Discussione sulle linee generali
Data: 
Venerdì, 3 Agosto, 2018
Nome: 
Marco Di Maio

A.C. 1041

Grazie, Presidente. Io, intanto, vorrei segnalare, per suo tramite anche al Presidente Fico, che questo Parlamento non è stato messo nelle condizioni di esaminare con la dovuta attenzione il provvedimento.

Noi abbiamo ricevuto il testo in Commissione mercoledì mattina. Inizialmente si era fissato un termine degli emendamenti per mercoledì sera, poi, su richiesta anche del sottoscritto, il presidente Brescia ha accondisceso a posticipare il termine degli emendamenti a giovedì mattina, ma, con un decreto importante come quello che si è discusso fino a ieri sera tardi in quest'Aula, evidentemente non c'è stato il tempo di una approfondimento di merito dovuto, e che credo fosse necessario, su un decreto che presenta, peraltro, diversi profili sui quali abbiamo molte cose da dire, non solo nel merito ma anche nella forma.

Ho detto dei tempi, ma vorrei anche dire del fatto che questa maggioranza, in particolare questa Presidenza della Camera, si è insediata con delle parole che io voglio riprendere, perché ritengo fossero molto condivisibili e che anche noi avevamo applaudito, quando, ad esempio, il Presidente Fico, nel suo discorso di insediamento, disse: è proprio ai cittadini che penso, quando invito tutti noi a riflettere sulla necessità che il Parlamento ritrovi la centralità che gli è garantita dalla Costituzione. Questa centralità che il Presidente Fico richiamava e che in quel discorso ha più volte ribadito non c'è sicuramente stata in questo decreto, che peraltro è molto discutibile - come dicevo - anche nella forma. L'articolo 77 della Costituzione, a proposito della decretazione d'urgenza, fissa dei paletti molto precisi, e parla di ragioni di necessità, di ragioni appunto di urgenza, e in questo decreto, che riordina, sostanzialmente raggruppa, spacchetta e modifica assetti dei nostri Ministeri non ravvisiamo quell'urgenza che invece ha portato ad adottare un decreto-legge che, peraltro, può essere contestabile anche leggendolo nell'ottica dell'articolo 95 della Costituzione, che dice che la legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina numero, attribuzione e organizzazione dei Ministeri. Credo che questo sia un altro elemento da porre in discussione, al di là del merito su cui entrerò tra poco, perché lo trovo piuttosto critico, soprattutto per un Governo e una maggioranza parlamentare che si sono insediate volendo dare centralità al Parlamento, ma non dando, in questo caso alla Camera dei deputati, la possibilità di discutere.

Entrando nel merito non posso non soffermarmi, anche per la mia provenienza territoriale e per il collegio in cui sono eletto, sulla materia del turismo, che in questo decreto viene toccata in maniera molto profonda: si trasferiscono le funzioni esercitate dal Ministero per i beni e le attività culturali in materia di turismo al Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali. Questa è una scelta che noi riteniamo totalmente sbagliata. È una scelta che è stata motivata con la volontà di fare del Ministero delle politiche agricole un Ministero del made in Italy, quindi con questa motivazione si è trasferita la competenza del turismo dai beni culturali alle politiche agricole, come se non fosse made in Italy tutto ciò che attiene al nostro sterminato patrimonio artistico, culturale, architettonico, alla nostra identità nazionale, che è molto legata ai beni culturali, alla loro conservazione e alla loro fruizione. D'altra parte, i dati, che parlano da soli, ci riferiscono in maniera molto chiara di quanto le politiche e la scelta di accorpare turismo e beni culturali nella precedente legislatura sia stata una scelta virtuosa. Se guardiamo i numeri, nel 2017, le strutture ricettive ufficiali italiane hanno registrato 122 milioni di arrivi e oltre 427 milioni di presenze totali, segnando un aumento rispetto all'anno precedente rispettivamente del 4,5 e del 6 per cento. È un trend positivo che è confermato anche dai dati della Banca d'Italia, che dice sostanzialmente che la spesa dei turisti stranieri in Italia è aumentata del 7,7 per cento. Parliamo, Presidente, di circa 39 miliardi di euro. Quindi, un trend positivo, in crescita, e peraltro le previsioni per il 2018 sono altrettanto positive, quindi non capiamo veramente, stentiamo a capire, perché mettere il Ministero del turismo assieme alle politiche agricole ed alimentari. Non lo si può motivare con la volontà di promuovere il made in Italy, perché significa, a questo punto, sottrarre al made in Italy una parte del tratto distintivo del nostro Paese. D'altra parte, non si capisce perché prendere una decisione che, peraltro, è persino contro quello che è scritto in questo contatto per il Governo del cambiamento, che sembra aver sostituito, come valore, per la maggioranza parlamentare, anche quello della Costituzione.

