Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 19 Novembre, 2015
Nome: 
Fabio Lavagno

Grazie, Presidente. Parlare di riso in Italia significa non solo parlare di un prodotto, dei suoi numeri, delle sue qualità e specificità, ma significa parlare di un intero settore economico rilevante, un intero settore rilevante in termini e numeri, in una filiera moderna avanzata; allo stesso tempo, non significa parlare di una sola parte del Paese. Ecco perché trattare questo tema non può avvenire in modo sporadico, improvvisato e frammentario. Il riso e la risicoltura sono una parte importante e fondamentale dell'intero comparto agricolo. 
È un settore, quello agricolo, che, stando agli indicatori economici, fa registrare il più elevato incremento del PIL, con il valore aggiunto che sale del 6 per cento nello scorso anno, spinto dalle esportazioni agroalimentari e dalla ripresa dei consumi alimentari delle famiglie che, per la prima volta quest'anno dopo 7 anni, sono tornati positivi e crescono dell'1,4 per cento e la risicoltura sta appieno in questo contesto. Dobbiamo, infatti – e non potremo fare a meno di fare così – ricordare che il nostro Paese è il primo produttore di riso – è già stato ricordato più volte – a livello europeo. È un ambito economico importantissimo, dai grandi numeri: sono, infatti, più di 4 mila le aziende nelle quali viene coltivato il riso, su una superficie complessiva di 235 mila ettari e con una superficie che, vivaddio, è tornata a crescere nello scorso anno. 
Se è vero che l'area piemontese, associata a quella lombarda della Lomellina, rappresenta da sola l'80 per cento dell'area risicola italiana, non vanno dimenticate, essendo questo un tema nazionale, le zone e le aree del veronese, del ferrarese, del mantovano, o i 3 mila ettari della zona di Oristano o piccole isole di grande pregio, come quella di Sibari in Calabria. 
Si tratta di un contributo importante alla ricchezza produttiva italiana. Stiamo parlando, infatti, di un milione 600 mila tonnellate di risone, per un valore non inferiore ai 500 milioni di euro. Gli stabilimenti industriali che procedono alla trasformazione, infine, sono cerca un centinaio. Si tratta di aziende e di una filiera produttiva molto legate al territorio e che dal territorio traggono un legame fondamentale. 
Il riso è importante anche per quanto riguarda il settore delle esportazioni. Abbiamo avuto e assistiamo a una crescita del 9 per cento su base annua a livello globale, anche se dobbiamo riscontrare – ed è il tema di questa mozione – una flessione o un ambito ben più contenuto per quanto riguarda le esportazioni in ambito europeo. 
Stiamo parlando, dunque, di un settore produttivo che è consolidato da secoli. Un settore produttivo, dicevo, molto legato al territorio e alle sue dinamiche. Infatti, il settore risicolo coniuga coltivazione, ambiente e trasformazione, garantendo al consumatore un prodotto di elevatissima qualità. Ecco perché dobbiamo adoperarci e fare ogni sforzo perché il settore non risenta in modo negativo di situazioni contingenti che, di volta in volta, si possono presentare 
Il comparto risicolo – sarebbe inutile negarlo – può subire alcune vulnerabilità, a causa di un paventato, oggettivo e progressivo venir meno della protezione offerta dalle politiche integrative della politica agricola comune per l'aumento progressivo delle importazioni a dazio zero. Ne abbiamo discusso e credo che sulle cause – che ci trovano concordi rispetto a questo tema – siamo più che concordi. Io non posso che apprezzare l'unanimità, espressa sia in fase di discussione sulle linee generali, sia nella presentazione – ancor prima – delle mozioni, sia nella fase di dichiarazioni di voto, che stiamo esprimendo su questo tema. 
La domanda è, dunque, come e con quale strategia porre la battaglia del riso. Il livellamento del mercato e dei fenomeni di globalizzazione ovviamente portano con sé rischi e difficoltà ma, allo stesso tempo, offrono il consolidamento di un'area ampia, che richiede un prodotto di qualità e di alta qualità. Ecco perché dobbiamo trarre questo come elemento valutativo fondamentale. La risposta, quindi, alle vulnerabilità non può e non deve risiedere che in elementi positivi e avanzati. 
