Data: 
Lunedì, 9 Giugno, 2014
Nome: 
Antonio Boccuzzi

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Signor Presidente, personalmente ho seguito da vicino e continuo a seguirla, la situazione del comune di Casale Monferrato, ma non solo, molti sono i siti colpiti ancora oggi dagli effetti drammatici della polvere killer. È una storia infinita, raccontata persino a fumetti, perché la stessa venisse conosciuta da tutti oltre i confini dell'alessandrino, oltre i confini del Piemonte, oltre la nostra meravigliosa nazione, bellissima ma ancora tanto piena di polvere maledetta. 
  Lo stabilimento Eternit a Casale è stato demolito, ma i tetti in cemento amianto, il polverino nei cortili e nei sottotetti ci sono ancora, perché tetti in cemento amianto sono dappertutto in Italia e, se non verranno rimossi nei modi dovuti, semineranno morte e dolore ovunque. 
  Casale, ma non solo come dicevo, ha pagato un prezzo elevatissimo ad un'idea di sviluppo che ha messo al primo posto il denaro, senza pensare alle conseguenze sulla salute dei lavoratori e dei cittadini. I morti, troppi, uno alla volta, silenziosi, non farebbero quasi notizia se non ci fossero i genitori, le mogli, i mariti, i figli che parlano, che ricordano, che reagiscono: 1.700 morti su una popolazione di 37 mila abitanti, una tragedia enorme, la città di Casale ha fatto nascere qualcosa di importante. Il dolore non è rimasto chiuso nelle case è diventato corale, si è trasformato in voglia di reagire, in capacità di lottare insieme, perché la bonifica, e non solo nella cittadina del Monferrato sia attuata completamente, perché giustizia sia fatta, perché la ricerca scientifica trovi finalmente una cura per il mesotelioma. Il mesotelioma maligno è una neoplasia rara che si forma a partire dal mesotelio, lo strato di cellule che riveste le cavità seriose del corpo quali la pleura, il peritoneo, il pericardio come conseguenza dell'esposizione all'amianto. Poiché milioni di persone nel mondo sono state potenzialmente esposte ad amianto, c’è un interesse crescente nella comunità medica e nell'opinione pubblica nei confronti del mesotelioma. 
  In Italia l'uso dell'amianto è stato bandito dalla legge n. 257 del 1992, tuttavia sono numerosi i materiali che ancora lo contengono e possono costituire un rischio di esposizione per varie categorie di lavoratori e per semplici cittadini. Tali prodotti, infatti, in seguito all'usura o al danneggiamento meccanico, possono rilasciare nell'ambiente microscopiche fibre di asbesto che, attraverso la respirazione raggiungono il polmone, organo bersaglio delle patologie amianto correlate. Al momento non si è ancora raggiunto il picco massimo relativo appunto al numero di patologie amianto correlate, un picco che si può prevedere attorno al 2020. 
  Da un punto di vista puramente teorico il numero di patologie dovrebbe ripiegare dopo aver superato il picco accennato. Purtroppo quest'ultima previsione non si può ritenere attendibile in quanto il crollo dei consumi di amianto come materia prima non comporta necessariamente il crollo delle situazioni di rischio, atteso che l'inquinante rimane comunque presente nei manufatti immessi sul mercato e le fibre di asbesto, più o meno lentamente, per usura o azioni meccaniche, continueranno ad essere liberate in aria trasformando in tal modo un rischio di esposizione in potenziale pericolo per la salute pubblica. 
  Come ho già ricordato nel corso del mio intervento, la vicenda dell'amianto, come tutti dovrebbero sapere e spesso purtroppo non sanno, è storia di lavoratori e di famiglie. È storia di chi ha visto e acquisito le loro ragioni, anche al di fuori della loro quotidianità: comunità scientifica, sindacato, amministratori locali consapevoli delle propria responsabilità e convinti della propria funzione di tutela dei loro amministrati. 
  Un materiale praticamente perfetto l'amianto, con una piccola contraddizione: uccide chi lo lavora e può uccidere anche a distanza di molti anni chi ne è venuto in contatto, anche in modo limitato e casuale, con qualche sua microscopica fibra. 
