Data: 
Lunedì, 12 Maggio, 2014
Nome: 
Edoardo Patriarca

A.C. 2325

Relatore per la maggioranza per la XII Commissione. Signor Presidente, il decreto-legge in discussione prevede un'altra proroga: una proroga che non avremmo voluto mai concedere. Lo abbiamo fatto per senso di responsabilità, prendendo atto dei tanti ritardi, ahimé, non sempre giustificabili. Ma va preso atto che alla richiesta di proroga sono stati introdotti precisi vincoli di legge che favoriscono in tempi certi le dimissioni e le misure alternative alla detenzione, la chiusura definitiva degli OPG e un impegno stringente alla vigilanza da parte dei Ministeri competenti di giustizia e sanità.
  Il superamento degli OPG è un impegno inderogabile – lo ricordava anche l'onorevole Mattiello – per un Paese che si dichiara civile, democratico e rispettoso della Carta costituzionale: una Carta che mette al centro le persone e la loro dignità. Gli OPG, al contrario, sono luoghi – mi si passi il termine, ma è così davvero – indegni, come peraltro lo sono spesso anche le nostre carceri. Nel discorso di fine anno 2012, Giorgio Napolitano definiva gli OPG come un autentico orrore indegno di un Paese civile, parole del Presidente.
  Sappiamo anche che parlare di questi temi in campagna elettorale possa apparire un'occasione, forse inaspettata, per conquistare un po’ di consenso nel segno della paura e, soprattutto, per non raccontare la realtà per quella che è.Ma riteniamo che la qualità di una vita democratica si misuri nel farsi carico anzitutto delle vulnerabilità e delle fragilità di tanti, di troppi in questo tempo di crisi sociale, economica e culturale. Una democrazia non può accettare quella che Papa Francesco chiama la «cultura dello scarto», scarto nel quale talvolta vengono comprese anche le persone fragili, fastidiose, sgradevoli, inquietanti, talvolta ritenute sporche. Dice Papa Francesco: Lo sguardo, spesso senza voce, di quella parte di umanità scartata, lasciata alle spalle, deve smuovere la coscienza degli operatori politici ed economici e portare a scelte generose e coraggiose, che abbiano risultati immediati; dobbiamo chiederci – prosegue Papa Francesco – se questo spirito di solidarietà e di condivisione guida tutti i nostri pensieri e tutte le nostre azioni.
  Pensiamo che la politica abbia il compito di indicare una via, una prospettiva tesa a costruire una comunità coesa, solidale e sicura e una vita buona per tutti, altrimenti ci domandiamo: a che serve ?
  In questo caso si tratta di garantire il diritto alla salute, alla salute mentale di questi detenuti, ultimi tra gli ultimi (per riprendere passaggi delle dichiarazioni dei colleghi senatori) superando la logica manicomiale e securitaria. Uomini e donne malati, che hanno commesso reati, ma che non per questo possono essere abbandonati a se stessi. Occorre davvero dare loro la possibilità di espiare la colpa nei termini previsti dalla nostra Carta. Persone colpevoli, ma sempre, e sempre, delle persone.
  La Corte costituzionale, nel 2003, con la sentenza n. 253, è stata chiara: «le esigenze di tutela della collettività non potrebbero mai giustificare misure tali da recare danno, anziché vantaggio, alla salute del paziente (...): e pertanto – prosegue la Corte –, ove in concreto la misura coercitiva del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario si rilevasse tale da arrecare presumibilmente un danno alla salute psichica dell'infermo, non la si potrebbe considerare giustificata nemmeno in nome di tali esigenze».
  Occorre uno sforzo serio e coordinato, teso a superare i ritardi talvolta dovuti a incapacità politica e a lentezze burocratiche, per giungere alla chiusura definitiva degli OPG, chiusura della quale si parla e si discute, devo dire a volte stancamente, senza prendere alcuna decisione, dal 1978. Le ragioni della proroga sono chiaramente inquadrate nella relazione illustrativa del Governo, dove si legge che il termine del 1o aprile 2014 non è risultato – leggo testualmente – «congruo per completare definitivamente il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, soprattutto in ragione della complessità della procedura per la realizzazione delle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza».
