori, messi a dura prova dal contesto generale di crisi e da specifiche emergenze di settore. Misure puntuali, mirate, che profilano un diverso modo di intendere l'agricoltura e che promuovono una nuova grammatica partecipata e un cambiamento nell'organizzazione delle filiere verso modelli più equilibrati, produttivi e solidali. 
  Doppio il piano di lavoro: da una parte, si mette in opera una coraggiosa azione di sburocratizzazione, di sfrondamento normativo, che contribuisce a rilanciare il settore di fronte alle sfide del mercato globalizzato; dall'altra, si avviano processi redistributivi, tesi a dare nuova linfa a comparti da molto tempo in sofferenza. Questo doppio binario è evidente nel caso delle innovazioni introdotte nel settore lattiero-caseario, che poggiano su due pilastri fondamentali: fornire una risposta immediata alla necessità di governare questa fase a ridosso della cessazione del regime delle quote latte e riordinare la rappresentanza nelle relazioni commerciali, che soffriva di una eccessiva sproporzione fra le parti contrattuali a sfavore degli allevatori. La Commissione agricoltura ha audito tutta la filiera, ha raccolto le sue istanze e ha approvato all'unanimità una risoluzione che è stata recepita dal Governo in questo decreto. Ecco perché siamo di fronte ad un vero e proprio metodo nuovo. Lo Stato oggi dà finalmente una risposta a 35 mila allevatori italiani, consentendo la rateizzazione in tre anni e senza interessi delle sanzioni. 
  Il livello di tutela degli allevatori viene elevato innanzitutto con la stipula di contratti scritti della durata minima di dodici mesi, che devono contenere espressamente il prezzo, che non deve essere inferiore ai costi di produzione rilevati da Ismea, con l'inasprimento delle sanzioni e con la possibilità da parte del Ministero delle politiche agricole di segnalare all'Antitrust le violazioni. Per rafforzare poi la filiera, si promuove la creazione di un unico organo interprofessionale che potrà prendere decisioni valideerga omnes.
  Analogamente alla normativa francese e spagnola, si dispone che il Ministero delle politiche agricole possa riconoscere una sola organizzazione interprofessionale per ciascun prodotto agricolo, gruppo o settore. Si vuole dare così un impulso all'aggregazione delle imprese, rafforzare il loro ruolo negoziale di soggetti che risultano ancora troppo deboli nella dialettica tra attori economici, perché inseriti in un tessuto produttivo fragile e frammentato. Il lungo inverno leghista aveva invece relegato questi temi ad una ben misera e selettiva regalia ai pochi noti, ai furbetti delle quote latte; una partita tutta a dividere e non ad unire. Il risultato di quella stagione è ben stampato nel numero cinque, che sono i miliardi che il nostro Paese ha dovuto pagare per coprire le sanzioni europee. Una politica che ha scaricato sugli allevatori onesti del Nord e del Sud e sui fondi del FAS destinati al Mezzogiorno tutti i costi di questa scellerata operazione. Oggi si cambia verso: si restituisce all'azione pubblica quel respiro coesivo e nazionale indispensabile per riscattare le realtà più deboli ed esposte, assicurando al Paese una crescita più sostenuta. Si parte finalmente con un piano olivicolo nazionale da 32 milioni, che interessa, per esempio, tanto la Liguria e la Toscana quanto la Calabria e la Sicilia con uno sguardo speciale rivolto alla Puglia, colpita dal batterio della Xylella e prima beneficiaria della deroga per l'attivazione del Fondo di solidarietà nazionale e di un primo stanziamento rivolto ai produttori e ai vivaisti colpiti. Il comparto olivicolo-oleario, eccellenza assoluta del sistema agricolo italiano, vive anni di dura crisi, tale da compromettere la sopravvivenza di numerose aziende. 
  L'olivicoltura italiana vale ogni anno 2 miliardi di euro alla pianta e vanta un numero di aziende agricole che sfiora le 900 mila unità, con circa 50 milioni di giornate di lavoro di manodopera agricola all'anno. Questo patrimonio è stato colpito negli ultimi due anni dal combinato disposto di condizioni climatiche disastrose e dalla piaga della mosca olearia. Da decenni non si registrava una raccolta di olive così povera. Su scala nazionale la produzione 2014 si è attestata sotto le 302 mila tonnellate rispetto alle 464 mila del 2013. A incidere sul risultato finale sono state soprattutto Puglia e Calabria. 
  I rischi sociali e occupazionali connessi a questa convergenza di fattori sono enormi: a fronte di uno scenario che non ha precedenti nel nostro Paese, con questo decreto puntiamo ad aumentare del 25 per cento la quantità di olive prodotte a livello nazionale nei prossimi cinque anni. Un obiettivo ambizioso, ma sostenuto da politiche all'altezza di un Paese che nelle battaglie decisive sa sempre trovare la necessaria coesione e unire le forze per raggiungere un obiettivo comune. 
  Questo è stato il clima che ci ha visto lavorare in Commissione agricoltura, questa l'impostazione che ha prevalso anche in quest'Aula, a prescindere da qualche sfumatura. Governo, forze parlamentari e istanze territoriali hanno lavorato compatti, ognuno per la sua parte, ognuno entro le proprie responsabilità, fornendo contributi preziosi per dare impulso ad un cammino che non deve escludere la partecipazione di nessuno. 
  L'ennesimo segno di un cambio di marcia sta in questo lavoro condiviso verso il bene comune, una delle più importanti svolte politiche e di metodo che stiamo sperimentando. È un orizzonte che va ben oltre il confine di un settore economico, pur strategico come quello agricolo. Ora è il momento di agire assieme, con coraggio e risolutezza, per rinforzare i cardini di un modello di crescita equo, sostenibile e davvero partecipato. 
  Signor Presidente, con questo decreto il Governo conferma di essere sulla strada giusta e all'altezza della sfida. Per questo il Partito Democratico voterà convintamente a favore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).