Data: 
Martedì, 3 Marzo, 2015
Nome: 
Vanessa Camani

Signor Presidente, colleghe e colleghi, è indubbio che i dossier pubblicati svelano i contorni di una vera e propria guerra fiscale condotta da alcuni Stati membri, una guerra combattuta gli uni contro gli altri, in cui gli unici vincitori sono pochi privilegiati, mentre a perderci è la stragrande maggioranza dei cittadini europei. 
La posta in gioco, dunque, è alta, ne siamo consapevoli, e rischia di minare alle fondamenta l'integrazione europea ed il lungo e faticoso percorso di costruzione della comunità dell'Unione. Per questa ragione la richiesta di dimissioni di Jean-Claude Juncker, non solo è scorretta nel metodo, come hanno specificato i colleghi nei precedenti interventi, ma rischia di focalizzarsi solo su una parte del meccanismo, distogliendo l'attenzione dalla necessità italiana ed europea di affrontare il problema per intero e cioè il tema dell'evasione e dell'elusione fiscale in tutta Europa e delle politiche, quelle già in campo e quelle da attivare, per contrastare questi fenomeni. 
L'Italia sta facendo la sua parte. Lo ha fatto durante il semestre di Presidenza, ponendo questo tema come altri al centro del dibattito delle istituzioni europee e sta continuando lungo questo percorso anche nell'azione del Governo, sottoscrivendo in questi mesi importanti accordi sullo scambio di informazioni in materia fiscale con la Svizzera, il Liechtenstein e il principato di Monaco, per citare gli ultimi in ordine di tempo. Ma è evidente come la questione investa pienamente le istituzioni europee e rischi di intaccare la credibilità dell'Unione. 
Oggi l'Europa è chiamata ad una svolta importante e lo stesso Presidente ha dichiarato di volersi impegnare per imprimere un'azione forte in questa direzione, per un'azione incisiva che modifichi profondamente il paradigma della politica fiscale nell'Unione europea. 
Sono diverse le direzioni su cui agire. In primo luogo, si dovrà estendere a tutti gli Stati membri interessati da un comportamento fiscale sospetto l'indagine già avviata su Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Gibilterra, per individuare responsabilità e per recuperare le risorse mancanti. E sarebbe, secondo noi, un segnale positivo e politicamente rilevante scegliere di devolvere parte dei ricavi all'incremento dei fondi disponibili per il piano straordinario di investimenti previsto dallo stesso Juncker e fortemente voluto dalla Presidenza italiana al semestre europeo. 
L'altro fronte aperto riguarda il miglioramento della trasparenza in materia fiscale, necessario per inaugurare una nuova stagione di apertura tra le amministrazioni e per garantire il massimo livello di trasparenza fiscale in Europa. 
Infine, vi è il grande tema dell'armonizzazione fiscale in Europa e della tassazione sulle imprese, con la previsione di un'aliquota minima, da un lato, e di un accordo per evitare la doppia imposizione fiscale, dall'altro. 
Appare, dunque, signor Presidente, evidente, anche dalla semplice indicazione dell'orizzonte degli interventi, come il problema sia molto più complesso e articolato di come presentato dalle mozioni. Infatti, è evidente come l'evasione fiscale, fenomeno che affonda le proprie radici in tanti, troppi Stati membri, si traduca in un effetto distorsivo della funzione anche sociale che le istituzioni europee devono interpretare. 
La disuguaglianza e l'ingiustizia che stanno nel cuore di questa concorrenza fiscalmente sleale allontanano i cittadini europei dalle istituzioni comunitarie, allontanano l'Europa dal cuore e dalla testa delle nostre comunità. E dentro queste nuove disuguaglianze e ingiustizie, aggravate e appesantite dalla crisi, anche i tradizionali spartiacque ideologici non sono più sufficienti a spiegare e a definire le dinamiche politiche in Europa e negli Stati, come dimostra anche il fatto che queste mozioni, simili per contenuti e conclusione, rappresentano trasversalmente quest'Aula, dal MoVimento 5 Stelle a SEL, a Fratelli d'Italia e alla Lega. Un nuovo spartiacque si sta definendo: quello tra europeisti e euroscettici, tra i portatori esclusivi di interessi nazionali e chi, al contrario, si definisce in una grande fiducia circa il processo di integrazione europea. Il Partito Democratico si ascrive a pieno titolo tra questi ultimi. 
Crediamo fortemente nel ruolo delle istituzioni europee e nella capacità che avranno di corrispondere a questa grande domanda di riequilibrio delle disuguaglianze, a maggior ragione oggi con l'elezione della Commissione europea e del suo Presidente Juncker da parte del Parlamento europeo, avvenuta per la prima volta nella storia delle istituzioni comunitarie, in un percorso di avvicinamento tra le aspettative legittime dei cittadini europei e l'impegno decisivo di Commissione e Parlamento. L'elezione di Juncker rispetta un equilibrio politico definito in sede europea, che noi osserviamo e rispettiamo e che è, di per sé, elemento imprescindibile di democraticità. 
Abbiamo fiducia in questa Europa, signor Presidente. Crediamo che le istituzioni democraticamente elette sapranno cogliere le sfide che abbiamo di fronte. E crediamo anche che a questa Europa si debbano offrire gambe e fiato. Lo abbiamo fatto durante il semestre di Presidenza e continuiamo a farlo in una relazione stabile e trasparente con le istituzioni europee. Non intendiamo prestarci a piccole strumentalizzazioni che hanno l'unica finalità di tirare il freno a mano al processo di integrazione europea. Riteniamo, al contrario, necessario ed opportuno accelerare su questo punto. 
Per tutte queste ragioni, esprimo il voto contrario del Partito Democratico a tutte le mozioni presentate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).