Data: 
Mercoledì, 6 Dicembre, 2023
Nome: 
Giuseppe Provenzano

Grazie, Presidente. Ministro, dopo la sua informativa resta una domanda, che non rivolgo solo a lei, ma a tutti noi: stiamo facendo tutto quello che è in nostro dovere e tutto quello che è in nostro potere per fermare questo trionfo della morte in Terrasanta? Gli aiuti, gli incontri diplomatici, la nave militare, l'ospedale da campo: va tutto bene, è tutto importante, ma non sono la risposta a questa domanda. Quello che è accaduto con la ripresa dell'orrore a Gaza, dopo la rottura della tregua, è sotto gli occhi di tutti. Ci sono le immagini, ci sono i resoconti dei giornalisti e degli operatori. Nessuno un giorno potrà dire: io non sapevo.

Ministro, sono appena rientrato anch'io da un viaggio in Israele e in Palestina. Abbiamo incontrato il Presidente Herzog, il Primo Ministro palestinese Shtayyeh, quelle forze politiche e sociali che ancora credono nella possibilità di un processo di pace, le famiglie degli ostaggi a Tel Aviv e i palestinesi che subiscono l'occupazione e l'oltraggio dei coloni.

Ho visto anch'io la collera di Israele ferma al 7 ottobre e la disperazione dei palestinesi, ho sentito la puzza di morte nel kibbutz di Be'eri, uno dei luoghi in cui Hamas ha ripetuto il pogrom, come nei secoli scorsi, quando dicevamo: mai più. E ho sentito, lì, puzza di altra morte, della polvere del fumo dell'artiglieria pesante dell'Esercito israeliano che proprio da quel luogo partecipa, con l'aviazione, alla distruzione di Gaza, appena tre chilometri più in là.

Si stimavano più di 15.000 morti, di cui 6.000 bambini, già prima dell'offensiva al sud, sono vite falciate senza ragione, lo ha detto anche lei, Ministro, e allora, no, non chiamiamole casualties, perché la gente di Gaza non è Hamas, ne subisce il regime, il consenso, prima della guerra, era ai minimi storici e, oggi, per loro nessun luogo è sicuro, perché mancano cibo, acqua, corrente elettrica, farmaci e carburante.

Nei centri dell'UNRWA c'è oltre un milione di sfollati, dieci volte più della capienza massima; sono state colpite scuole, ospedali, ambulanze, lo abbiamo detto, sono state uccise decine di giornalisti, di operatori sanitari e internazionali. Gaza non è solo una catastrofe umanitaria, una gravissima violazione del diritto internazionale, ma sta appannando la differenza tra legittima difesa e punizione collettiva, la distinzione, su cui in quest'Aula tutti eravamo d'accordo, tra Hamas e popolo palestinese, un popolo che oggi sente di vivere la tragedia più grande di tutta la sua storia.

Allora, signor Ministro, la risposta prioritaria a quella domanda è la tregua e fare tutta la pressione internazionale possibile per un cessate il fuoco , non solo per ragioni umanitarie, ma anche per ragioni politiche, perché il terrore mai nella storia si è battuto solo con la forza, ma soprattutto con il ritorno della politica. E la tregua è la condizione per la liberazione di tutti gli ostaggi e non la chiediamo noi, la chiedono le famiglie che protestano a Tel Aviv contro il Governo Netanyahu ed è la condizione per garantire l'accesso degli aiuti nella Striscia da tutti i valichi disponibili, perché Rafah da solo non ce la fa.

