Data: 
Martedì, 29 Luglio, 2014
Nome: 
Vincenzo Amendola

Cara Presidente, signora Ministro, come lei ha ricordato, c'eravamo incontrati in Commissione esteri a giugno, all'indomani dell'uccisione di Gilad, Naftali, Eyal e di Mohammed, adolescenti uccisi, con quella frase che lei ha ripetuto qui, bellissima, dei genitori: «il sangue di un ebreo è uguale a quello di un arabo», dissero allora. Un triste presagio a giugno per una Terra Santa che non ha pace da decenni, epicentro di uno dei più grandi conflitti, che scuote, divide i due popoli, ma l'intera comunità internazionale e mette a dura prova la coerenza tra principi, valori, identità di questo mondo di oggi, religioni e coesistenza pacifica. 
E poi, subito dopo, 22 giorni di operazioni militari scatenate dal lancio incessante e insensato di razzi di Hamas e dellajihad islamica, che noi condanniamo senza giustificazioni e poi 11 giorni di invasione militare israeliana, con una forza d'urto sproporzionata, che ha portato a una triste contabilità che lei qui ha ricordato, innanzitutto e soprattutto di civili, a cui le nostre coscienze non possono derogare, e ci rifiutiamo di considerare danni collaterali. 
«Profondo è l'orrore» ha detto Giorgio Napolitano, rappresentando il sentimento di tutti noi. Ma oggi una tregua non c’è, come lei ricorda, contro gli sforzi di tutti, contro gli sforzi anche del Governo italiano che sta operando bene in questi giorni difficili, a partire dal valido tentativo egiziano, perché la sensazione che abbiamo, prioritaria da sconfiggere, è che nessuno ha la capacità o la forza di fermare la catena di eventi, come se ogni attore procedesse come meglio crede narrando la realtà a modo suo, perché noi sappiamo che non c’è una via d'uscita, figuriamoci militare, se non si percorre un campo politico, e noi siamo qui, irriducibili sostenitori della soluzione politica, e lo ripetiamo da più anni: la più grande arma contro Hamas e chi professa la distruzione di Israele è dare dignità e futuro al popolo di Gaza, e questo è il tempo delle scelte, al terzo conflitto dal 2009. 
A noi è chiesto di andare oltre l'indignazione e lo sgomento, per una reazione politica, una piattaforma pubblica che noi sottoponiamo alla comunità internazionale ed ai nostri alleati, come lei qui ha detto, con i cinque punti, superando il fuoco incrociato delle recriminazioni per affermare che la pace non è la scelta dei deboli o di chi non vuole schierarsi, ma lo sforzo dei coraggiosi contro l'odio e gli estremismi più feroci. Affermazione che se varrà nel Medio Oriente di oggi, di quello scosso da conflitti e da sangue, varrà per tutto il pianeta, per il diritto internazionale, per la coesistenza, per la risoluzione di tutti i conflitti, perché mai come adesso questo conflitto è paradigmatico, ed è paradigmatico di una via maestra sfuggita lungo i conflitti che fanno della Mezzaluna mediorientale un terreno di grande distruzione. 
Come lei faceva bene, signora Ministro, se noi ripercorriamo in un'immagine collettiva, nei fotogrammi, vediamo una storia che lentamente si è dispiegata, perché la pace e la stretta di mano di Camp David e poi il sacrificio di Isaac Rabin, che voleva la pace malgrado gli attacchi suicidi, fino ai negoziati saltati, fino alla seconda intifada e alla sconfitta di Arafat, ci dimostrano un percorso storico in cui noi sappiamo benissimo che quello che noi abbiamo provato e per cui noi abbiamo lottato tanto oggi è sfuggito, e ci troviamo di fronte, dopo il tentativo che noi riteniamo sbagliato, quello post 11 settembre del grande Medio Oriente, della Destra «neocon», al fatto che non abbiamo esportato la democrazia e abbiamo ucciso la solidarietà multilaterale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Lentamente, come negli ultimi dieci anni lei descriveva, il conflitto israelo-palestinese è entrato in un cono d'ombra, e noi ci troviamo oggi con rivolte arabe contro reazioni che hanno portato un'enorme scia di sangue, dalla Siria alla Libia, come si dimostra in queste ore. Questa intera Mezzaluna, questa storia che noi abbiamo vissuto, ha fatto sì che la comunità internazionale, spesso l'ONU e l'Europa, siano stati eterni sostenitori di un soft power, mentre nascevano in quel terreno nuovi attori regionali, nuove potenze che avevano un sogno egemonico, che hanno un sogno egemonico e che anche oggi lottano, in queste ore, per affermare il principio di chi può affermare una tregua. 
