Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 6 Dicembre, 2016
Nome: 
Laura Garavini

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Presidente, fa onore a questo Parlamento discutere in modo costruttivo una questione dal grande significato, come quella presentata dal collega De Maria. Oggi assistono ai lavori della nostra discussione anche associazioni partigiane combattentistiche, che attribuiscono ancora maggiore peso al nostro dibattito. Sono passati settant'anni dalla fine della seconda guerra mondiale; tuttavia è sempre attuale ribadire quanto sia cruciale garantire il rispetto dei diritti umani anche in tempo di guerra, e anche al di là dei confini nazionali. 
Nella mozione oggetto dei nostri lavori odierni ci riferiamo in particolare alle vicende giudiziarie riguardanti le stragi naziste e nazifasciste in Italia o all'estero, molte delle quali sono scolpite nella memoria collettiva degli italiani: basti pensare alla strage di Marzabotto. I responsabili di quei crimini, ex soldati tedeschi ma anche italiani, per la gran parte non sono stati puniti per le loro azioni. In questo senso è illuminante la vicenda del cosiddetto armadio della vergogna, scoperto nel 1994 e contenente una serie di fascicoli illecitamente occultati per decenni, e riguardanti la maggior parte delle stragi nazifasciste. Fu lo stesso Parlamento nel 2003 ad indagare sulle ragioni di quell'occultamento attraverso una Commissione d'inchiesta, i cui lavori si conclusero con due relazioni, una di maggioranza e una di minoranza. Dopo il 1994 molti responsabili, all'epoca ancora in vita, furono finalmente inquisiti dalla procura militare, e alcuni dei processi si conclusero con condanne definitive, ma non ci fu un modo di dare seguito alle condanne, perché fino all'anno 2000 da parte tedesca non era prevista la possibilità dell'estradizione di cittadini condannati all'estero. In seguito tale norma è stata anche parzialmente modificata, ma ciononostante permane la sostanziale impossibilità di procedere, dal momento che l'attuale legge vigente in Germania, quella sulla cooperazione internazionale in materia penale, richiede un requisito aggiuntivo, e cioè l'assenso all'estradizione da parte dello stesso condannato. 
Negli ultimi anni l'Italia ha trasmesso alla Germania alcune richieste di estradizione di criminali di guerra tedeschi ancora in vita, condannati in via definitiva dalla giustizia italiana. I casi riguardano ad esempio Max Schneider, Elmut Wolff e Wilhelm Kusterer. L'estradizione è sempre stata negata alla luce della normativa cui accennavo. Nel caso Kusterer, in particolare, ha trovato risalto sulla stampa italiana e tedesca a seguito di un onorificenza che gli era stata assegnata da parte delle autorità cittadine del suo luogo di nascita, autorità che si sono dette ignare della condanna per crimini di guerra emessa dalla magistratura italiana. Kusterer, ex ufficiale delle SS, condannato in via definitiva in Italia per la sua partecipazione all'eccidio di Marzabotto, ha successivamente provveduto alla restituzione della onorificenza, ma solo a seguito delle polemiche suscitate proprio da alcuni di noi firmatari di questa mozione. 
La Corte di appello di Karlsruhe nel 2013, rispetto al caso Kusterer, aveva ritenuto di non dare esecuzione alla sentenza emessa dal tribunale italiano, motivando il rigetto con una serie di giustificazioni; tra l'altro, ha segnalato la mancata ratifica da parte italiana del protocollo aggiuntivo del 18 dicembre 1997 alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate. Da parte nostra credo che sia opportuno che procediamo in fretta a ratificare questo protocollo aggiuntivo, così da togliere di mezzo ogni possibile cavillo burocratico o impedimento normativo che possa rivelarsi d'ostacolo nell'esercizio della giustizia. 
Allo stesso tempo la ratifica può darci maggiore forza contrattuale rispetto alle autorità tedesche, nel tentativo di sensibilizzarle a procedere, a loro volta, con la ratifica di due decisioni quadro ancora inevase e decisive: una sul reciproco riconoscimento di sentenze in materia penale e una sull'arresto europeo, entrambe di ostacolo all'esecuzione di condanne per crimini di guerra. 
È chiaro che i casi di condannati a cui facciamo riferimento sono soggetti ormai ultranovantenni; nessuno ritiene di doverli mandare al carcere duro, resta però ancora viva l'esigenza di non trasmettere l'insopportabile sensazione secondo cui questi soggetti godrebbero della totale impunità per il passato, per il presente e per il futuro. Ecco che si avverte il bisogno di riflettere su formule alternative di detenzione dalla forte valenza simbolica: ad esempio, venendo vincolati agli arresti domiciliari e o all'esercizio di servizi sociali. 
Negli ultimi giorni la giustizia tedesca si è distinta con una sentenza esemplare, che ha modificato una consuetudine decennale: ha ritenuto colpevole di concorso in strage l'imputato Groening, un ex soldato delle SS impiegato ad Auschwitz, e lo ha ritenuto colpevole anche in assenza di prove inoppugnabili sulla sua partecipazione a una qualche uccisione. La sentenza così dirompente potrebbe forse prefigurare un cambiamento di atteggiamento da parte della giustizia tedesca anche rispetto all'esecuzione delle sentenze emesse in Italia, sentenze sulle quali la parte tedesca in passato aveva rilevato il limite di non riuscire a dimostrare una concreta partecipazione dei condannati ai crimini di guerra. 
Questo per quanto riguarda gli aspetti normativi e giudiziari indicati nella mozione all'ordine del giorno, ma non meno importanti nella mozione De Maria sono gli aspetti sollevati nella seconda parte, cioè quelli riguardanti la necessità di dare seguito ad una serie di iniziative volte all'approfondimento della ricerca storica sui crimini nazisti e fascisti, compiuti prima della liberazione, alla conservazione e alla fruizione da parte del pubblico dei luoghi della memoria e siti di rilevante importanza storica, nonché alla promozione di contatti sempre più stretti tra Italia e Germania sul tema della riflessione sul passato. Anche in qualità di presidente dell'intergruppo parlamentare di amicizia italo-tedesco mi preme sottolinearlo: l'Europa di oggi si è costruita anche grazie ad iniziative di questo tipo, progetti che, invece di rimuovere il passato come qualcosa di sgradevole, stimolano le persone ad interrogarsi sul significato dei crimini nazifascisti e sull'importanza della convivenza pacifica raggiunta grazie all'Unione europea. Proprio in un momento, come quello attuale, in cui si assiste alla recrudescenza di movimenti di destra e xenofobi su scala europea è più importante che mai che temi come quelli oggetto di questa mozione trovino spazio all'interno del nostro dibattito.