  Il suo modo di uccidere è subdolo. Non colpisce solo il cavatore e l'operaio che fabbrica prodotti che lo contengono; uccide l'edile che maneggia le coperture di eternit come la lavoratrice tessile, il fornaio, chi fa riparazioni delle tubature in cemento amianto degli acquedotti, chi fa autoriparazioni, il ferroviere, il portuale, chi movimenta l'amianto. E uccide anche le casalinghe che hanno lavato le tute da lavoro dei loro mariti, i mariti, i bambini che giocano nelle vicinanze di una fonte di inquinamento, una quantità di persone che non sanno neppure quale può essere stato il momento del contatto con la fibra killer.

Permettetemi una piccola digressione rispetto al contenuto delle mozioni: un aspetto importante in tutta la vicenda amianto è certamente costituito dalla contribuzione previdenziale dei lavoratori esposti. Senza entrar nel merito delle storture, delle ingiustizie, delle leggerezze commesse nel corso degli anni, dal 1992 in poi, anno della legislazione in materia, cosa che comunque farò in ogni provvedimento che me ne darà occasione, abbiamo tra Camera e Senato una moltitudine di proposte di modifica e aggiustamento degli errori commessi nel corso del tempo in materia di previdenza e amianto. Da ultima e non ultima, una evidente contraddizione: dopo avere previsto un coefficiente più alto ai fini delle prestazioni pensionistiche (in virtù di una aspettativa di vita purtroppo ridotta) non viene considerata questa situazione ai fini dei requisiti per l'accesso alla pensione anticipato rispetto ai 62 anni di età, penalizzando di fatto questi lavoratori con la riduzione dell'assegno pensionistico. 
  Una penalizzazione che va senza dubbio recuperata, per senso civico, ma anche per un banale, se vogliamo, senso di equità e giustizia, così come andrebbe rivisto e riconsiderato tutto il capitolo legato a coloro che hanno contratto una malattia asbesto correlata che rischiano purtroppo di non raggiungere neppure il traguardo della pensione, una semplice modifica che potrei definire in una sola parola: civiltà. 
  Ma ritorniamo al contenuto delle mozioni di cui ci occupiamo oggi: attraverso la legge n. 93 del 2001 ed il relativo decreto ministeriale n. 101 del 2003, è stata posta in capo al Ministero dell'ambiente la realizzazione, di concerto con le regioni, della mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale. 
  Le modalità di esecuzione di detta mappatura sono state concordate e definite a livello nazionale con le stesse regioni, coadiuvate da INAIL, che hanno creato un apposito gruppo interregionale sanità ed ambiente. 
  Sono stati cosi mappati, ad oggi, circa 34.000 siti interessati dalla presenza di amianto in 19 regioni mentre Calabria e Sicilia non hanno ancora trasmesso alcun dato. I dati pervenuti sono stati trasposti in un sistema informativo territoriale (SIT), predisposto da INAIL, costituito da strumenti hardware software, che consente di ottenere una corretta catalogazione e gestione delle informazioni sulle reali situazioni di rischio amianto presenti su tutto il territorio nazionale. 
  Da tale mappatura è emersa la presenza di numerose situazioni di interesse pubblico quali presenza di amianto in scuole, ospedali e case di cura, caserme, biblioteche e, in generale, uffici aperti al pubblico. 
  Le risorse assegnate alle regioni per tale attività di mappatura risultano esaurite. 
  A legislazione vigente, le attività di messa in sicurezza di emergenza, caratterizzazione e bonifica relativamente a detti 34.000 siti, ad eccezione dei siti di interesse nazionale, rimangono di competenza regionale. 
  È stato quindi possibile individuare circa 380 casi di siti a maggior rischio, tra i quali ricordiamo quelli che richiedono interventi più urgenti: 4 impianti industriali tra attivi e dimessi; 319 edifici pubblici e privati. Tra questi ultimi : 37 tra ospedali, case di cura, collegi, case di riposo; 116 scuole di ogni ordine e grado e istituti di ricerca; 86 uffici della pubblica amministrazione; 27 impianti sportivi; 8 biblioteche.

A tutto ciò si aggiunge un altro grave problema: è nota la drammatica carenza di siti di smaltimento. L'INAIL ha verificato che, a giugno 2013, risultano attivi sul territorio nazionale ventidue impianti di smaltimento (solo uno per rifiuti pericolosi), per una capacità totale e teorica di circa 3,4 milioni di metri cubi. Il 74 per cento circa di tale volumetria è però concentrato in Toscana, Lombardia e Liguria. Solo poco più del 50 per cento della volumetria totale è destinato ai materiali da costruzione contenenti amianto. Risultano in fase di autorizzazione, con esiti ancora incerti, solo circa altri 1,9 milioni di metri cubi. Non può, quindi, sfuggire la necessità impellente di disporre di ulteriori siti di smaltimento diffusi sul territorio nazionale. 
