Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 1 Aprile, 2019
Nome: 
Roberto Morassut

Grazie, Presidente. Il 15 marzo i giovani e gli studenti di tutto il mondo, sull'esempio della studentessa svedese Greta Thunberg, hanno invaso le piazze per chiedere ai rispettivi Capi di Stato un impegno più forte per contrastare i cambiamenti climatici e salvare il pianeta. In Italia centinaia di migliaia di ragazze e di ragazzi hanno dato vita a cortei e manifestazioni interpretando un messaggio potente di cambiamento e chiedendo con urgenza azioni concrete e radicali. I cambiamenti climatici in atto, come dimostrato dalla comunità scientifica internazionale, riunita nell'Intergovernmental panel on climate change, sono determinati dall'attività umana, in particolare dall'uso dei combustibili fossili, e rischiano di compromettere in maniera irreversibile la sicurezza e la sopravvivenza stessa del pianeta e degli esseri viventi. Eventi climatici estremi sono all'origine di conflitti e migrazioni di massa che sconvolgono la vita di milioni di persone, la distruzione delle risorse naturali e il livello di inquinamento degli oceani, del suolo e dell'aria e hanno impatti devastanti sulla salute umana e sulla qualità dell'ecosistema. Secondo importanti pubblicazioni specialistiche, entro il 2100, varie zone del globo diverranno addirittura inabitabili, proprio a causa di abbinamento, letale per gli esseri umani, di umidità e calore, generati dai cambiamenti climatici. I Paesi interessati da questi fenomeni potrebbero essere addirittura territori altamente popolati come la parte orientale di Cina e Stati Uniti, oltre che l'Amazzonia, l'India del nord e, per quanto riguarda le nostre coste, vaste zone dell'Africa.

Secondo l'ultimo rapporto dell'Ipcc abbiamo soltanto undici anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale; l'organismo scientifico dell'ONU ha invitato tutti i legislatori e i Governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente: la riduzione delle emissioni di gas serra, in particolare di anidride carbonica, attraverso il ricorso alle energie rinnovabili, alla mobilità elettrica, all'efficienza energetica, al riciclo dei rifiuti e alla riduzione del consumo di carne, puntando alla rimozione della CO2 attraverso la riforestazione di vaste aree del pianeta fino a consigliare la cattura dell'anidride carbonica e il suo stoccaggio in depositi sotterranei. L'Accordo di Parigi sul clima, raggiunto il 12 dicembre 2015 nell'ambito della conferenza sui mutamenti climatici COP 21 ed entrato in vigore il 4 novembre 2016, ha riunito per la prima volta 195 Paesi del mondo in un accordo globale giuridicamente vincolante per combattere il cambiamento climatico. L'Accordo ha definito un piano d'azione per contenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 gradi centigradi rispetto al livello precedente alla rivoluzione industriale e di puntare a contenere tale incremento entro 1,5 gradi centigradi. L'Accordo ha poi definito un processo di monitoraggio e revisione periodica degli obiettivi, necessario a indirizzare i singoli contributi nazionali determinati volontariamente verso l'obiettivo condiviso di ridurre le emissioni climalteranti.

Nonostante la portata storica dell'Accordo di Parigi, siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con molta lentezza e fatiche per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose capaci di superare un modello di sviluppo ormai insostenibile sotto il profilo ambientale ma anche sociale ed economico. Nella recente COP 24, cioè la Conferenza delle parti della Convenzione internazionale sui cambiamenti climatici, tenutasi a Katowice, in Polonia, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento degli impegni assunti dai membri della Comunità internazionale; elemento positivo è stato aver dotato l'Accordo del 2015 di linee guida (rulebook) per la sua attuazione dal 2020, mentre non sono stati concordati impegni sull'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso. Lo scorso mese di dicembre Germanwatch ha pubblicato il Climate change performance index, dal quale si evince che l'Italia esce dal gruppo dei Paesi migliori. Il nostro Paese presenta buone performance in tutti e tre gli indicatori quantitative - emissioni, rinnovabili e consumi energetici - posizionandosi al terzo posto nel G20. Tuttavia. il nostro Paese presenta un trend e delle prospettive di crescita del tutto insufficienti a rispettare gli impegni di Parigi, anche a causa della scarsa ambizione della SEN, strategia energetica nazionale, su cui si è completamente basato anche il piano integrato energia e clima predisposto dall'attuale Governo. Retrocedono con noi la Francia, in ventunesima posizione, e la Germania in ventisettesima, ma hanno fatto passi indietro anche Paesi solitamente molto virtuosi come la Norvegia e la Finlandia.

Il piano nazionale integrato per l'energia ed il clima, siglato dai tre Ministeri dello Sviluppo economico, dell'Ambiente e delle Infrastrutture e dei trasporti, è stato inviato in bozza a Bruxelles lo scorso 8 gennaio, avviando la procedura che porterà entro dicembre 2019 alla fine dell'iter europeo, all'approvazione definitiva del piano nazionale integrato che avrà valore normativo vincolante e sanzionabile. L'attuale proposta di piano nazionale integrato per l'energia e il clima appare, quindi, inadeguata per realizzare le ambizioni di un Paese come l'Italia che aspira a collocarsi come capofila nella transizione energetica ed intende sostenere il suo sistema di imprese a sviluppare maggiore competitività, a risparmiare nei costi energetici e ad autoprodurre l'energia di cui ha bisogno, nonché a sviluppare politiche efficaci di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Il piano contiene obiettivi nazionali inferiori a quelli già fissati in sede europea e necessari per rispettare i contenuti dell'Accordo di Parigi: il target di riduzione delle emissioni europee al 2030 è del 40 per cento, mentre quello fissato dal piano italiano si ferma al 37 per cento; l'obiettivo quantitativo di energia prodotta da fonti rinnovabili a copertura dei consumi finali lordi è previsto dall'Europa al 32 per cento, mentre l'Italia fissa un obiettivo più basso e si ferma a malapena al 30 per cento.

