Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 2 Novembre, 2016
Nome: 
Giovanna Sanna

Grazie, Presidente. In questo 2016, così come diceva la collega Centemero, ricorrono il 90o anniversario dell'attribuzione del Premio Nobel per la letteratura a Grazia Deledda e l'80o anniversario della sua morte, ma ricorre anche, come sappiamo, il 70o anniversario del diritto di voto alle donne italiane, conquista fondamentale di civiltà, che nasce insieme con la nostra Repubblica. E oggi il nostro pensiero commosso non può non andare alla memoria di una grande italiana, che ha onorato la politica e le istituzioni della Repubblica, come Tina Anselmi. La mozione che abbiamo presentato intende richiamare l'importanza storico-culturale e, per certi aspetti, il legame che esiste tra questi anniversari, chiedendo alla nostra Assemblea di indicarne il valore e impegnando il Governo a promuovere adeguate iniziative idonee a celebrare degnamente queste ricorrenze di alto significato. 
«Per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale che ritrae in forme plastiche la vita qual è nella sua appartata isola natale e che, con profondità e con calore, tratta di problemi di interesse umano generale»: questa è la motivazione del Premio Nobel alla Deledda. Essa è stata finora l'unica donna italiana ad aver ricevuto il Nobel per la letteratura e, ai suoi tempi, la seconda scrittrice a ricevere questo riconoscimento dopo la svedese Selma Lagerlöf. Grazia Deledda è nata a Nuoro, come abbiamo appena sentito, nel 1871; quarta di sette figli, cinque femmine e due maschi, di una famiglia della piccola borghesia nuorese. Per la dura condizione femminile dell'epoca, che di norma non dava alle donne accesso all'istruzione superiore, soprattutto in Sardegna e in Barbagia, Grazia dovette fermarsi alla quarta elementare, in quanto a quel tempo a Nuoro vi era soltanto la scuola di base e perché solo ai maschi che vi erano portati era consentito di proseguire gli studi trasferendosi o a Sassari o a Cagliari. Grazia si formò, quindi, da autodidatta: ha divorato tutti i libri della biblioteca paterna, prediligendo la letteratura russa, da Tolstòj a Dostoevskij, e, per gli italiani, Manzoni e Verga, leggendo tutte le riviste e i romanzi d'appendice che si poteva far comprare o prestare. A tredici anni, vista la passione letterale della figlia, il padre le consentì di prendere una serie di lezioni private di italiano e di francese. A tredici anni iniziò a scrivere le prime novelle, a diciotto il primo romanzo, numerosi racconti sulle tradizioni popolari della Barbagia e, a ventiquattro anni, il romanzo «La via del male», il primo ad ottenere un'autorevole recensione di Luigi Capuana, lo scrittore e critico che era anche uno dei teorici del verismo. Seguì una copiosa produzione di novelle e romanzi destinati a riscuotere apprezzamento nella critica italiana e internazionale e, soprattutto, successo di pubblico – «Elias Portolu», «Cenere», «Canne al vento», «Marianna Sirca», «La madre», solo per citarne alcuni – fino a «Cosima», il suo romanzo autobiografico rimasto incompiuto quando la Deledda si spense a Roma nel 1936, malata di un tumore al seno.  Grazia Deledda è stata una donna forte e anticonformista, che ha saputo sfidare, fin da ragazza, i pregiudizi e le ostilità del suo ambiente e del suo tempo verso il suo impegno letterario in quanto lei era una donna, anzi una giovane donna barbaricina e autodidatta. Scrisse di se stessa ne «Il paese del vento»: «Il temperamento ce l'avevo: nata in un paese dove la donna era considerata ancora con criteri orientali, e quindi segregata in casa con l'unica missione di lavorare e procreare, avevo tutti i segni della razza: piccola, scura, diffidente e sognante, come una beduina che dal limite della sua tenda intravede, ai confini del deserto, i miraggi di un mondo fantastico, raccoglievo negli occhi il riflesso di questa vastità ardente, di quest'orizzonte che al cadere della sera ha i colori liquidi della mia iride». A ventinove anni si sposa con un funzionario dell'intendenza di finanza, originario della provincia di Mantova, che prestava servizio all'epoca in Sardegna e che ottiene il trasferimento a Roma. Quindi anche lei si trasferisce a Roma, dedicandosi alla famiglia, all'educazione dei figli e alla sua attività letteraria, lontana dalla vita mondana della capitale, ma mantenendo stretti rapporti di amicizia e culturali con una cerchia di scrittori poeti e pittori, specie quelli che usavano incontrarsi a casa di Giovanni Cena e Sibilla Aleramo. 
