Mozione
Data: 
Martedì, 29 Marzo, 2016
Nome: 
Margherita Miotto

Grazie Presidente. Sono quasi vent'anni che siamo alle prese con il problema di fissare criteri uniformi per la valutazione della situazione economica delle persone che chiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali che non hanno le caratteristiche dell'universalità oppure prestazioni o servizi collegati nella misura o al costo o a determinate situazioni economiche. L'ISEE è diventato perciò il metodo ordinario di valutazione della situazione economica di coloro che chiedono prestazioni economiche agevolate. L'originario strumento è stato normato con il decreto legislativo n. 109 del 1998 e si è rivelato inefficace per assicurare con equità i beneficiari di tali prestazioni. Pertanto, con l'articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011 se ne è prevista la riforma. È il cosiddetto decreto «salva Italia» che fin dalla sua approvazione sollevò vari interrogativi, anche talune perplessità, per la semplice ragione che fra le componenti del reddito non assoggettato ad Irpef avrebbero potuto essere ricomprese anche provvidenze di natura assistenziale o risarcitorie disposte a favore di persone con disabilità che con grande difficoltà potevano essere assimilate alla nozione di reddito. Infatti, dopo l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, i ricorsi presentati al TAR Lazio furono parzialmente accolti, come, peraltro, è avvenuto con la recente sentenza del Consiglio di Stato. 

Oggetto dei rilievi accolti – e qui occorre precisarlo perché ho sentito mettere in discussione tutto l'impianto dell'ISEE in questo dibattito di oggi – è l'articolo 4, comma 2, lettera f) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 che aveva incluso nel computo dell'indicatore della situazione reddituale i trattamenti assistenziali, previdenziali, indennitari, incluse le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche. Dopo la sentenza ciò non potrà essere più previsto. Perciò, l'indicatore della situazione reddituale non potrà più contenere le pensioni, gli assegni, le indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, indennizzi per trasfusioni o vaccinazioni, assegni di cura e analoghe misure che finora erano considerate analoghe al reddito. 
Il secondo rilievo accolto dal Consiglio di Stato riguarda la norma contenuta nell'articolo 4, comma 4, lettera d), che prevede l'innalzamento delle franchigie per i soli minorenni. Queste sono le due questioni da affrontare. Nelle intenzioni del legislatore, l'inserimento nella quota cosiddetta «reddito» delle prestazioni assistenziali avrebbe trovato nelle spese detraibili e nelle franchigie una compensazione tale da sterilizzarne in numerosi casi l'impatto. Per le persone con disabilità media, la franchigia di 4 mila euro era incrementata a 5.500 euro nel caso di persone minorenni; per la disabilità grave, la franchigia di 5.500 euro era incrementata a 7.500 euro nel caso di persona minorenne; nel caso di persona non autosufficiente, la franchigia era di 7 mila euro, incrementata a 9.500 euro se minorenne. L'effetto compensativo delle franchigie è evidente se confrontiamo i 7 mila euro della franchigia per le persone non autosufficienti che sono destinatarie dell'assegno di accompagnamento che ammonta a 6.102 euro. Voglio ricordare che il vecchio ISEE non prevedeva le detrazioni e le franchigie previste dal nuovo ISEE. Tuttavia, il Consiglio di Stato, nella nota sentenza, ha rilevato che l'effetto compensativo non è soddisfacente, quasi a significare che l'effetto compensativo, se previsto in misura diversa, probabilmente avrebbe soddisfatto la norma. Non è soddisfacente in verità perché in talune circostanze, ad esempio nel caso di pluriminorazioni, l'ammontare della franchigia dovrebbe essere più elevata. Spiace, però, rilevare che lo stesso Consiglio di Stato avesse dato il via libera al decreto prima della sua approvazione. Devo ricordare che la circostanza della pluriminorazione era stata evidenziata già nel parere della Commissione affari sociali allorché all'inizio di questa legislatura, a fine 2013, si espresse sulla bozza di decreto. 
Ora si impone una nuova fase di riforma, non solo per adempiere a quanto statuito dalle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato, ma anche per ripensare ad uno strumento che nonostante le lacune ha dimostrato di raccogliere alcune esigenze che il vecchio ISEE ripresentava. E mi auguro che non ci sia qualcuno che intende ritornare al vecchio ISEE. In particolare, ritengo che alcune caratteristiche del nuovo ISEE vadano preservate. Primo: la nozione di reddito disponibile più coerente con l'originaria impostazione sulle somme fiscalmente esenti prevista dall'articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011. Secondo: la capacità selettiva dell'indicatore che associa al reddito il patrimonio. Terzo: la valorizzazione, mediante le scale di equivalenza, delle caratteristiche dei nuclei familiari con più figli e con le persone con disabilità. Quarto: la differenziazione dell'indicatore in riferimento al tipo di prestazione richiesta. Quinto: il rafforzamento dei controlli, anche mediante l'uso interattivo delle banche dati, allo scopo di ridurre un indebito accesso alle prestazioni agevolate. Sono cinque orientamenti che non sono interpellati dalla nota sentenza del Consiglio di Stato. 