Nel piano adottato dal Governo italiano non si prevede alcun obiettivo di phase-out dai veicoli a benzina e diesel, manca un traguardo di lungo periodo e ogni impegno rispetto all'orientamento assunto al Parlamento europeo di arrivare alla carbon neutrality entro il 2050; si rivela al contrario in questo modo come l'Italia sia stata riluttante su quest'ultimo punto in occasione proprio del Consiglio europeo dello scorso 22 marzo.

Infine si evidenzia che la proposta di piano riporta un elenco articolato di misure senza la quantificazione di tutte le misure specifiche e delle relative coperture economiche, rendendo impossibile valutare l'effettiva adeguatezza degli strumenti prospettati in relazione agli obiettivi indicati. Inoltre la mancata attuazione della direttiva firmata il 16 marzo 2018 dal Presidente del Consiglio in carica che prevedeva la costituzione presso il Consiglio dei ministri della Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile e l'indicazione di molte delle iniziative previste dalla strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, approvata dal CIPE nel dicembre 2017, ha di fatto bloccato ogni sviluppo in tale direzione. La portata e l'urgenza della crisi climatica richiedono quindi con forza, in Italia e in Europa, un più forte impulso all'affermazione di un nuovo modello di sviluppo fondato sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale e sulla lotta alle disuguaglianze, anche generazionali, derivanti dall'esposizione agli impatti dei cambiamenti climatici. La sostenibilità ambientale, ancora oggi percepita come vincolo, rappresenta al contrario, se interpretata in modo positivo e di concerto con gli attori economici e sociali, una straordinaria opportunità di sviluppo, innovazione e competitività per il tessuto industriale e produttivo. L'Italia, nel contesto europeo, può giocare un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico e della tutela del paesaggio, del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibile ed ecologiche coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile e delle istituzioni universitarie. L'Italia può raccogliere la leadership nel contrasto dei cambiamenti climatici con un suo contributo importante e concreto, costruito in sinergia con gli altri partner europei, candidandosi con il massimo impegno ad ospitare la prossima Conferenza sul clima nel 2020, così come annunciato dal Governo italiano in occasione della COP 24 di Katowice.

Per questo motivo la nostra mozione chiede al Governo di impegnarsi a perseguire con la massima efficacia ogni azione utile per sostenere la candidatura dell'Italia quale Paese ospitante della COP 26 del 2020, coinvolgendo il Parlamento nel percorso da intraprendere per il raggiungimento di questo importante obiettivo e ad attuare politiche necessarie alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e al raggiungimento degli impegni assunti a livello internazionale, attraverso un programma di azioni che siano finalizzate ad accelerare la transizione energetica per ridurre le emissioni di CO2 in tutti i settori produttivi, attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, l'utilizzo di fonti rinnovabili, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e il progressivo superamento della dipendenza dai combustibili fossili, a realizzare una fiscalità ambientale che riduca fino ad azzerarli gli incentivi ai combustibili fossili e i sussidi ambientalmente dannosi, a investire in un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici, ad avviare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di rigenerazione urbana, di contrasto al nuovo consumo di suolo e all'abusivismo edilizio, ad accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare, basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua, su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti alla riduzione della loro produzione e al recupero di materia ed energia, infine, favorire la transizione verso la mobilità elettrica, destinando il 50 per cento degli investimenti in infrastrutture per la mobilità sostenibile nelle città e per il trasporto pubblico collettivo e condiviso.

Ancora, la nostra mozione chiede al Governo di impegnarsi a modificare il piano nazionale integrato per l'energia e il clima, al fine di approvare nei tempi previsti uno strumento coerente con gli obiettivi europei e internazionali, stabiliti nell'accordo di Parigi del 2015, in materia di contrasto ai cambiamenti climatici. In particolare, a fissare un target di riduzione delle emissioni al 2030, pari o, se possibile, superiore a quello europeo del 40 per cento e una quota di energia prodotta da fonti rinnovabili significativamente superiore al 32 per cento entro il 2030, oggi prevista a livello europeo; a quantificare tutte le misure specifiche e le relative fonti di copertura al fine di rendere possibile valutare l'effettiva adeguatezza degli strumenti prospettato in relazione agli obiettivi indicati, e a sostenere a livello europeo la proposta di arrivare alla carbon neutrality entro il 2050.

Quindi, chiediamo di impegnarsi ad attuare la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, rendendo pienamente operativa la Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile, già prevista, come detto in apertura, dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 marzo del 2018 e ottemperando all'impegno dei singoli Ministeri di condurre un'analisi di coerenza tra le azioni programmate per il triennio successivo, i contenuti della strategia nazionale e i risultati della valutazione annuale della sua attuazione. Infine, chiediamo di sostenere le iniziative legislative volte a promuovere l'inserimento del principio dello sviluppo sostenibile in Costituzione.