Per la prima volta abbiamo assistito a un contratto stipulato in forma privatistica, come se le istituzioni fossero cosa vostra, in realtà, per fortuna, sono ancora cosa di tutti. Ma in questo contratto di Governo, nel capitolo turismo, a pagina 50, si dice: “Un Paese come l'Italia non può non avere un Ministero del turismo, che non può essere solo una direzione di un altro Ministero (il turismo culturale è solo uno dei “turismi”), ma ha bisogno di centralità, di governance e di competenza, con una vision e una mission coerenti con grandi obiettivi di crescita che il nostro Paese può raggiungere”. Parole che potremo anche sottoscrivere, ma che non trovano alcuna traduzione concreta negli atti che fin qui sono stati assunti dal Governo e dal Parlamento.

Sempre rimanendo nel merito di questo decreto, voglio soffermarmi sulla decisione, che noi consideriamo scellerata, di smantellare le unità di missione, istituite presso la Presidenza del Consiglio nella precedente legislatura, che riguardavano il contrasto dissesto idro-geologico e l'edilizia scolastica. “Italia sicura”, sul dissesto idro-geologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche, ha raggiunto in quattro anni risultati notevoli, che che se ne dica. Si rischia con questa decisione di azzerare quattro anni di esperienza, di competenze, di risultati raggiunti, con 1.400 cantieri avviati o conclusi e 9 miliardi di euro di investimenti programmati, che ora vedremo rivendere, riproporre come se fossero frutto delle decisioni di questo Governo e di questa maggioranza, ma in realtà non è così. Peraltro, un piano specifico di 1.200 milioni di euro per la zona del Centro e Nord Italia, molto colpita recentemente anche dagli effetti delle calamità naturali, e che era diventato un riferimento costante per comuni, regioni e province che avevano bisogno di interventi specifici in questo ambito. Voglio fare un esempio che riguarda solo la mia regione, l'Emilia-Romagna. In Emilia Romagna abbiamo avuto 584 cantieri seguiti attraverso questa unità di missione (sono dati pubblici, tranquillamente riscontrabili sul sito dell'unità di missione, finché almeno rimarrà online): 439 di questi cantieri sono stati conclusi; 345 sono i milioni di euro investiti solo in una regione e gestiti da questa unità di missione. Credo che siano risultati importanti. Se si riuscirà a fare meglio con questa nuova organizzazione, saremo i primi a riconoscerlo, oggi possiamo dire che, al di là di eliminare una struttura di missione, non si aggiunge un euro in più e un cantiere in più rispetto a quello che finora, invece, si è realizzato.

Sull'edilizia scolastica, la situazione credo che sia ancora più preoccupante, perché eliminare una unità di missione significa eliminare qualcosa che ha prodotto in questi anni 12.415 interventi su 8.114 edifici scolastici. Parliamo di 5,2 miliardi di euro investiti e 7 miliardi di euro pianificati per il futuro. E qui voglio fare un esempio ancora più ristretto territorialmente, per far capire l'incidenza che questa scelta politica di Governo ha avuto nella precedente legislatura. Nella mia provincia, la provincia di Forlì-Cesena, grazie a questa unità di missione, sono stati gestiti 65 interventi su 45 edifici scolastici, per un investimento di 24,4 milioni di euro. Da decenni lo Stato italiano, lo Stato centrale, non investiva più in maniera così forte sulle province italiane, nell'edilizia scolastica, e penso che questo sia un fatto positivo, che eredita questo Governo, ma che questo Governo decide sostanzialmente di buttare alle ortiche, con la decisione di sopprimere l'unità di missione “Italia sicura” per l'edilizia scolastica.

Si va a chiudere anche il Dipartimento Casa Italia, che era un progetto che andava oltre il termine della legislatura, che andava oltre il nostro mandato di ciascuno di noi parlamentari, perché aveva finalmente messo attorno a un'unica idea di politiche per l'edilizia, di politiche per la manutenzione dei nostri centri storici delle nostre città, del nostro territorio, tutte le realtà, tutti gli operatori coinvolti, pubblici e privati. Aveva avuto la capacità di costruire, quindi, una prospettiva di intervento nel nostro Paese coordinata con una un Dipartimento gestito dalla Presidenza del Consiglio indipendentemente da chi forse Presidente del Consiglio in quel momento specifico della storia del nostro Paese, ma che durava evidentemente anche per gli anni, i decenni successivi. Si decide di smantellarla senza proporre in questo momento un'alternativa altrettanto efficace.

