Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 27 Settembre, 2016
Nome: 
Marietta Tidei

 Grazie Presidente. Io ci tengo a fare una precisazione prima dell'inizio del mio intervento, perché credo che quando si tratta di affrontare temi così importanti, che dovrebbero vedere l'unità di tutte le forze parlamentari, anche perché tutte le mozioni vanno nella direzione del riconoscimento del genocidio yazida, non ci si possa dividere, non si possa sempre prendere ogni occasione, approfittare di ogni occasione, per attaccare il Governo. Tra l'altro, mi preme ricordare, vista l'importanza di questa mozione, di questo tema, sul quale appunto mi sembra che ci sia una sostanziale unità da parte di tutte le forze politiche, che ieri il MoVimento 5 Stelle non ha partecipato alla discussione generale. Per cui è semplice venire qui e dare sempre lezioni agli altri, poi però bisognerebbe comunque occuparsi dei problemi, sempre. 
Inizio il mio intervento, Presidente. Gli yazidi non appartengono al popolo del Libro, non sono ebrei, non sono musulmani, non sono cristiani. Si tratta di una etnia antichissima la cui identità è definita dalla professione di una fede preislamica. Non fanno proselitismo, sono un popolo pacifico, una comunità di circa 800 mila persone che abita prevalentemente nelle valli al confine tra Siria e Iraq. Eppure è un popolo contro cui nel corso della storia, e lo hanno ricordato tanti colleghi che mi hanno preceduto, si sono accaniti in molti. L'impero ottomano aveva avviato nei loro confronti una lunga discriminazione sociale e culturale. Durante le guerre irachene del 2003, con una campagna di bombardamenti da parte di militari sunniti vennero uccisi centinaia di yazidi e nel 2014 Daesh, con l’ invasione della piana di Ninive costrinse la comunità yazida alla scelta, si fa per dire chiaramente, se convertirsi o essere sterminata. Nella notte tra il 3 e il 4 agosto del 2014, il territorio intorno al Monte Sinjar venne circondato dalle forze di Daesh e centinaia di yazidi morirono subito. Nei giorni seguenti continuarono le cacce e i massacri. Nel solo villaggio di Kojo gli uomini di Al Baghdadi tagliarono la gola a circa seicento uomini che avevano rifiutato di convertirsi. 
Oggi gli yazidi sono ancora nella morsa dell'ISIS, l'ONU stima che nel solo 2015 siano stati uccisi circa 5000 yazidi e 7000 tra donne e bambini siano stati ridotti in schiavitù. Siamo di fronte alla volontà di cancellare il popolo yazida, sia in forma fisica, che come entità culturale. La scelta, come dicevo prima, è tra convertirsi e morire; dichiarare di aver mutato fede non basta, un semplice dubbio dei nuovi padroni sulla sincerità delle conversioni e si muore ugualmente. Da un lato i maschi adulti vengono sterminati, dall'altro le donne diventano schiave dei miliziani e dei loro fiancheggiatori, utilizzate come forza lavoro, sfogo delle pulsioni sessuali e come contenitore biologico che darà alla luce bambini, figli del Daesh. I bambini subiscono un trattamento di rieducazione teso a distillare, con le buone o con le cattive, un'anima nuova e lo scopo è quello di trasformarli in docili soldati pronti a morire. Io ho personalmente visitato un campo di rifiutati yazidi a Diyarbakir, nel sud-est della Turchia, ho ascoltato le storie degli uomini, delle donne, dei bambini soprattutto, storie fatte di paura, come lo hanno ricordato in molti, di dignità violate, calpestate, di orrori inenarrabili che noi in Occidente possiamo solo parzialmente immaginare. E c’è da chiedersi veramente come cresceranno questi bambini avendo vissuto tanto orrore. 
