Data: 
Lunedì, 15 Febbraio, 2016
Nome: 
Paolo Petrini

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Presidente, sottosegretario, colleghi, credo sia opportuno contestualizzare questa vicenda del bail-in e la particolare situazione economico-finanziaria che sta attraversando non solo il mondo intero ma in particolare l'Europa e l'Italia. Vorrei ricordare, soprattutto per quel che riguarda l'Italia, cosa è successo dal 2008 sino ad oggi: abbiamo perso il 10 per cento di PIL in termini reali, il 25 per cento di produzione e sono fallite quasi 100 mila aziende, tant’è che nelle sottostanti, pesanti sofferenze bancarie solo il 15 per cento è rappresentato da immobili residenziali, mentre l'85 per cento da immobili produttivi, proprio a testimonianza del tifone che si è abbattuto sulla nostra struttura economica, fatta da piccole e medie imprese che dipendevano totalmente dal sistema bancario per svolgere la propria attività e con un sistema bancario che dipendeva totalmente da queste piccole e medie impresse per le sue performance, che quindi sono immediatamente cadute, tant’è che le sofferenze sono aumentate. I crediti deteriorati sono aumentati di quattro volte, dal 2008 fino al 2015: dagli 85 miliardi di euro lordi di crediti deteriorati del 2008 siamo arrivati oggi ai 360 miliardi di euro lordi; una situazione difficile, complicata, che ci vede purtroppo in buona compagnia in Europa, ma che ci vede tra i più esposti, proprio, come dicevo, per via della nostra particolare struttura economica e per la dipendenza delle impresse unicamente dal sistema bancario in termini di finanziamento. Come sapete, questa situazione ha portato nel corso del tempo alla stratificazione di una serie di norme che hanno tentato di rafforzare il sistema bancario europeo, migliorando i parametri, soprattutto attraverso continue ricapitalizzazioni con le quali si cercava proprio di far fronte ai rischi; ricapitalizzazioni che hanno reso le nostre banche più sicure ma meno in grado di svolgere la loro attività, che è quella di prestare soldi ai cittadini, alle famiglie e alle imprese per far sì che l'economia possa crescere e progredire. Soprattutto, l'intreccio che nel corso del tempo ha visto soprattutto i nostripartner europei far sì che queste ricapitalizzazioni avvenissero attraverso il contributo pubblico ha indotto la stessa Commissione europea a rompere questo circuito, che stava diventando molto pericoloso – naturalmente anche per i bilanci dei diversi Stati –, e ammettere nuove regole, che naturalmente stanno sotto il cappello dell'Unione bancaria europea, che vede una vigilanza unica a cui si danno anche strumenti diversi rispetto al passato in termini anche di prevenzione e quindi di maggior capacità di intervento in quelle che sono le situazioni patologiche delle nostre banche; poi, naturalmente c’è anche l'aspetto che è al centro delle mozioni in discussione oggi, cioè quello legato alla risoluzione delle banche in crisi e al meccanismo del bail-in, che appunto, nella sua terminologia inglese, si distingue dal bail-out, che era la situazione precedente, caratterizzata proprio da un salvataggio esterno, mentre in questo caso le risorse devono essere cercate e trovate all'interno. Che cos’è quindi il bail-in, qual è il suo obiettivo principale ? Il suo obiettivo principale è quello di poter ricapitalizzare le banche allo scopo di far sì che l'attività di queste posta continuare, soprattutto di quelle naturalmente più grandi, che non hanno alternativa, da questo punto di vista. Se oggi sospendessimo il bail-in, in assenza di un meccanismo alternativo per ricapitalizzare le banche, che cosa accadrebbe ? 
Io credo che una situazione difficile sarebbe trasformata immediatamente in una tragedia. Credo che nostro dovere non sia quello di rimuovere le regole appena messe in piedi, assegnandogli la responsabilità di tutto il male del mondo, senza approntare nessuna soluzione alternativa. Credo sia questo il nostro dovere e, per quel che riguarda il Partito Democratico, noi crediamo fermamente che questo sia uno di quei casi in cui non bisogna tornare indietro ma andare avanti, in maniera forte e determinata. Quello che è il sistema messo in piedi dall'Europa, il sistema dell'Unione bancaria, che, ricordo, è stato messo in piedi in pochissimo tempo ed è un sistema complessissimo, che naturalmente doveva esser messo in piedi anche per la trasformazione, al di là della crisi che ha avuto il nostro sistema bancario, che si è internazionalizzato, ha bisogno di un completamento, che naturalmente, nell'immediato, nei tempi più brevi possibili, non può che essere quello dell'assicurazione dei depositi, cioè della mutualizzazione dei rischi attraverso tutti gli Stati europei, in maniera tale che non vi siano differenze nei diversi sistemi bancari. Il bail-in già rispondeva a questo, perché naturalmente i costi di raccolta in Germania erano più bassi che in Italia, quando le banche erano garantite dallo Stato. Ma così è ancora, proprio perché manca quest'ultimo tassello dell'Unione bancaria, che consiste appunto nella tutela dei depositi e nella mutualizzazione di questo rischio. Il bail-in, voglio ricordarlo, è un sistema che naturalmente impone di pagare le crisi a coloro che, in prima battuta, sono i proprietari della banca, cioè gli azionisti e i detentori di obbligazioni subordinate, cioè di obbligazioni non garantite, e poi, successivamente, anche ai normali obbligazionisti e ai detentori di depositi sopra i 100 mila euro, perché, come sappiamo, fino a 100 mila euro c’è la tutela del Fondo interbancario di garanzia. Sappiamo già – perché questo ci dicono i parametri delle nostre banche, che sono migliorati proprio attraverso l'opera di continua ricapitalizzazione che c’è stata nel corso del tempo – che, se anche oggi ci fosse una crisi diffusa nel nostro sistema bancario, non si arriverebbe neanche alle obbligazioni se non solo in qualche caso, ma certamente non per le prime tredici banche italiane; non si arriverebbe mai ai depositi, né ai depositi dei singoli risparmiatori né tanto meno ai depositi corporate, quelli delle nostre imprese, perché il sistema, malgrado sia appesantito da quest'enorme massa di crediti deteriorati, è un sistema solido, che però non riesce a fare il proprio mestiere, che, come dicevo prima, consiste appunto nel prestare denaro. Allora, è proprio questo uno degli altri obiettivi che deve caratterizzare l'azione del Parlamento e di questo Governo: insieme al completamento dell'Unione bancaria, deve essere messa in piedi una discussione che, finalmente, così come è stato fatto negli Stati Uniti d'America, si proponga di affrontare in maniera più solidale questo tipo di vicende. Io credo che un sistema comune di smaltimento delle sofferenze sia una delle questioni che dovremmo mettere in piedi. Credo che ci voglia una capacità propositiva non semplice, ma certamente non riusciremo a raggiungere i nostri obiettivi se continuiamo a parlare di banche scomode per il Governo o di banche amiche del Governo, individuando con questi termini esattamente le quattro banche che il Governo ha salvato il 22 novembre scorso; ma le ha salvate permettendo loro di continuare a fare servizi utili per le comunità dove risiedono. Servizi che oggi permettono ancora a quelle economie di poter sperare di riemergere da questa crisi così drammatica.