Data: 
Mercoledì, 4 Maggio, 2016
Nome: 
Micaela Campana

Signora Ministro, la ringrazio per la puntuale disanima che ha svolto a questa Assemblea. L'esigenza di avere un confronto con il Ministero nasce da un problema che era noto da tempo e che è stato cristallizzato dalla recente pronuncia del Consiglio d'Europa, in cui si legge che le donne che cercano accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell'ottenere l'accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge. Il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa denuncia una situazione in cui, in alcuni casi, considerata l'urgenza delle procedure richieste, le donne che vogliono un aborto possono essere forzate ad andare in altre strutture, in Italia o all'estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall'accedere ai servizi di aborto, a cui hanno, invece, diritto in base alla legge n. 194. 
Voglio ribadire che la difficoltà dell'accesso all'interruzione di gravidanza da parte delle donne deve stimolare delle azioni rapide, al fine di assicurare il corretto e agevole accesso alla prestazione sanitaria presso tutte le strutture pubbliche. Lo scorso ottobre una relazione del Ministero al Parlamento ha messo in risalto come in alcune regioni è praticamente impossibile trovare un medico non obiettore. I numeri parlano chiaro, lei prima li ha elencati. Le percentuali di obiezione tra i ginecologi sono superiori all'80 per cento in Molise, in Basilicata, in Sicilia, in tante altre realtà regionali. 
Inoltre, c’è un dato allarmante, che non può essere ignorato in questa discussione e che va considerato immediata conseguenza della difficoltà che le donne registrano nell'accesso all'assistenza sanitaria. L'Istituto superiore di sanità stima che, nel 2012, nel nostro territorio, siano stati praticati tra i 12 mila e i 15 mila aborti clandestini. Ciò vuol dire che alle stime ufficiali degli aborti legali va aggiunto un 10-12 per cento. Si tratta di numeri impressionanti e non giustificati da un quadro giuridico che ritiene legale la pratica dell'interruzione di gravidanza volontaria. Eppure vuol dire che ci sono donne che ai percorsi legali preferiscono rivolgersi a circuiti illegali e poco sicuri dal punto di vista sanitario, con grossi rischi per la propria salute. 
Come Partito Democratico crediamo che, per andare a fondo nella questione e rendere effettivo il diritto delle donne all'interruzione di gravidanza, non possiamo ignorare questi dati, che probabilmente nascondono delle storie di disagio. È facile pensare che coloro che, pur avendo la possibilità di rivolgersi ad una struttura pubblica, poi preferiscono rivolgersi a circuiti non protetti, siano proprio le persone più fragili, come le donne immigrate con un basso grado di integrazione, minorenni italiane poco informate sui propri diritti di donne e chi, di fronte ai dinieghi, preferisca alla fine affidarsi a qualche facilitatore. 
Per studiare percorsi per le donne, oltre a monitorare con attenzione la presenza dei medici non obiettori, bisognerebbe assicurare a questi ultimi anche una parità di trattamento all'interno delle strutture sanitarie e nella possibilità di carriera, affinché una scelta di libertà non si tramuti in un ostacolo professionale. Un'indicazione in merito arriva dalla Corte di cassazione, che si è pronunciata recentemente in materia, affermando che un medico che si dichiara obiettore di coscienza non può rifiutarsi di curare la paziente che si è sottoposta a interruzione volontaria di gravidanza in ospedale: questo perché il diritto alla salute della donna è preminente davanti all'obiezione dei singoli medici. D'altronde, in un sistema sanitario di tipo universale e per come è concepito il diritto alla salute nella nostra Costituzione, non potrebbe essere altrimenti. 
Per questo ringraziamo il Governo per l'attenzione che ha mostrato sul tema venendo qui oggi a riferire su questa materia. Siamo sicuri che siano già all'esame del Ministero della salute azioni utili a garantire il diritto all'interruzione di gravidanza volontaria in tutte le strutture pubbliche, intervenendo in maniera più incisiva ove oggi non risultano in pianta organica medici non obiettori. Inoltre, in questo senso ci permettiamo di suggerire, ove non fosse già all'esame, un monitoraggio del personale medico non obiettore prossimo alla pensione, affinché sia sostituito in un meccanismo di turnover. Come Partito Democratico, crediamo che il diritto della donna all'autodeterminazione sia una conquista non rinunciabile, soprattutto quando esso si sposa al diritto alla salute e al giusto accesso alle prestazioni sanitarie. Solo le donne sanno quanto sia delicato ed importante il periodo della gravidanza e, proprio per questo, chi decide per l'interruzione deve trovare nella macchina pubblica una casa e non un percorso ad ostacoli. Con la certezza che il Ministero farà il massimo per porre rimedio ai rilievi sollevati, ringrazio, a nome del Partito Democratico. Chiediamo di continuare a monitorare con attenzione, verificando gli esiti del tavolo con le regioni.