Data: 
Lunedì, 13 Ottobre, 2014
Nome: 
Khalid Chaouki

Vai alla scheda della mozione

Presidente, mi sembrava giusto testimoniare innanzitutto il nostro ringraziamento al collega Nicoletti e alla Presidenza per avere introdotto finalmente questo tema anche nell'ordine del giorno, in vista degli impegni europei del nostro Governo e cercando di sfruttare al massimo questa opportunità, che è la Presidenza del semestre europeo, per portare avanti quella che è l'evoluzione di una discussione riguardante il tema dell'asilo dei rifugiati in un contesto, che è bene ricordarlo anche qui, ci vede davanti a una tragedia umanitaria che riguarda milioni di persone a pochi passi da noi.
  Noi oggi dobbiamo parlare di «Dublino III» richiamando l'Europa anche al rispetto delle proprie responsabilità, cioè a quello che sta avvenendo appunto – ed è stato ricordato qui dalla collega Santerini – nella città di Kobane, quello che sta avvenendo appunto in Iraq, con la persecuzione e la pulizia etnica nei confronti di cristiani, yazidi, sciiti e di tantissime donne e uomini che vengono oggi uccisi, che vengono oggi schiavizzati in nome di una loro fede, in nome di una loro etnia. Questo oggi noi non possiamo più vederlo semplicemente come una parentesi a cui guardare con indifferenza.
  Io credo, e crediamo, che sia una nostra responsabilità oggi quella di fare attenzione a non ripetere quello che è successo nella storia, anche relativamente recente, del nostro continente. Non stiamo parlando di immigrazione, non stiamo parlando di persone che vengono qui per cercare un lavoro, ma stiamo parlando di centinaia di persone che sono in fuga da una morte certa.
  E se forse rispetto alle tragedie dell'Africa subsahariana, rispetto a quello che avveniva e avviene in Somalia, in Eritrea, in Sudan, lo riteniamo un po’ distante – forse la comunicazione non è stata in grado di illustrarcelo bene – quello che sta avvenendo invece in Siria e in Iraq è una realtà purtroppo talmente tragica, di fronte alla quale noi non possiamo per niente essere complici di chi oggi in modo irresponsabile invoca di girarci dall'altra parte, invoca l'indifferenza, invoca il respingimento.
  Questo penso non possa essere oggi accettabile, non dico da parte di una forza politica, ma dico dalla civiltà, grazie alla quale l'Europa è quella che è, nonostante tutti i suoi limiti, e di fronte a quelle responsabilità noi vogliamo oggi richiamarla. Qualche giorno fa abbiamo ricevuto qui delegazioni di donne curde provenienti proprio da Kobane, abbiamo ricevuto un'altra delegazione di cristiani da Ninive e tutti quanti oggi ci chiedono accoglienza, ci chiedono un'accoglienza temporanea – voglio dire – perché sperano ovviamente di poter rientrare nelle loro case appena possibile.
  E allora, di fronte a questo, davvero il mio invito e l'auspicio è quello di fare un fronte unico per una volta, una volta per tutte, per cercare di rispondere a quello che è appunto un dovere morale e direi anche un dovere della nostra Costituzione.
  Non c’è più il collega Di Stefano, ma ai cittadini che ovviamente faticano molte volte a comprendere il perché di questo flusso enorme noi dovremmo avere anche la responsabilità e il ruolo semmai di spiegare che l'Europa è quello che è perché è anche frutto di un'evoluzione di una civiltà, di un'umanità, di un credo per chi è credente, e queste non sono semplicemente solidarietà e carità, sono anche valori del diritto.
  E proprio il nostro Parlamento oggi ospita quello che è un vertice importantissimo dal punto di vista del responsabile dei diritti fondamentali all'interno delle istituzioni europee. E allora, noi dobbiamo avere la responsabilità oggi di guidare l'opinione pubblica europea e nazionale verso quella che è una consapevolezza che ci pone di fronte a delle sfide sicuramente epocali, che fanno i conti con una crisi economica, con quelle che sono le difficoltà della nostra società, ma guai a noi se fossimo solo per un millesimo complici nell'alimentare queste paure, queste diffidenze e questa guerra tra poveri. Il nostro compito semmai è alimentare una cultura dei diritti sempre più ampi per tutti, quello di alimentare una cultura della solidarietà che però appunto tragga sostanza dalle nostre norme, da quello che scrissero anche i padri fondatori della nostra Costituzione e della Carta europea dei diritti umani, così come della Carta delle Nazioni Unite.
