Data: 
Mercoledì, 4 Ottobre, 2017
Nome: 
Maino Marchi

Discussione

Doc. LVII, n. 5-bis

Grazie, Presidente. Io credo che bisogna andare al ricordo della discussione di aprile sul DEF. L'interrogativo era: come si potranno sterilizzare le norme di salvaguardia per il 2018, l'aumento dell'IVA e delle accise, rispettando gli obiettivi di finanza pubblica e facendo politiche per la crescita? Veniva da molti descritta come una missione impossibile. Nell'autunno il Governo avrebbe dovuto svelare il bluff. Nella risoluzione approvata dai due rami del Parlamento c'era la risposta e l'indicazione di come agire: si impegnava il Governo a continuare a promuovere una strategia di riforma degli orientamenti di politica economica e finanziaria prevalenti in sede comunitaria, volta a conferire, anche attraverso un confronto con gli organismi comunitari finalizzato a rendere meglio compatibile il percorso di progressivo avvicinamento all'obiettivo di medio termine, una maggiore centralità alla crescita economica, all'occupazione e all'inclusione sociale, cioè in sostanza lavorare per ottenere più spazio di manovra in accordo con la Commissione europea.

Molti scommettevano sul fatto che non ce l'avremmo fatta ad avere il consenso sulla correzione dell'obiettivo dell'1,2 per cento di deficit nel 2018 e invece il Governo ce l'ha fatta e ha il consenso europeo a portare l'indebitamento netto dall'1,2 all'1,6 nel 2018, dallo 0,2 allo 0,9 nel 2019, dallo 0 allo 0,2 nel 2020. Spetta ora al Parlamento cogliere questa opportunità, votando la relazione presentata dal Governo per permettere l'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio termine, cioè la possibilità di rendere più praticabile il sentiero stretto tra politiche per la crescita e aggiustamento della finanza pubblica con l'obiettivo principale di ridurre il rapporto debito-PIL.

L'alternativa è fare manovre che metterebbero a rischio la ripresa economica. Ogni forza politica si deve assumere la responsabilità di questa scelta, che non serve tanto al Governo, ma serve al Paese e alla possibilità di fare politiche economiche efficaci nei prossimi anni. Il Senato oggi ha dato l'ok, ora tocca alla Camera. È incomprensibile un voto contrario su questo punto. Lo dico in primo luogo - poi lo riprenderò per altri - a Sinistra Italiana: si dice che facciamo una manovra restrittiva se si vota contro, a questo punto la manovra sarà ancora più restrittiva. Perché il Governo ha trovato il consenso in sede europea? Per vari fattori: si fa strada la linea politica portata avanti dall'Italia per un'Europa orientata a politiche per la crescita; si prendono in considerazione modalità diverse di valutare l'output gap, più in sintonia con le tesi sostenute dall'Italia; ma soprattutto, cominciamo a vedere i risultati delle politiche di questi anni, abbiamo raggiunto sempre i livelli di crescita previsti e superati.

In particolare, questo sta avvenendo nel 2017, dove invece dell'1,1, possiamo aggiornare le previsione all'1,5. Rimaniamo il fanalino di coda in Europa, certo, ma è una questione che ci trasciniamo da anni, dagli anni Novanta. Bisogna guardare le tendenze: siamo ultimi da molto tempo, ma la distanza rispetto alla media europea sta continuamente diminuendo e nella crescita c'è un'importante componente di domanda interna. Abbiamo, poi, sempre rispettato gli obiettivi di deficit-PIL, cosa nuova nella politica italiana degli ultimi dieci anni, è una caratteristica di questa legislatura. Abbiamo iniziato a ridurre il rapporto debito-PIL dal 2015. Stanno migliorando altri aspetti, come quelli relativi all'occupazione, alla produzione industriale e agli investimenti privati. Insomma, c'è una credibilità che l'Italia ha conquistato e che viene riconosciuta.

Sento dire: sì, disinneschiamo le clausole di salvaguardia, ma solo nel 2018 e lo facciamo aumentando il deficit. Non è vero che lo facciamo solo per il 2018. Nel 2018 vengono azzerate, ma c'è anche un intervento per il 2019: si tolgono 11 miliardi e ne restano poco più di 7; dopo la legge di bilancio 2017 ne rimanevano 19 per il 2018, quindi vi è un netto miglioramento. Soprattutto, non è vero che aumentiamo il deficit. Il rapporto deficit-PIL è in costante riduzione anno dopo anno: nel 2018 sarà dell'1,6, mentre nel 2017 è del 2,1, nel 2016 è stato del 2,5 e nel 2014 del 2,6. C'è una maggiore gradualità nella riduzione, non un aumento.