In tutta questa storia il conflitto israelo-palestinese, il conflitto israelo-arabo, come lei ha citato, è diventato una pedina, forse quella più centrale, quella più importante, ma nascosta in un conflitto più complessivo. E, intanto, le colonie israeliane in terra palestinese, condannate da tutti, sono aumentate e la disgregazione della società palestinese è esplosa nel silenzio di tutti, lo stesso silenzio, vorrei ricordare, di chi oggi sostiene il campo moderato della pace palestinese, ma che non mosse un dito quando gli stessi furono cacciati da Gaza a colpi di pistola da Hamas e dalla jihad islamica, perché questa leadershippalestinese, quella rimossa, quella spesso non ascoltata, è anche oggi di nuovo ostaggio di una contesa regionale, che è differente, inedita, come lei ha ricordato, e che è un tema su cui noi, Europa, noi, comunità internazionale, dobbiamo cambiare linguaggio, fotogrammi della storia e non ripetere gli errori del passato. 
Noi, signora Ministra, l'abbiamo accompagnata in questi giorni con sostegno e solidarietà, perché è un'operazione difficile ricostruire la soluzione politica, che è l'unica via che ci permette di uscire da un conflitto e dare pace duratura. Noi condividiamo i cinque punti che lei propone. Una tregua senza condizioni, come dichiarato dall'ONU, una tregua per ricostruire non solo un'alleanza di chi vuole sostenere la pace, ma anche sostenere una diversa collocazione internazionale di questo conflitto, riportarlo al centro, perché la via maestra per parlare del Medio Oriente di oggi, per parlare, dall'Iraq alla Siria fino alla Libia, di confini come quelli del 1916, come lei ricordava, che sono scomparsi, con nuovi network del terrore, dell'odio, con nuovi muri che si alzano per portare divisione e scontro, e noi a tutto questo non possiamo guardare impotenti.
Per questo siamo d'accordo a fare di tutto come Unione europea, vedendo anche la dichiarazione del Consiglio dei ministri. affermare che noi siamo disponibili a tutto, partendo da Eubam, partendo dalle missioni, per far sì che noi, come comunità internazionale, siamo presenti. Lei ha annunciato una conferenza dei donatori, che è l'organismo principale per dare a quella terra, una delle più povere regioni al mondo, un futuro di grande coesistenza di valore sociale ed economico, ma sappiamo bene che fare di tutto oggi significa anche, come abbiamo proposto noi, il gruppo esteri alla Camera e al Senato, tentare tutte le strade, tentare anche strade vecchie, inedite e ripercorrere quelli che sono stati modelli, per esempio, sperimentati dalle Nazioni Unite, anche una forza di interposizione per garantire ad Israele che il lancio di razzi si fermi e per garantire ai palestinesi di non vivere una prigione di fame e stenti, dove prevalgono solo i violenti e i fanatici. 
In conclusione, cara Ministro, noi siamo qui e riaffermiamo «Due popoli, due Stati». Noi riaffermiamo cioè i valori antichi del nostro percorso diplomatico e politico, ma sappiamo che la condizione di oggi del Medio Oriente, del conflitto israelo-palestinese è nuova e non si possono ripercorrere, nemmeno nei linguaggi, vecchie proposte. Una mobilitazione, un clima d'odio stanno crescendo, rigurgiti di antisemitismo, veleni e incomprensioni. Dinanzi a tutto questo, una piattaforma pubblica di iniziative e di azione, per noi che siamo presidenti del semestre europeo, è necessaria. 
In conclusione, le dico che questo lavoro farà sì che non solo questi sei mesi, che non solo questa Europa, che non solo questa comunità internazionale possa cambiare direzione a un contesto di conflitti e di sangue, ma farà sì anche che i valori per cui noi abbiamo sempre lottato e ci siamo emozionati in questa storia divengano una azione concreta. 
Buon lavoro, signora Ministro, sarà il lavoro di questo Parlamento e della diplomazia parlamentare, il nostro sostegno, perché il PD lotta per questi valori, e in questi giorni noi siamo qui pronti a far tutto perché si ricostruiscano le ragioni della soluzione politica. La ringrazio.