Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 16 Febbraio, 2016
Nome: 
Paolo Petrini

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Presidente, capisco molto bene che in tempi difficili come quelli che viviamo i professionisti dello sfascio si esercitino in performance di questo genere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ma credo che ogni volta dovremmo fare attenzione a quello che è il nocciolo della questione e non al teatro che si organizza intorno e ricordare in particolare quello che è stato l'obiettivo di questo strumento, di questo bail-in che si cita molto a sproposito pure in quest'Aula: l'obiettivo del bail-in è quello di consentire la ricapitalizzazione di una banca insolvente per consentirgli di continuare la propria attività. E chi dovrebbe farla questa ricapitalizzazione ? Dovrebbe farla il socio, dovrebbero farla gli investitori dalla banca o la dovrebbe fare il cittadino contribuente ? Noi abbiamo scelto, con questo strumento, che debba essere il socio, che debba essere principalmente l'investitore, invece oggi, qui, in quest'Aula, che cosa si chiede ? Non si chiede di cambiare questo strumento per sostituirlo con un altro che magari ci consenta in misura più efficace di rispondere all'obiettivo di ricapitalizzare le nostre banche in crisi, ma semplicemente si dice: aboliamo questo strumento e lasciamo poi che il mercato faccia il suo dovere, il suo percorso, la sua traiettoria. Ebbene no, non siamo di questo parere. Noi crediamo che, nel momento in cui questo strumento mostrasse pure delle crepe, abbiamo il dovere di indicarne uno nuovo per raggiungere l'obiettivo e soprattutto per non creare maggior panico nei mercati. Immaginate cosa accadrebbe oggi se all'improvviso quella che è stata la costruzione dell'Unione europea per rispondere alla crisi del settore bancario e del debito sovrano venisse all'improvviso cancellata, cioè quello che abbiamo costruito anche positivamente come la vigilanza unica e il meccanismo unico di risoluzione venissero cancellati e sostituiti dal niente o sostituiti da quello che esisteva prima, cioè, in Italia, da una liquidazione coatta amministrativa ? Certamente non, collega Paglia, dall'intervento dello Stato. Quando mai i mercati oggi crederebbero all'intervento dello Stato nella ricapitalizzazione delle banche in difficoltà ? Di che cosa parliamo ? Parliamo di una cosa che non esiste ! È una cosa che non esiste ! Questa risoluzione che l'Unione europea ha cercato di mettere a comune denominatore avvantaggia soprattutto le banche italiane, perché sono le banche italiane che sopportavano i maggiori costi del precedente regime. Infatti, la raccolta delle banche tedesche era fatta più a buon mercato, visto che godevano della garanzia implicita del loro Stato, mentre la garanzia dello Stato italiano valeva meno visto il suo debito pubblico, quindi la raccolta delle banche italiane era più costosa. Lo sappiamo molto bene che era così e che era questo uno dei punti principali dell'intreccio tra la crisi del settore bancario e quella del debito sovrano che questa nuova normativa si è proposta di cancellare. Poi, oggi chi crede davvero che la crisi sui mercati finanziari sia legata al bail-in ? Veramente solo chi non ne conosce nessun principio e nessuna regola. Il settore bancario, che ha perso il 22 per cento in Italia, ha avuto una perdita del 20 per cento negli Stati Uniti e del 36 per cento in Giappone. Una banca come J.P. Morgan ha perso il 36 per cento, negli Stati Uniti, e queste perdite sono legate ai timori sulla ripresa economica, ai timori sulla crisi cinese, a timori che certamente non hanno nulla a che fare con questo strumento che l'Europa ha messo in piedi e che l'Italia ha assorbito. 
Ma certamente possiamo fermarci alle soluzioni già date ? No, anzi, dobbiamo andare avanti. Questa è una di quelle circostanze in cui lo slogan «più Europa» ha davvero un senso, perché, quando abbiamo chiesto l'unione bancaria, abbiamo chiesto che venisse fatta in maniera completa ed equilibrata, e per questo manca un pezzo, un pezzo importante, che è quello della mutualizzazione dei rischi, in maniera tale che vi sia una copertura comune a quelli che sono i rischi di un settore bancario in un singolo Stato. 
È questa la tutela dei depositi, il terzo pilastro dell'unione bancaria, quello su cui dovremmo immediatamente insistere per avere un maggiore equilibrio, chiedendo che l'Europa esca dalla trappola degli egoismi dei singoli Stati e che finalmente metta a fattor comune le soluzioni, così come la volontà di risolvere le difficoltà che stiamo affrontando. Difficoltà che, va ricordato, in Italia hanno delle cifre molto precise: 100 mila aziende sono fallite dal 2008 al 2015. Che cosa pensiamo potesse accadere nei bilanci delle nostre banche ? Come potevano non aumentare le sofferenze di queste banche ? 
Sofferenze, collega Paglia, che solo per il 15 per cento fanno capo a un sottostante residenziale; l'85 per cento sono per lo più capannoni, capannoni. È questo che impensierisce il mercato, lo stato di salute delle nostre banche in relazione alle sofferenze che hanno, su cui è stata indicata una soluzione, che certamente può essere rafforzata, anche qui, mutuando gli esempi di altre realtà, come quella degli Stati Uniti d'America, dove è stato messo in piedi un meccanismo comune, per affrontare le sofferenze bancarie, che ha funzionato in maniera molto positiva. 
Ma noi crediamo, in maniera ancor più convinta, che le stesse regole che ci siamo dati ci consentano di migliorare il percorso che abbiamo davanti da qui al 2018, magari anche anticipando quelle modifiche che l'unione bancaria prevede, cercare di inserire dei correttivi positivi, certamente un'armonizzazione delle regole, che, dal mio punto di vista, può riguardare senz'altro, ad esempio, i regimi di insolvenza. Così come un maggior chiarimento su quello che deve essere il ruolo dell'intervento dei privati nella crisi del settore bancario, così come pure possibili misure di tutela a favore dei soggetti incisi, che certamente vanno tutelati. 
Ma io credo che su tutto questo noi possiamo avere una soluzione solo se ci impegniamo a percorrere una strada comune, che è la strada europea, una strada che può portarci a soluzioni che certamente non ci vedono felici di quello che sta accadendo in relazione alla crisi economica, non ci vede certamente felici il fatto che molti risparmiatori abbiano visto azzerare i loro risparmi, ma poteva accadere qualcosa di peggio, e, se la Comunità europea non agirà in maniera efficace, ci attendono tempi ancor più difficili. Ma io credo che non è facendo professione di irresponsabilità che possiamo raggiungere i nostri obiettivi, ma cercando soluzioni compatibili e sostenibili, che mi pare, oggi, in quest'Aula, poche formazioni siano disponibili a proporre. 
La nostra non è timidezza, ma un senso di realtà che deve fare i conti con una situazione che cerca soluzioni concrete a problemi che, comunque, stanno lì sul tavolo e non vengono cancellati da una mozione in cui si chiede di dimenticarci delle nuove regole europee.