Data: 
Mercoledì, 1 Luglio, 2015
Nome: 
Francesco Boccia

Grazie, Presidente. Grazie ministro Padoan per aver chiarito i passaggi cruciali e delicati che insieme stiamo vivendo in queste ore. Per alcuni la fotografia di queste ore è stata in qualche modo sintetizzata dalla metafora dei tempi supplementari. Ora, noi due, ma anche tanti altri nostri colleghi appassionati di calcio sanno che non c’è metafora peggiore che richiamare quella dei supplementari per questa vicenda, perché alla fine dei supplementari qualcuno vince e qualcuno perde. 
In questo caso, si vince e si perde insieme e in ogni caso, che si vinca o si perda, noi abbiamo il dovere di andare avanti, semplicemente perché la casa comune europea che abbiamo ereditato non è figlia di qualche matrioska burocratico-amministrativa nata in uno scantinato. È figlia del più grande processo di pacificazione del nostro continente che ha 65 anni di storia e non possiamo dimenticarlo sull'altare di fisiologici slogan elettorali per i tempi di propaganda elettorale (Applausi dei deputati dei gruppi del Partito Democratico e di Scelta Civica per l'Italia). Abbiamo il dovere di dirci le cose come stanno, anche quelle scomode, anche quelle che non ci piacciono, anche quelle che richiamano ognuno di noi alle proprie responsabilità.
Tante culture d'origine in spazi così stretti: questa è l'Europa. Che ci piaccia o no, questa è l'Europa, che noi amiamo e che abbiamo ricevuto in eredità da Spinelli, De Gasperi, Segni, per citare alcuni italiani; Jean Monnet, fino a Mitterrand e Kohl. Culture diverse in spazi stretti in un mondo dominato da continenti che sono paesi. Gli Stati Uniti, la Cina, l'India, la Russia, il Brasile, 3 miliardi e 300 milioni di persone e se ci aggiungiamo il Giappone, l'Indonesia e la Corea arriviamo a 4 miliardi di persone. Ma noi davvero vogliamo discutere di tutto questo, di 6, 7, 8 uomini che sulla terra e nel mondo possono decidere il destino di quattro miliardi di persone, discutendo del possibile ritorno alla dracma o alla lira ? Lo dico a chi non crede più nell'euro: noi non solo ci crediamo nell'euro, ma investiamo tutta la nostra credibilità politica e il nostro sogno collettivo per far sì che l'euro continui ad essere il punto di riferimento di quel percorso politico. 
L'Italia è chiamata dalla storia non a fare la Grecia o la Germania. L'Italia è chiamata a fare l'Italia che fa l'Europa. Noi in questo derby presunto tra Atene e Berlino ci schieriamo semplicemente con l'Europa ed è il tema al quale oggi Padoan ci richiama in qualche modo con la sua informativa. Si dice che l'Italia è meno europeista. Ma io penso che un'Italia responsabile e lungimirante non possa assecondare la pancia di nessuno, né dentro, né fuori dal Paese e un Paese lungimirante ha il dovere in quest'Aula di ricordare un percorso che è iniziato nell'ottobre del 2009 con il Governo Papandreu che rivela i numeri fasulli certificati dall'Europa fin lì, passando per il maggio 2010 e lo ricordo anche a molti colleghi. Il debito greco è stato tagliato – tagliato ! cancellato ! – di 110 miliardi di euro nel 2012 ed è stato pagato dai risparmiatori: ci sono italiani che hanno sottoscritto obbligazioni greche e hanno visto sui loro conti correnti avere il taglio del 50 per cento. È già accaduto. Quello che non era accaduto, tra il febbraio 2012, anno del secondo pacchetto, il marzo 2012, anno in cui gli investitori accettano le perdite del 50 per cento, e la vittoria di Tsipras, è che tutto questo finisse sul tavolo della politica europea. L'Italia su quel tavolo ci ha messo la propria credibilità e lo ha fatto con un approccio italiano dicendo che la storia degli ultimi 10 anni è stata anche sbagliata in molti passaggi e dicendo con chiarezza che la nostra è una proposta che va oltre: è la proposta che contesta il meno 15 per cento di investimenti pubblici che ci sono stati in questi anni, che investe sul piano Juncker e rilancia gli investimenti pubblici che possono essere l'unica strada che ci unisce e ci riunisce. 
In questi giorni, signora Presidente, sono stato molto impressionato, da uomo di numeri e di mercati, nel vedere quanto fosse stato indifferente il mercato rispetto alle scelte che sono state fatte tra il venerdì prima della scelta e il lunedì. Il rapporto euro-dollaro non solo non è peggiorato, ma l'euro si è rafforzato e questo dovrebbe farci riflettere e preoccuparci quando con la demagogia spicciola pensiamo di risolvere i problemi del mondo, un mondo che non affronta i problemi, e ho chiuso signora Presidente, sull'onda dell'emotività, ma costruendo una casa comune nella quale ognuno risponde delle proprie responsabilità. Sulle pensioni – lo ha ridetto Padoan lo ribadisco anche io – la distanza era lievissima: andare in pensione a 67 anni nel 2022 anziché nel 2025, francamente io non trovo che sia un motivo per far saltare il tavolo. 
Ho concluso davvero, signora Presidente, la ringrazio. Un giorno, passato alla storia come molti di noi sanno, Kennedy disse: siamo tutti berlinesi. Oggi il PD e il Governo italiano lavorano per far sì che un giorno non lontano, spero vicino, a Berlino come ad Atene si dica semplicemente e con convinzione: siamo tutti europei.