Data: 
Mercoledì, 18 Febbraio, 2015
Nome: 
Vincenzo Amendola

Grazie, Presidente. Cari deputati, care deputate, caro Ministro, mi permetta di esprimere vicinanza e pieno sostegno politico sulla linea da lei indicata e sul suo operato. La strategia politico-diplomatica, che oggi vedrà alle Nazioni Unite un passaggio fondamentale, è frutto anche di una nostra richiesta di centralità della questione libica, perché noi sappiamo che, da troppo tempo, a volte lo strabismo e la lontananza anche dei Paesi con cui noi concorriamo a costruire la comunità internazionale hanno portato non solo al radicarsi degli errori, commessi dal 2012 in poi, ma anche alla difficoltà di ricostruire un quadro. 
Il disegno politico passa, innanzitutto, lungo le linee indicate ieri dai Paesi europei e dagli Stati Uniti: la stabilizzazione del Paese tramite una strategia politico-diplomatica che unisca le forze principali dopo anni di conflitti. 
Due Primi Ministri, due Parlamenti, uno legittimato e uno no, milizie che si affrontano e che si scontrano: sono un quadro su cui da tempo, insieme alle Nazioni Unite, abbiamo chiesto di intervenire, ma adesso, come ha detto lei giustamente, serve un salto di qualità, serve un'azione da parte delle Nazioni Unite, della comunità internazionale e dei Paesi confinanti, perché questa stabilizzazione passa innanzitutto per una riconciliazione nazionale. 
Il quadro della Libia viene dal 2011 – lo ricordo ai gheddafiani postumi – quando dalla Libia fino alla Siria, passando per la Tunisia e l'Egitto, saltò il quadro geopolitico: una grande rivoluzione popolare portò quelle dittature a cadere. Gli errori vennero dopo, perché noi sappiamo che oggi in alcuni Paesi siamo riusciti ad avere un quadro di stabilità e di pacificazione, come in Tunisia, ma altri, come la Libia e la Siria, sono stati preda di guerre per procura e di sconfitte interne di conflitti interni. È questa la responsabilità della comunità internazionale, che oggi noi chiamiamo a una nuova risposta, più forte, con una strategia chiara, e la strategia si chiama stabilizzazione, che è la via principale per andare a una pacificazione dei soggetti, a ricostruire statualità distrutte e a portare una lotta al terrore, in cui i protagonisti sono essenzialmente e principalmente le forze che vogliono dare un futuro di pace alla Libia, così come agli altri Paesi. 
Noi crediamo in una strategia e sosterremo questa strategia alle Nazioni Unite, sulla base degli accordi e dei dibattiti di gennaio a Ghadames e a Ginevra, perché sappiamo che la stabilizzazione passa innanzitutto per una ricostruzione di un quadro tra i grandi poli che si sono scontrati nell'ultimo anno, che possa far ripartire una riconciliazione, che è l'antidoto maggiore, insieme al nostro sostegno e dei Paesi confinanti, nei confronti di chi, invece, in quel Paese vuole costruire un'idea di totalitarismo, come in altre parti del Medio Oriente. 
La convergenza tra attori regionali e Unione europea, nel quadro delle Nazioni Unite, toglie ossigeno a chi vuole destabilizzare, a chi chiama da tutti i Paesi del Maghreb a un'idea di califfato che noi contrastiamo. 
Bene, se questa è la strategia, noi dobbiamo perseguirla con grande forza e con grande unità, perché l'unità del Paese, di un Paese come l'Italia, esposto a 350 chilometri da quel conflitto, l'unità europea e l'unità – lo vorrei dire – anche delle forze politiche in questo Parlamento è la vera forza per contrastare una situazione di conflitto sociale e di conflitto civile e, soprattutto, l'emergere di nuovi rischi. È l'unità che abbiamo sempre chiesto, è l'unità che noi crediamo sia decisiva in questa fase del nostro dibattito politico. Lo dico senza infingimenti e senza prestare il fianco alla demagogia e allo scontro.
Mi avvio alla conclusione. Dobbiamo leggere la storia di questo Mediterraneo: i grandi flussi che si sono messi in movimento nel 2011 e, purtroppo, questi grandi flussi e questa trasformazione storica non si possono combattere né con il reato di immigrazione clandestina né con i respingimenti, perché ci troviamo di fronte a una fattispecie diversa, che è quella di un moderno schiavismo, di tratta di esseri umani, del loro futuro e della loro dignità: vi mettiamo su un barcone e vi spariamo se non partite. 
Bene, di fronte a questo schiavismo, come è sempre successo nella storia del progresso civile, la dignità umana ci porta a dire che, di fronte a questi fenomeni, noi non solo ci indigniamo, ma combattiamo, costruiamo un'idea di civiltà, a difesa di tante persone che scappano, perché lo schiavismo moderno e la storia di questo nostro Mediterraneo hanno bisogno della nostra unità, hanno bisogno di un'idea di progresso civile e, soprattutto, hanno bisogno di una comunità internazionale che sia all'altezza di un mondo migliore.