Data: 
Lunedì, 20 Ottobre, 2014
Nome: 
Maria Amato

Signor Presidente, se i virus hanno qualcosa di buono è non fare distinzioni di pelle, età, sesso, reddito, un virus non sceglie se viaggiare in aereo o in nave. La tendenza a fare delle malattie infettive uno strumento di discriminazione fa già abbondantemente parte della nostra storia recente per l'Aids e oggi per Ebola. L'uso di parole come nuova peste e catastrofe sanitaria, pandemia, malattia che non dà scampo vengono utilizzate spesso strumentalmente per evocare paure nella gente e concentrare le paure sugli stranieri come se un virus potesse distinguere un migrante da un turista, come veicolo di contagio. È assolutamente corretto far risalire l'allerta, attivarsi e chiedere risorse per un'azione internazionale oltre a risolvere i focolai epidemici ma è necessario passare attraverso una corretta informazione. Il panico, la paura dello straniero, il cordone di difesa rispetto ai flussi migratori non è funzionale a questo obiettivo. I diversi ceppi virali di Ebola portano nomi di nazioni africane, testimoniando così le precedenti epidemie in quegli Stati. L'allarme sanitario è giusto ma non siamo di fronte ad un agente nocivo nuovo e sconosciuto. L'intensificazione dei protocolli di ricerca, l'accelerazione del ritmo di lavoro per la realizzazione del vaccino, la risoluzione dell'epidemia del Senegal, il test negativo del «paziente zero» negli Stati Uniti e della infermiera spagnola, l'avvio dei controlli della temperatura negli aeroporti internazionali, l'utilizzo di questionari mirati al raccordo anamnestico, comportamentale e relazionale sono il segno dell'attivazione organizzativa e dell'azione della medicina del mondo occidentale. 
I nostri centri di riferimento, lo Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano, sono due centri di eccellenza il cui livello di guardia e di adeguatezza è del grado più alto. I casi che in Italia hanno creato panico e rumore non erano sospetti casi di Ebola. Erano forme influenzali o, in un caso, febbri malariche che con Ebola non avevano proprio nulla a che fare. Le priorità di azione rispetto ad un focolaio epidemico sono la cura dei malati, l'isolamento del focolaio ed il controllo del percorso di contaminazione. Ribadisco: la cura dei malati e lo dico da medico. L'isolamento in un percorso di cura ha una traduzione diversa dal sospendere immediatamente l'operazione Mare Nostrum o qualsiasi operazione in mare di controllo e salvaguardia e soprattutto a scopi umanitari. L'isolamento del focolaio necessita di un'azione medica diretta sul focolaio, non di difesa dei nostri confini. Gino Strada enuncia un principio medico quando dice che è urgente andare incontro ad Ebola in Africa ed in particolare in Sierra Leone o, altrimenti, ci raggiungerà in business class. La concentrazione dei controlli sui migranti è già alta, ma è sui flussi aeroportuali che vanno attivati controlli non invasivi di massa, ad esempio il rilievo della temperatura corporea. 
Immaginare quarantene di osservazione per i migranti per noi ormai non è difficile; sui turisti o su chi viaggia per lavoro è sicuramente più complesso. Si associa l'allarme ad una malattia come la tubercolosi, mai completamente debellata, ma chi si occupa di salute sa che la frequenza di cicatrici tubercolari nella popolazione sana è altissima e documenta l'avvenuto contatto con il mycobacterium della tubercolosi. E non è solo dall'Africa che arrivano TBC e HIV, abbondantemente presenti in Europa. 
Fondamentali le condizioni igieniche, ma è bene parlare anche di malnutrizione come substrato alla ripresa di malattie come la tubercolosi; e la malnutrizione non ha nazionalità, è dei poveri. Casi isolati di lebbra sono stati rilevati già in passato anche in Italia, determinando sempre un grande stato di allerta e venendo registrati negli archivi e nella letteratura scientifica infettivologica. 
Nel pericolo di trasmissione di malattie infettive, il primo e più efficace sistema di difesa è una corretta informazione, con un fermo richiamo ad attente norme igieniche – il banale lavarsi le mani –, la chiarezza dei termini quando si descrivono le modalità di contagio. Per esempio: «il virus resta nei liquidi biologici fino a 60 giorni dopo il contagio», si rafforza dicendo «resta fino a 60 giorni nello sperma», facendo così comprendere bene che Ebola, come l'HIV, si trasmette anche sessualmente. Il liquido più infettante è il sangue. 
Sicuramente autorevole è la voce di Giovanna Esposito rispetto ai ceppi varianti resistenti dei virus vecchi e nuovi: la varianza fa parte dell'evoluzione delle storie naturali delle malattie, ma proprio perché si sottolinea che non c’è in questo concetto un atteggiamento discriminante tra straniero e straniero, tra migrante e viaggiatore, i controlli vanno programmati e organizzati senza discriminazione, con la giusta ratio epidemiologica. 
I controlli funzionano ? Significativa la risposta di Giuliano Rizzardini, direttore dell'Istituto «Sacco» di Milano al Corriere della Sera: «L'Organizzazione mondiale della sanità sta rivedendo i sistemi di controllo e di sicurezza. Ebola ha messo in evidenza la fragilità dei sistemi sanitari dei Paesi poveri ed il sistema dei controlli in porti ed aeroporti basati su risposte del viaggiatore, che può eludere eventuali quarantene». Parliamo di viaggiatori, di aerei, di navi e non solo di migranti. Paradossalmente, i controlli sanitari sui migranti sono da sempre più alti e altro è seguire pedissequamente procedure per ridurre a zero il rischio di contaminazione degli operatori dall'interrompere un'operazione che ha funzioni in gran parte umanitarie, oltre che di controllo e sicurezza. 
Accelerare la ricerca di cure efficaci e di vaccini preventivi; contribuire alla revisione della politica dell'Organizzazione mondiale della sanità sugli aiuti all'Africa, anche a sostegno del miglioramento dell'efficienza dei sistemi sanitari di quei Paesi poveri; chiedere l'intervento della FAO, perché non sia la fame a completare la strage che sta già compiendo Ebola. Ma per quanto riguarda l'Italia e il suo sistema sanitario, non è solo bloccando Mare Nostrum che si risponde: una campagna capillare e chiara di poche e semplici informazioni sul virus, le modalità di contagio e le precauzioni igieniche; disposizioni precise e tempestive agli operatori della sanità sulle procedure da utilizzare nel sospetto di infezione e l'approvvigionamento dei presidi da utilizzare nei casi sospetti dall'accettazione al trasferimento nella struttura di riferimento; una rivisitazione su base scientifica delle nostre campagne vaccinali; il rafforzamento della rete delle unità operative di malattie infettive nel disegno già utilizzato con successo dalla campagna contro l'AIDS e, successivamente, depotenziato a seguito di riorganizzazioni e di tagli alla spesa: sicuramente contribuiranno di più ad un approccio corretto, senza falsi e pericolosi allarmismi, evitando di fomentare un sentimento xenofobo e di intolleranza non degno di un Paese civile. 
La risposta ad un'epidemia, la risposta ad un virus, la risposta alla diffusione di una malattia è fatta di medicina, affiancata a misure di polizia sanitaria, e corrette ed idonee procedure di manipolazione, diagnosi e cura. I virus, siano l'ebola, l'HIV o gli altri agenti patogeni, non si combattono né con i confini né con la paura: c’è solo uno strumento efficace ed è la scienza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).