  Non solo vanno chiusi gli OPG ma va recuperata in tempi brevi un'attenzione seria sui problemi della salute mentale, in questi anni omessa dal dibattito pubblico, dimenticata, ritenuta «scandalosa», lo dico tra virgolette. Parlare di cultura e dei servizi legati alla salute mentale non è altra cosa rispetto al superamento degli OPG ma è condizione necessaria perché la chiusura degli OPG sia effettiva e, come ricordava il collega Mattiello, non si sostituiscano con strutture magari meglio gestite ma ancora pensate nella logica della segregazione. La vicenda è nota a tutti noi, e sono noti i passaggi legislativi e normativi che hanno segnato il cammino di questa vicenda triste e penosa.
  Il DPCM dell'aprile 2008 aveva sancito il passaggio delle competenze sanitarie negli OPG alle regioni e alle ASL, instaurando la coesistenza di una doppia direzione, quella penitenziaria e sanitaria. La legge n. 9 del 2012 prevedeva che gli OPG fossero superati entro il 31 marzo 2013 e che le regioni provvedessero all'assistenza, alla cura e alla riabilitazione delle persone affette da patologie mentali autori di reato, anche avvalendosi delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, le cosiddette REMS; e poi i decreti attuativi di quanto previsto nella legge n. 9 del 2012, che contiene i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle REMS.
  Ancora, il decreto del Ministro della salute, in concerto con il MEF, del 28 dicembre 2012 che prevedeva, entro 60 giorni, la presentazione da parte delle regioni di uno specifico programma per la realizzazione delle REMS. Non da ultimo, infine, il decreto-legge n. 24 del 25 marzo 2013 che ha prorogato di un anno il termine del superamento degli OPG. E oggi siamo qui a rinnovare, appunto, un ulteriore anno di proroga.Allo stato attuale, i sei OPG attualmente attivi ospitano mediamente circa 900 reclusi, 300 in meno rispetto a cinque anni fa, con un turnover di 600 persone l'anno. Gli ospiti, sostanzialmente, appartengono a due diverse categorie, e queste ci aiutano anche a comprendere il fenomeno: la prima vive negli OPG da anni, da anni e anni, per la proroga che il giudice concede alla loro reclusione, spesso ben al di là del tempo di pena previsto per il reato commesso; proroga spesso motivata dalla mancanza di servizi territoriali alternativi e percorsi di cura personalizzati. Il secondo gruppo trascorre in OPG tempi relativamente brevi, per lo più in attesa di giudizio; anche questo è un elemento che ci deve indurre a procedere con velocità a risolvere il problema. E di fatto – e questo è un dato altrettanto, devo dire, drammatico per certi versi – il 31 per cento degli attuali 836 internati sono sottoposti ad una misura di sicurezza provvisoria, mentre poco meno del 70 per cento sono autori di reati di scarsa rilevanza.
  Il testo modificato e approvato al Senato proroga di un anno la chiusura degli OPG, indica obiettivi chiari, verificabili e tempi certi. E riteniamo vada nella direzione giusta per procedere alla loro chiusura, senza che ciò porti alcun nocumento alla sicurezza delle persone o accresca la pericolosità sociale connessa all'infermità mentale. Alcune esperienze già in atto sui territori mostrano come sia possibile un diverso approccio alla pericolosità sociale degli infermi di mente, approntando percorsi di cura e reinserimento che limitino le misure di contenimento e la limitazione delle libertà solo se strettamente necessario.
  Possiamo anche dire che il testo approdato alla Camera costringe – mi si passi questo termine – il nostro Sistema sanitario a prendersi cura in modo personalizzato degli «ultimi tra gli ultimi», oggi privati non solo della libertà, ma anche di una qualsiasi prospettiva di futuro e di riabilitazione. Il testo tra l'altro evita che le REMS si trasformino in piccoli OPG: un percorso dunque che inizia nei luoghi di detenzione, prosegue nelle REMS, e poi si conclude nelle strutture sanitarie di salute mentale o nelle strutture delle ASL. Va dunque nella direzione giusta il rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale al fine di cercare le condizioni ottimali per l'accoglienza dei dismissibili, con una efficace presa in carico da parte dei servizi di salute presenti sul territorio, al fine di ottenere la realizzazione di un percorso che tenda al recupero della persona e, laddove possibile e auspicabile, al reinserimento sociale.