La domanda è, dunque, dove e con quale strategia porre la battaglia del riso, così come dicevamo. Ebbene, proprio laddove viene intaccato questo primato italiano, perché è innegabile che con l'introduzione del riso a dazio zero, proveniente da Paesi del sud-est asiatico, si possono mettere in discussione i primati italiani in un settore produttivo, simbolo della qualità agroalimentare per tipicità e sostenibilità. Sono questi due elementi dei quali dobbiamo tenere conto nella nostra discussione e nella nostra azione – e a cui invitiamo – e siamo sicuri di trovare orecchio ben attento da parte del Governo. È un orecchio ben attento da parte del Governo non solo in sede nazionale ma anche in sede comunitaria, laddove si discutono e si trattano questi temi. 
Non si tratta, pertanto, di invocare un generico e poco lungimirante protezionismo, che sarebbe anacronistico e fallace su prospettive di medio e lungo periodo, quanto, piuttosto, di difendere e di valorizzare il vero made in Italy, contrastando le importazioni di prodotto spacciato come nazionale, che è un'attività di contraffazione resa possibile dalla mancanza di un sistema di etichettatura che obblighi ad indicare la provenienza del prodotto. 
Occorre porre mano a un regolamento comunitario che se, da un lato, rappresenta un passo in avanti nella tutela dei consumatori, soprattutto nell'ambito nutrizionale e per la presenza di allergeni, non prevede, d'altro canto, l'obbligatorietà di menzionare in etichetta il luogo di fabbricazione e di confezionamento del prodotto, introducendo il principio che ad essere indicato in etichetta deve essere il nominativo dell'operatore responsabile, quindi dell'azienda distributrice o fornitrice del prodotto e non quello dell'azienda produttrice. Il risultato è evidente a tutti: con le nuove norme comunitarie rischiamo di danneggiare le piccole e medie aziende italiane, cosa che con questa mozione noi vogliamo assolutamente contrastare. 
Occorre, quindi, risolvere la questione, tra origine e provenienza, in maniera determinata. È questo un impegno che sappiamo che il Governo saprà cogliere in sede comunitaria e che porterà avanti come fatto con altri Paesi europei, a partire già dal 2014, per quanto riguarda l'attivazione della clausola di salvaguardia nei confronti dell'importazione di riso greggio cambogiano ed inviando un documento tecnico sull'impatto dell'importazione a dazio zero alla Commissione europea. 
Il sistema di preferenza generalizzato, come è già stato ricordato, è uno strumento fondamentale che da più di quarant'anni l'Unione europea prevede per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Ma questo non  può entrare in contraddizione con le capacità produttive di un settore importante come quello risicolo. Quindi rivedere, per come è prevista dalla normativa, questa importazione a dazio zero non solo è possibile, ma in questo momento diventa urgentemente necessario. 
Consideriamo con lucidità, quindi, come il futuro dell'agroalimentare italiano e del riso in particolare, in questo caso, non possa prescindere dal fare i conti con un'interdipendenza generalizzata, che va affrontata con maturità e competenza. Ecco perché il sostegno del riso italiano non può essere ridotto, come dicevo prima, a mere misure protezionistiche, ma va accompagnato anche dalla promozione di una diffusa consapevolezza relativa alla sostenibilità ambientale, alla qualità e all'origine del prodotto. Già in altre occasioni abbiamo parlato, in quest'Aula, del riso, delegando nel collegato agricolo, offrendo al Governo una delega rispetto al sostegno di questo settore. 
Credo che dobbiamo contrastare il rischio, per quanto i dati ci dicono che la superficie coltivata a riso si sta invertendo, ma dobbiamo evitare il rischio che le superfici coltivate vengano meno, perché il rischio di minor cura del territorio è evidente a tutti, con rischi abbastanza drammatici. 
Sull'etichettatura abbiamo già detto. L'etichettatura non è qualcosa che si mette, un gallone che si mette alla giacca, ma è uno strumento di garanzia in primis per i consumatori e, quindi, di garanzia anche nei confronti dei produttori. Non è possibile, come in questo caso, che ci sia una divaricazione forte e netta tra la risaia e la risiera e, conseguentemente, tra i consumatori. 
La tutela del consumatore deve essere cardine rispetto al nostro tema. Credo che su questo noi dobbiamo anche fare uno sforzo rispetto alla maggior tutela della salvaguardia ambientale, dei diritti sociali e di sicurezza: ecco laddove si pone una protezione. Si pone una protezione perché la concorrenza sia una concorrenza leale in cui i prodotti italiani possano effettivamente svolgere il loro ruolo e farsi apprezzare sui mercati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).