  Noi dobbiamo oggi tener presente che abbiamo una grande possibilità che è quella di guidare l'Europa ad essere finalmente una vera Europa dei popoli che riesca finalmente a farsi corresponsabile e compartecipe anche di fronte alla sfida della accoglienza. Non sono chiacchiere le nostre e devo dare atto al lavoro del collega Nicoletti, alla delegazione italiana al Consiglio d'Europa, di cui mi onoro di far parte, e a quello che è il lavoro del Governo italiano che ha introdotto nel vocabolario anche dei documenti e delle conclusioni degli ultimi vertici dei Ministri europei le parole: salvare le vite umane, che sono rientrate come elemento di priorità. Non è un elemento scontato nella purtroppo grave ipocrisia che oggi ci vede, anche nelle discussioni, negoziare con imbarazzo con i colleghi europei rispetto a quello che è un dovere di tutti di salvare le vite umane, oltre a quello, ovviamente, di rafforzare i controlli nei confronti di chi alimenta oggi la criminalità organizzata e il traffico di esseri umani, oltre che cercare di negoziare con questi nuovi Governi nel Mediterraneo la possibilità di gestire insieme la lotta al traffico di esseri umani e a costituire in quei luoghi, come si chiede anche nelle mozioni, in tutte le mozioni direi, centri di accoglienza nei Paesi di transito. Dico che non sono chiacchiere come è stato invece qui detto; sono finalmente parole nuove che entrano in un vocabolario ribadito anche – e ci fa piacere – dal neocommissario delegato all'immigrazione, l'ex Ministro greco, così come appunto nei documenti ufficiali europei, così come attraverso l'operazione Triton che include comunque un supporto importante all'operazione Mare Nostrum, che auspichiamo possa conseguire una cornice europea, introducendo gli elementi che noi chiediamo oggi, cioè una divisione in quote a livello di Paesi europei dei profughi che comunque inevitabilmente arriveranno e che almeno noi non vogliamo assumerci la responsabilità di lasciare morire in mare, perché di questo si tratta.
  Chi oggi dice «chiudiamo Mare Nostrum» deve dirci qual è l'alternativa. È quella di lasciarli morire in mare ? Dico: abbiate la responsabilità di poterlo affermare. Credo che, ovviamente, chiunque condivida la civiltà degli esseri umani e la dignità delle persone non possa affermare, ovviamente, una tale cattiveria, e quindi troviamo insieme delle soluzioni, ma evitiamo di buttarla in propaganda, perché Mare Nostrum, oggi, è tutt'altro che uccidere delle persone, come è stato detto in passato.
  Noi dobbiamo, semmai, ringraziare gli operatori del mare, i pescatori, la Marina militare, le capitanerie di porto per il grande lavoro, il sacrificio e la forza che hanno tutti i giorni nel salvare vite umane. Solo chi ha visto quegli sguardi e ha ascoltato quelle storie può oggi capire la funzione di Mare Nostrum, con tutte le sue difficoltà – nessuno dice che sia un'impresa facile, né banale, né scontata, e nemmeno gratuita, perché, purtroppo, comporta anche un sacrificio – e nessuno, oggi, può negare che quella operazione sicuramente porti una grande medaglia sul petto a tutti quanti, a tutta l'Italia e a tutti gli italiani, indipendentemente dal colore politico e dall'orientamento ideologico.
  È una medaglia, finalmente, sul petto di tutti gli italiani, perché, per la prima volta nella storia del Mediterraneo, vi è un'operazione portata avanti dalla Marina militare che ha salvato più di 140 mila persone. Questo penso debba essere riconosciuto per onestà da tutti. Non basta, e tutti quanti lo diciamo. Per questo, riteniamo sia fondamentale e prioritario negoziare con forza per rivedere il protocollo di Dublino, un protocollo che, da quando è stato attuato in tutte le sue modifiche... Vi sono stati Governi di destra, quindi non voglio adesso scendere in polemica, però dobbiamo anche interrogarci sul perché, in tutte le varie sedi, evidentemente, chi avrebbe dovuto anche chiedere, pretendere, un aggiustamento, vista anche la nostra esposizione nel Mediterraneo, in quei momenti, in quelle sedi, non abbia avuto la forza di farlo, come oggi, finalmente, invece, viene posto all'ordine del giorno, in modo anche trasversale, con colleghi di tutti i partiti, affinché vi sia una revisione, e questa revisione pensiamo che ci sarà nei prossimi mesi e sarà un risultato di tutti, e non solo del Partito Democratico o delle forze che sono state tradizionalmente a favore di una modifica in tal senso.
  Concludo dicendo che noi, nei confronti di quello che sta succedendo oggi in Medio Oriente, in Siria e in Iraq, dobbiamo chiedere che la Turchia, immediatamente, possa aprire un corridoio umanitario per i profughi e gli esuli; però, nello stesso momento, l'Europa non può fare orecchie da mercante, perché sappiamo anche che il 90 per cento degli esuli dalla Siria...in questi ultimi quattro anni – concludo – pesano sui Paesi confinanti. Quindi, la Turchia, come altri Paesi, già hanno sui loro territori più del 90 per cento dei profughi che sono in fuga e che sono stati in fuga in questi quattro anni dalla guerra sanguinosa in Siria.
  Quindi, non possiamo sicuramente limitarci a chiedere alla Turchia di aprire un corridoio umanitario, ma ci rivolgiamo con urgenza al Governo affinché si faccia rappresentante di una richiesta di una modalità nei confronti di tutti i Paesi europei, affinché vi sia una possibilità, anche temporanea, di apertura per almeno le minoranze religiose, e le minoranze cristiane in particolare, perché, altrimenti, rischiamo di trovarci di fronte ad una crisi senza precedenti, che, purtroppo, potremmo ritrovarci sulla coscienza tutti quanti.