Anche in Parlamento abbiamo potuto ascoltare la testimonianza diretta di Nadia Murad; si tratta di una ragazza candidata, come ricordavano in molti, al premio Nobel per la pace, si tratta di una ragazza che nell'agosto 2014, a diciannove anni, venne rapita nel villaggio di Kojo, dove ha visto morire sua madre e sei fratelli. A Mosul è stata acquistata come schiava e dopo il primo tentativo di fuga è stata stuprata da sei miliziani, ha perso coscienza ed è riuscita a scappare e ad arrivare in Europa dove ha trovato asilo. Nel dicembre 2015 è intervenuta al Consiglio di sicurezza dell'ONU per raccontare al mondo l'orrore subito dal suo popolo. Purtroppo gli yazidi non fanno notizia, sulla Siria pesa la geopolitica internazionale che sposta i riflettori sulle dinamiche tra Washington e Mosca, allontanandosi spesso da quanto realmente succede sul campo. Non è bastato l'annuncio del giugno di quest'anno della commissione indipendente istituita dalle Nazioni Unite che certifica che è in atto un vero e proprio genocidio ai danni di questo popolo. 
Queste le parole del rapporto ufficiale firmato dal presidente dell'organismo, Paulo Sérgio Pinheiro, parole che gelano il sangue: l'ISIS ha cercato di cancellare gli yazidi attraverso gli omicidi, la schiavitù sessuale, la schiavitù, la tortura e i trattamenti inumani e degradanti, i trasferimenti forzati, causando seri danni fisici e mentali, l'inflizione di condizioni di vita che conducono una morte lenta, l'imposizione di misure per prevenire la nascita dei bambini yazidi, anche tramite le conversioni forzate degli adulti, la separazione degli uomini e le donne yazidi, i traumi mentali arrecati ai bambini yazidi trasferiti dalle loro famiglie per essere affiancati ai combattenti dell'ISIS, separandoli dalle loro credenze e dalla loro comunità religiosa. Non è la prima volta che un genocidio non fa notizia e che le notizie su queste tragedie debbano essere ricercate nelle pieghe dei media. Fino alla liberazione di Auschwitz molti sottovalutavano e minimizzavano la portata distruttiva della soluzione finale eppure un genocidio è il massimo reato di cui ci si possa macchiare. La Commissione dell'ONU ha invocato l'intervento della corte penale internazionale, ma occorre che chi ha una coscienza, dovunque egli si trovi, non si giri dall'altra parte, bollando questi accadimenti come una cosa lontana da noi, di cui è colpevole soltanto l'ISIS. 
Io voglio ricordare, lo hanno fatto anche colleghe prima di me, che nella favola che vuole il popolo yazida come adoratore del diavolo esistono responsabilità non solo attribuibili a Daesh. Con questa mozione noi denunciamo le terribili violenze compiuti dall'ISIS nei confronti della comunità yazida e le chiamiamo con il loro nome: genocidio. Lo facciamo in conformità alla risoluzione ONU n. 260 del 1948 che definisce come tale ciascuno degli atti commessi con l'intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico-razziale o religioso. Se noi vogliamo che giustizia venga fatta, che chi uccide, stupra, fa violenza fisica e psicologica ai bambini, e attraverso ciò persegue la cancellazione di un intero popolo dalla faccia della terra, venga giudicato e condannato, dobbiamo agire con forza. L'hanno fatto altri, è ora che anche l'Italia faccia la sua parte, attivandosi nelle competenti sedi internazionali con ogni iniziativa volta al formale riconoscimento del genocidio del popolo yazida e adoperarsi, d'intesa con gli altri Paesi dell'Unione europea, in seno alle Nazioni Unite, per far cessare ogni violenza nei confronti di questo popolo. È necessario inoltre assumere iniziative per realizzare corridoi umanitari, per favorire l'arrivo della popolazione civile colpita dalle violenze e per soccorrere, attraverso specifiche iniziative di assistenza umanitaria e sanitaria, le vittime della violenza. In Italia c’è stata una campagna di solidarietà su questo, l'hanno fatta le associazioni e voglio ricordare l'iniziativa del Friuli-Venezia Giulia. Io credo che ci sia sempre tempo per fare ancora, per fare di più. Siamo di fronte a fatti evidenti, a perversioni, a brutalità che non possono essere messe in discussione, e che fanno vibrare ciò che di più profondamente umano è in noi. 
Annuncio quindi il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico alle mozioni volte al riconoscimento del genocidio del popolo yazida (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).