Tra l'altro, questa riduzione, per diversi aspetti, è imposta dal fiscal compact, che tutti in questa Aula dicono che non deve entrare nei trattati europei e che va cambiato. Quindi, anche per questo è incomprensibile il voto contro la relazione. Penso al centrodestra, che poi ha fatto una risoluzione che è piena di ulteriori spese, e quindi è incomprensibile come si potrebbe attuare se non ci fosse l'approvazione dello scostamento.

Ovviamente, l'Italia ha anche e soprattutto un altro problema: l'alto rapporto debito-PIL, ma proprio su questo aspetto dal 2015 si è avviato un percorso virtuoso.

Con la nota di aggiornamento si aprono prospettive che vanno nella direzione richiesta più volte in particolare a sinistra: non si è forse detto più volte che la lotta alla povertà è una priorità? Dopo la legge delega sul contrasto alla povertà e i decreti attuativi, vi è un aumento di risorse per la coesione sociale ogni anno: 600 milioni nel 2018, 900 nel 2019, un miliardo e 200 milioni nel 2020. Non si è forse detto che il lavoro, in particolare quello a tempo indeterminato, per i giovani è una priorità? E qui vi è una risposta, che prevede 338 milioni nel 2018, ma oltre 2 miliardi nel 2019 e quasi 4 nel 2020.

Non prendiamo in giro nessuno nel prevedere risorse presenti. Lo abbiamo già fatto e rispettato in passato per la scuola e per la lotta alla povertà e lavoriamo per un sistema di assicurazione comune contro la disoccupazione per l'area dell'euro. E vi sono le risorse per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, così come la questione investimenti, pubblici e privati. Vi sono risorse per continuare le politiche di incentivo degli investimenti privati, che hanno già dato risultati significativi anche nel Mezzogiorno, nonostante il centrodestra lo rinneghi continuamente. Vi sono risorse e indirizzi per gli investimenti pubblici, con una particolare attenzione a quella degli enti locali, dove abbiamo, sia per gli investimenti centrali, che quelli locali, più problemi di procedure che di risorse messe a disposizione già dalle leggi di stabilità e di bilancio precedenti. Continua una politica di lotta all'evasione fiscale, che ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissa.

È stata posta una questione sulla sanità. Nella risoluzione di maggioranza diciamo due cose: incrementare nel tempo le risorse per investimenti nel settore della sanità, e questo è possibile anche rimodulando all'interno dei 47 miliardi; secondo, rivedere il meccanismo del cosiddetto super ticket, al fine di contenere i costi per gli assistiti che si rivolgono al sistema pubblico. Quindi, questioni che sono state poste e su cui diamo una risposta.

Il tema della spesa sanitaria in rapporto al PIL: certo, c'è un calo di questo rapporto, ma non perché la spesa sanitaria cali, ma perché aumenta il PIL in percentuale, più dell'aumento della spesa sanitaria, ma le risorse per il fondo sanitario nazionale aumentano. È un tema, comunque, che io riconosco deve essere oggetto di riflessione, ma anche insieme a quello dell'efficientamento del sistema sanitario nel suo complesso e dell'appropriatezza delle prestazioni. Sulle pensioni la discontinuità l'abbiamo già avuta nella legge di bilancio 2017. Poi, ci sono questioni ancora da valutare, ma partiamo almeno dal dato relativo a quello che già abbiamo approvato nella legge di bilancio di quest'anno.

Concludo. Il centrodestra è certamente legittimato a criticare il Governo. Si candida alla guida del Paese - è legittimo - ma ha già governato e più volte lasciando sempre macerie o crescita zero. Il Paese ha rialzato la testa solo quando ha governato il centrosinistra e penso che i cittadini sapranno riconoscerlo. Sull'affidabilità dei 5 Stelle basta un dato: al Senato oggi hanno presentato una risoluzione in cui si propone di superare il 3 per cento nel rapporto deficit-PIL. Qui, alla Camera, quel tema lì è sparito, scomparso in un pomeriggio. Basta un pomeriggio per cambiare idea su una questione decisiva, oltre a votare anche loro conto lo scostamento che è in contraddizione rispetto a tutta le cose che hanno proposto fino ad oggi.

Quindi, concludo ribadendo il voto favorevole del Partito Democratico sulla Nota di aggiornamento e, quindi, sulle due risoluzioni di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).