Vedremo se ci sarà, ma perderemo altro tempo per costruire un'altra cabina di regia o per far funzionare la nuova organizzazione che si metterà in piedi, e nel frattempo il lavoro fatto fin qui verrà sostanzialmente perso.

Si istituisce il Ministero per la famiglia e la disabilità: si dice che si fa questa scelta per dare una risposta concreta alle famiglie. Credo che, invece, sia semplicemente una scelta di propaganda perché alle famiglie voi dite che istituirete un Ministero della famiglia ma non dite che tale Ministero è senza portafoglio, non dite che non ha alcuna autonomia finanziaria e soprattutto date un'idea di famiglia ghettizzata come se le politiche per la famiglia fossero etichettabili con un unico Ministero e non fossero invece qualche cosa che attraversa più Ministeri, che attraversa più discipline, che attraversa più settori che devono essere coordinati e che devono insieme lavorare per lo stesso obiettivo. Famiglia significa politiche per il lavoro, significa servizi alla persona, significa servizi per l'educazione, significa servizi per l'infanzia, significa sostegno alle donne lavoratrici, significa sostegno nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, significa politiche di welfare. Dunque era forse più opportuno lasciare alcune di tali competenze ai Ministeri che già le avevano anche per dare continuità alle cose positive che erano state messe in campo e, invece, sarà necessario ricominciare daccapo rimettendo tutto in discussione e perdendo altro tempo per capire come fare a gestire al meglio gli interventi di cui hanno bisogno le nostre famiglie. Sottolineo “famiglie” perché parlare di Ministero della famiglia come se ci fosse un unico modello e non mi riferisco solo e tanto alle cosiddette famiglie arcobaleno ma al fatto che ogni famiglia ha una sua unicità che non può essere racchiusa in un unico modello imperante, come invece si vuol far passare introducendo il concetto di famiglia. Manca quindi un approccio multidisciplinare alla disciplina e credo che in questo modo si voglia utilizzare la parola “famiglia” a cui noi siamo legati e a cui noi siamo molto attenti. Abbiamo cercato di dare risposte alle famiglie italiane concrete nel corso della precedente legislatura, ci batteremo anche in questa come abbiamo fatto con il decreto Di Maio approvato poche ore fa, per cercare di migliorare, pur dall'opposizione, i provvedimenti che arriveranno dalla maggioranza. Ma abbiamo la sensazione che si voglia utilizzare la famiglia come una clava nel dibattito politico per dividere, anziché unire. Noi, invece, vogliamo esprimere un concetto di famiglia che unisca e nella quale la comunità nazionale si possa ritrovare nella sua interezza. Vorrei poi parlare del riferimento che fate in questo Ministero alla disabilità e alla scelta fatta da questo punto di vista - mi ricollego alle parole della collega Noja - perché ritengo che sia davvero agghiacciante pensare di rinchiudere dentro un Ministero persone che invece devono avere i nostri stessi diritti, gli stessi diritti delle persone non disabili. Dunque un Ministero della disabilità significa etichettare, ghettizzare, categorizzare persone che invece devono essere poste sullo stesso piano di coloro che non hanno disabilità. Si intuisce quindi che sarà un Ministero con il quale si va a rischiare di azzerare tutto quanto è stato fatto nella precedente legislatura perché è assolutamente falso che non sia stato fatto nulla. Evidentemente non si hanno rapporti con le associazioni e con le famiglie che vivono in queste condizioni perché, ad esempio, la legge sul dopo di noi è stato un primo intervento fondamentale per dare una prospettiva ai disabili che rischiano in futuro di trovarsi soli, senza familiari che possono prendersi cura di loro. Non è stato ricordato ma ci sono stati investimenti molto importanti per sostenere le famiglie con disabilità e i progetti sulla disabilità. Molte regioni italiane, non solo quelle governate dal centrosinistra, stanno facendo cose importanti su questo versante anche in ragione di fondi, ad esempio, quelli sulla non autosufficienza, che sono stati messi a disposizione dal Governo nazionale.

Vengono considerate le persone disabili come persone diverse dalle altre e, quindi, si vanifica il lavoro fatto sul piano culturale nei decenni passati per favorire una corretta inclusione dei disabili all'interno non solo delle politiche pubbliche ma anche all'interno della società. Insomma si vanno ad alzare barriere che rischiano di essere più difficili da superare delle barriere architettoniche contro le quali tutti i giorni le persone disabili devono combattere.