E, poi, Ministro, tutti insieme in quest'Aula abbiamo detto a ottobre che la pace era l'unica soluzione possibile per garantire il diritto di esistere a israeliani e palestinesi. Allora, cosa stiamo facendo concretamente, come Governo? Noi abbiamo apprezzato le sue parole, a volte, quelle del Ministro Tajani, ma dove è finita la Presidente del Consiglio? Giorgia Meloni e i Fratelli d'Italia, colleghi, vantavano un'amicizia specialissima con Netanyahu, ecco, la destra israeliana. Questo, oggi, vi impone almeno la responsabilità di parlare chiaro, di dire con chiarezza che se vogliamo preservare una prospettiva di pace, il finanziamento dell'espansione degli insediamenti illegali in Cisgiordania è inaccettabile , così come è inaccettabile la protezione dell'Esercito alle provocazioni e alle umiliazioni dei coloni nei confronti dei palestinesi, a cui non è consentita nemmeno la raccolta delle olive. Occorre dire che non possono restare impuniti i crimini commessi in West Bank e, proprio ieri, il Segretario di Stato americano Blinken annunciava sanzioni contro quei coloni e i loro mandanti politici che rischiano di far esplodere la Cisgiordania. Facciamolo anche noi, come Italia, come Europa. Quella terra, tra abuso di detenzioni amministrative, aggravamento di un regime di occupazione per cui è diventato impossibile vivere, collasso economico e finanziario, sta esplodendo e noi, dopo decenni di abbandono, dobbiamo farcene carico e non perdiamo di vista Gerusalemme, dove il Governo israeliano, proprio per domani, ha sciaguratamente autorizzato una manifestazione di estremisti di destra che passerà nella città vecchia dal quartiere musulmano, rischiando di fare esplodere, non la Palestina, ma l'intera regione.

Allora, Ministro, se anche lei, qui, ci dice la parola “pace”, questa non può restare una mera invocazione o un espediente retorico, serve una proposta politica credibile, concreta. Lei nei giorni scorsi, da Tel Aviv, ha espresso un giudizio liquidatorio sulla missione UNIFIL, dicendo che non ha funzionato. Innanzitutto, noi mandiamo un ringraziamento a tutte le Forze dell'ordine coinvolte in quella missione e ricordiamo a tutti che la missione UNIFIL è una missione di pace, non per amministrare la guerra. Allora, serve di nuovo questo, e l'Italia non deve supportare le iniziative di altri, ma, forte della sua tradizione diplomatica e della credibilità guadagnata proprio, ad esempio, nel Libano, deve spingere l'Europa e gli Stati Uniti, che non vogliono l'occupazione di Gaza, a proporre una forza multinazionale di interposizione con il protagonismo di quei Paesi arabi che possono svolgere una funzione cruciale in Palestina, anche in termini di ricostruzione, sotto l'egida delle Nazioni Unite.

E, guardi, la revoca, oggi, del visto al coordinatore umanitario delle Nazioni Unite segna un precedente gravissimo. Delle Nazioni Unite di cui lei ha parlato, qui, oggi, dobbiamo prenderci cura anche per accertare in Terrasanta quelle violazioni del diritto internazionale che noi invochiamo è se è indispensabile, Ministro, non può essere anche sterile, è indispensabile, è necessario, anche perché salviamo così la credibilità di averlo invocato per l'Ucraina.

Concludo, Presidente, dicendo che dobbiamo essere coerenti, conseguenti fino in fondo e assumerci la responsabilità delle cose che diciamo, perché se qui abbiamo detto in quest'Aula che Hamas è un'organizzazione terroristica, non un interlocutore, collega Gardini, se è un'organizzazione terroristica, il compito di combatterla non può essere solo delegato a Israele, ma è un compito della comunità internazionale. E se, come lei ha detto, si immagina un futuro per Gaza dopo Hamas con l'ANP, bisogna dire con chiarezza che questo non potrà arrivare sui tank israeliani.

 Qui dobbiamo essere onesti, e concludo davvero, se diciamo due popoli e due Stati, dobbiamo anche ricordarci sempre che uno Stato ancora non c'è. Questo Parlamento, nel 2015, aveva votato una risoluzione per il riconoscimento dello Stato di Palestina. Il tempo è arrivato, non solo per noi, ma per tutta l'Europa, anche come spinta per rilanciare un processo di pace e per rivitalizzare quella Autorità nazionale palestinese, a partire dai soldi che gli vengono negati, quando per anni si sono chiusi gli occhi sui flussi di finanziamenti dal Qatar ad Hamas.

 Allora, e concludo davvero, Presidente, queste sono le nostre proposte, se serve uno sforzo diplomatico, che noi non vediamo, Ministro, questo è il compito della politica. Dal Partito Democratico, oggi, arriva un appello urgente: oggi non stiamo facendo tutto quello che è in nostro potere e domani, però, rischiamo che sia troppo tardi.