La critica italiana non è mai stata unanime sull'opera di Grazia Deledda e si divideva tra chi la vedeva come discepola molto originale del Verga e del verismo, chi la collocava, invece, nell'ambito del decadentismo e chi, invece, come il Momigliano, la differenziava nettamente da verismo e decadentismo per darle un posto a sé nella letteratura italiana. In ogni caso, emerge forte nei romanzi e nelle novelle della Deledda il legame con la natura e il paesaggio della Sardegna, con la vita, i costumi, i riti primordiali della Barbagia e dei suoi abitanti e delle sue campagne. Il Flora ha scritto: «L'ambiente dei romanzi deleddiani è quello che si impresse nella sensibilità della scrittrice al tempo della sua infanzia, quando le piccole creature umane apprendono a guardare, a udire e a parlare. Fu la sorgente delle sue memorie e, perciò,  delle sue parole: una sostanza personale di poesia e, insieme, un motivo d'arte universale». L'altro motivo dominante dell'opera della Deledda è la fragilità umana: il fronte al male, il destino che pesa sugli esseri umani e che spesso li piega e li travolge come canne al vento. C’è un senso etico delle esistenze, anche di quelle più fragili ed umili. 
Oltre alla sua opera letteraria, però – voglio ricordarlo –, c’è la figura umana di Grazia Deledda. Nella Nuoro di fine Ottocento, chiusa e diffidente, sa essere una ragazza e una donna di carattere – l'ho detto –, autodidatta e anticonformista. Nelle elezioni politiche del 1909 sostenne il partito storico dei radicali, guidato da Ettore Sacchi, erede della sinistra mazziniana, orientato verso il repubblicanesimo e la giustizia sociale e propugnatore dei diritti civili e sociali delle donne. Su questo tema la Deledda trovò sintonia a Roma con Sibilla Aleramo e con Giovanni Cena, straordinaria figura di letterato, redattore capo della rivista Nuova Antologia, instancabile attivista ed educatore dei braccianti e dei contadini dell'agro romano. Come ha ricordato la critica Silvia Lutzoni dell'Università di Sassari, dopo aver ricevuto a Stoccolma il Premio Nobel, la Deledda dovette incontrare ufficialmente Mussolini, non dichiarandosi entusiasta di questa incombenza. Le cronache dell'epoca raccontano che le fu chiesto di scrivere qualcosa per il regime, ma lei rispose che l'arte non ha politica. 
Mi avvio a concludere, Presidente. In questo anno, in cui ricorrono i due anniversari deleddiani, sarebbe denso di significato far sì che Grazia Deledda sia reintegrata nel canone della letteratura italiana ed inserita tra i grandi autori della nostra letteratura, il cui studio è irrinunciabile. I due anniversari possono rappresentare, inoltre, un'occasione preziosa per promuovere il turismo scolastico e culturale nei luoghi principali della biografia della scrittrice, tra i quali la sua casa natale, nel vecchio quartiere di Santu Predu a Nuoro, oggi trasformata in museo, la chiesetta di Nostra Signora della solitudine, sempre a Nuoro, dove sono custodite le sue spoglie, e i comuni sardi che fanno parte del Parco Letterario a lei dedicato. Ma dobbiamo allargare ancora più questo impegno educativo, culturale e civile in relazione al fatto che quest'anno ricorre il settantesimo anniversario del voto alle donne italiane.  È necessario, anzi doveroso, portare all'attenzione soprattutto dei giovani e degli studenti le grandi donne testimoni dei processi di cambiamento culturale. La mozione invita pertanto il Governo a individuare le opportune iniziative per celebrare degnamente i due anniversari delleddiani anche con il coinvolgimento delle istituzioni culturali del Paese, della regione Sardegna e dei comuni facenti parte del Parco Letterario «Grazia Deledda» e a promuovere e sostenere iniziative presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado volte a favorire lo studio e la conoscenza delle donne italiane insigni nel campo della letteratura, come Grazia Deledda, ma della cultura in genere, delle scienze, delle economie dando alto significato a questo settantesimo anniversario della conquista del diritto di voto per le donne italiane.