  Tutto ciò in attesa che possano trovare applicazione i «Trattamenti che modificano completamente la struttura cristallo-chimica dell'amianto» e che, quindi, ne annullano la pericolosità, di cui al decreto ministeriale 29 luglio 2004, n. 248. Allo stato, non esistono sul territorio nazionale impianti operativi di tale tipologia. 
  L'Italia ha, però, un Piano nazionale amianto predisposto dal Governo all'inizio del 2013, oggi praticamente sospeso per mancanza di copertura finanziaria. Dalla Conferenza nazionale sull'amianto promossa del Governo a novembre 2012, dalla quale è scaturita la redazione del Piano nazionale, che prende in considerazione i piani sanitario, ambientale e previdenziale, non si è più affrontato il problema in termini concreti. 
  E, purtroppo, ancora molto poco è stato fatto sul fronte del risanamento ambientale e dello smaltimento dei materiali contenenti amianto, dell'avvio di un'efficace sorveglianza sanitaria ed epidemiologica per gli esposti e della garanzia di risarcimento per le vittime. 
  Le bonifiche vanno a rilento, il censimento non viene fatto e in tutto il Paese aumentano le discariche abusive e il rischio amianto. Occorre agire subito e in modo concreto: smaltimento e bonifica devono essere le priorità per portare a zero il rischio connesso con l'esposizione alla fibra pericolosa. Sono passati ventidue anni, come dicevo, dall'entrata in vigore della legge che ha proibito l'estrazione, la lavorazione e la commercializzazione dell'amianto e siamo drammaticamente in ritardo rispetto a quello che si sarebbe potuto e dovuto fare per arginare l'emergenza sanitaria provocata dall'esposizione all'amianto. 
  Ogni anno, nel nostro Paese, sono 4 mila le vittime a causa dell'esposizione alla pericolosa fibra. Le stime parlano di oltre 34.148 siti ancora da bonificare per oltre 32 milioni di tonnellate di amianto sparso in tutto il Paese. Come dicevo, di questi, 380 sono i casi a maggior rischio. È necessario avviare le bonifiche immediatamente, tanto sui grandi siti industriali inseriti nel Programma nazionale di bonifica, quanto sulle emergenze locali riguardanti la presenza di amianto in edifici e strutture pubbliche, a partire da scuole e ospedali, e nelle strutture private. 
  Occorre completare, come dicevo, il censimento che ancora oggi procede a macchia di leopardo. Devono inoltre essere utilizzate al meglio tutte le opportunità oggi vigenti per la rimozione dell'amianto dai tetti e dalle altre strutture in cui ancora oggi è presente, nonché ripristinare gli incentivi per la sostituzione delle coperture in cemento-amianto con il fotovoltaico, come riportato nello stesso Piano nazionale. Si stima che un investimento di circa 20 milioni di euro consentirebbe la bonifica di oltre 10 milioni di metri cubi. 
  Oggi esportiamo ancora circa il 75 per cento dei rifiuti contenenti amianto soprattutto in Germania e Austria e questo incide molto sugli elevati costi complessivi di bonifica. Una situazione che non può assolutamente continuare. 
  Un ruolo importante si gioca anche a livello regionale e locale. È necessario che tutte le regioni si adoperino per l'attuazione dei piani regionali sull'amianto, prevedendo le risorse economiche necessarie per uniformare e calmierare i costi dell'intervento in modo da facilitare la bonifica da parte dei comuni e dei singoli cittadini. Particolare attenzione deve essere infine rivolta all'informazione sui rischi derivanti dall'esposizione alle fibre di amianto dovuta al deterioramento e allo smaltimento illegale delle strutture in cemento-amianto dismesse, e sul comportamento da adottare quando si ha a che fare con strutture contaminate in casa, a scuola o presso i luoghi di lavoro e i rischi per la salute connessi. 
  Solo cambiando l'approccio dimostrato fino ad oggi nella lotta all'amianto in l'Italia sarà possibile quella svolta auspicabile e quanto mai necessaria alla luce delle evidenze sanitarie in chi lo ha purtroppo inalato. Sta al Governo centrale e alle regioni dimostrare con atti concreti che questo è un obiettivo condiviso. Mi auguro che la mozione in oggetto che abbiamo presentato possa davvero dare un contributo importante a questa situazione.