Peraltro, la fase di nuova riforma dell'ISEE, che si apre e che non ha bisogno di copertura, come ho sentito dire poco fa, perché è un'unità di misura, non è una prestazione di natura assistenziale, può avvalersi dell'importante esperienza condotta finora, che ci autorizza a stimare in misura assai limitata il possibile danno subito dalle famiglie con persone disabili in conseguenza delle modalità di calcolo ora da rimuovere. 
Ovviamente, auspichiamo un intervento rapido del Governo per risarcire eventualmente i danni subiti, ma la tempestività si rende necessaria ancor più per consentire ai CAF di uscire dall'incertezza e per i comuni e per le regioni di adeguare i regolamenti, che, peraltro, scontavano già abbondanti ritardi. Da questo punto di vista, a proposito delle possibili famiglie danneggiate, è importante qui riportare un dato che ho trovato in una recente ricerca dell'IRS, che sistema attorno al 10 per cento la quota dei comuni che hanno adottato il nuovo ISEE. Questa stima è molto bassa. Sono pochissimi, quindi, i comuni che l'hanno applicato. Ne consegue che sono assai limitati i casi in cui sono derivati effetti negativi sulle famiglie con persone con disabilità. 
Sul versante dell'impatto del nuovo ISEE, penso che sia utile qui ricordare quanto ci dice l'ultimoreport del Ministero del lavoro riguardante il monitoraggio al terzo trimestre 2015, pubblicato nel gennaio 2016. Nei primi nove mesi del 2015 sono state presentate circa 3 milioni e mezzo di dichiarazioni (il 16,7 per cento della popolazione residente, a fronte del 22 del 2014). Occorre interrogarsi su questa diminuzione. Molto probabilmente coglie un obiettivo di maggiore trasparenza ed equità. Il 50 per cento delle dichiarazioni proviene da nuclei familiari con minorenni, circa il 20 per cento da quelle con persone disabili. Perciò, le necessarie modifiche da apportare non riguarderanno l'80 per cento delle dichiarazioni. Allora, bando al panico, lo dico al Governo: se sono veri i dati del monitoraggio, l'80 per cento delle dichiarazioni non sono interpellate dalla sentenza del Consiglio di Stato. 
Il nuovo ISEE è più favorevole del precedente per quasi la metà dei nuclei familiari (47 per cento), mentre è meno favorevole nel 42 per cento dei casi e ciò è dovuto a un dato: alla componente riconducibile al patrimonio, che comporta un incremento del 50 per cento del peso effettivo nella costruzione dell'ISEE. Confrontando i primi nove mesi del 2015 con l'analogo periodo del 2014, le dichiarazioni con patrimonio nullo passano dal 69 per cento al 16 per cento. E questo – devo dire – è un risultato straordinariamente importante sul versante dell'equità. 
Forse dovrà dire qualcosa questo dato, se, come spero, siamo davvero preoccupati che questa sia una misura equa. Per i nuclei con disabili gli ISEE nulli passano da meno dell'8 per cento a più del 17 per cento della popolazione. Infatti, come veniva ricordato, quando venne discusso il provvedimento si disse che era un provvedimento che avrebbe tenuto in grande considerazione le famiglie con persone disabili. 
Se gli ISEE zero passano dall'8 al 17 per cento, vuol dire che questo obiettivo è stato colto. 
Le nuove regole favoriscono nettamente i nuclei familiari sotto i 3 mila euro, cioè il nuovo ISEE prende atto di coloro che stanno male. Viceversa, per i nuclei superiori a 30 mila euro ISEE, ove si concentra il 6 per cento della popolazione, la quota dei nuclei con persone non autosufficienti o con disabilità appare svantaggiata dalle nuove regole, proprio per effetto del patrimonio mobiliare ed immobiliare, che, peraltro, non viene sfiorato dalla sentenza di cui discutiamo. 
Anche alla luce degli esiti del monitoraggio, ci apprestiamo a depositare una mozione come gruppo, al fine di impegnare il Governo, oltre che a recepire la sentenza, che non si discute, a prevedere una fase transitoria, nella quale siano fatte salve le condizioni di miglior favore, che vanno salvaguardate in particolare per i nuclei familiari con persone con disabilità. 
Forse va ricordato che il provvedimento è a costo zero. La conseguenza di un diverso metro di misura dei redditi comporta una variazione delle soglie dell'ISEE che ciascuna amministrazione è tenuta a stabilire ed è quello il livello di discussione per stabilire davvero se questo incide o meno sui bilanci di ciascuna amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).