  Il testo prevede – brevemente, e mi avvio alla conclusione; alcuni passaggi li ha ricordati il collega Mattiello – l'adozione di misure diverse dal ricovero in OPG, anche nei riguardi dei seminfermi di mente per i quali sarebbe previsto il ricovero in case di cura e di custodia; l'impossibilita di disporre la custodia cautelare provvisoria in OPG dell'infermo e del seminfermo di mente (la misura prevista è il ricovero presso apposite strutture ospedaliere); un maggior rigore nell'accertamento della pericolosità sociale che giustifica il ricovero in OPG. Le regioni, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, devono organizzare corsi di formazione per gli operatori del settore, intesi alla progettazione e all'organizzazione di percorsi terapeutico-riabilitativi e al soddisfacimento delle esigenze di mediazione culturale. Le regioni, ancora, entro il 15 giugno 2014 possono modificare i programmi presentati, e destinare parte delle risorse alla riqualificazione dei dipartimenti di salute mentale, e allo stesso tempo contenere il numero complessivo di posti letto da realizzare nelle REMS. Il testo ancora prevede il rispetto degli impegni per il superamento degli OPG e, se ciò non avvenisse, tutto ciò va a riguardare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e, quindi, far rientrare questa azione nel sistema premiale di riparto delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale.
  Ancora, i percorsi terapeutici riabilitativi individuali di dimissione di ciascuno dei ricoverarti negli OPG devono essere predisposti – ricordava questo anche il collega Mattiello – e inviati obbligatoriamente al Ministero della salute e alle competenti autorità giudiziarie entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
  Ancora le regioni, attraverso i dipartimenti e i servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, devono predisporre, in accordo con gli OPG, programmi individualizzati di dimissioni di ciascuna delle persone ricoverate negli OPG. Ancora, per i pazienti per i quali sia stata accertata la persistente pericolosità sociale il programma deve documentare – come forse prima non accadeva così – in modo puntuale le ragioni che sostengono l'eccezionalità e la transitorietà del ricovero.
  Ancora, l'insediamento presso il Ministero della salute – taglio il mio intervento, Presidente – che deve appunto operare entro 30 giorni, di un organismo di coordinamento per il superamento degli OPG composto dai rappresentanti dei Ministeri della salute e della giustizia, delle regioni e delle province autonome. Il nuovo organismo si raccorda con l'esistente Comitato paritetico interistituzionale. La previsione di una relazione – a me pare questo importante e ci aiuterà a stare nel tempo che questo anno di proroga ci concede – trimestrale alle Camere del Ministro della salute e del Ministro della giustizia sul superamento degli OPG.
  Concludo, Presidente, chiudere definitivamente gli OPG è oggi un dovere di civiltà – lo dico convintamente, credo a nome della maggioranza – un dovere di solidarietà come recita l'articolo 2 della nostra Costituzione, nella prospettiva indicata dal Presidente della Repubblica che, al momento dell'emanazione del decreto-legge, con una nota ha espresso, testualmente: «sollievo per gli interventi previsti nel DL per evitare ulteriori slittamenti e inadempienze, nonché per mantenere il ricovero in OPG soltanto quando non sia possibile assicurare altrimenti cure adeguate alla persona internata e fare fronte alla sua pericolosità sociale».
  Ce lo chiedono le altre istituzioni del Paese, ce lo chiedono le famiglie, le professioni – in questi giorni abbiamo ricevuto indicazioni e sostegno a procedere in questa direzione – ce lo chiedono le associazioni di volontariato e le associazioni del terzo settore che sono impegnate da sempre nel sostegno alle strutture di salute mentale. Come relatore della XII Commissione, Presidente, non posso dunque che auspicare la rapida approvazione del testo, così che si possa davvero procedere, come previsto dallo stesso testo, alla chiusura definitiva degli OPG.