Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 25 Giugno, 2015
Nome: 
Vincenzo Amendola

Grazie, Presidente. Con molto rispetto per tutte le considerazioni fatte, c’è un punto di principio per cui noi della maggioranza abbiamo presentato una risoluzione e non voteremo quelle dell'opposizione. È un punto di principio che riassumerei in questo tema: stiamo discutendo di sicurezza economica, quindi dell'interesse nazionale delle nostre aziende, o di sicurezza geopolitica ? È evidente che questi temi si incrociano, ma è evidente – lo dice la storia e su questo vorrei ritornare – che, se scegliessimo di avere come priorità nel nostro dibattito, nella nostra proiezione internazionale, solo il tema della sicurezza economica, pensando che la sicurezza geopolitica si possa riorganizzare in qualche modo, sbaglieremmo. La storia ci ha consegnato che questi due elementi sono frutto di un disegno e quello che noi stiamo vivendo su questo terremo è la prima grande crisi dell'Europa ai suoi confini. 
Presidente, pochi giorni fa, al Senato, abbiamo celebrato i quarant'anni dell'Atto di Helsinki; era il 1975, quando nacque l'OSCE, quando quell'Atto unì un mondo diviso in blocchi. Il blocco del Patto di Varsavia si sedette a quel tavolo e a quella conferenza pensando che fosse la legittimazione dei confini della Guerra fredda, ma da quella storia, parlando di diritti, parlando del futuro dei popoli, si capì che lo scongelamento era necessario, perché l'identità e le aspirazioni dei popoli e anche l'interesse economico, non solo quello politico e valoriale, portavano a un mondo differente. 
Non credo che possiamo ripartire e utilizzare temi che riguardano la Guerra fredda; non è nemmeno la retorica di Pratica di mare, perché il mondo con cui e su cui noi discutiamo e l'Europa, con la crisi e suoi confini, parlano di un modo differente. Ci troviamo in un multilateralismo asimmetrico, dove ognuno, nelle differenti regioni, ha un'idea neo-sovranista, ha una volontà di potenza di riscrivere i confini, perché questa crisi, nata nel 2013, che è una crisi innanzitutto geopolitica e non solo di interesse economico, riguarda delle visioni: con tutta la legittimità, la Federazione russa ha scelto di costruire un progetto euroasiatico, un'unione doganale che riguarda dei Paesi, che riguarda una prospettiva che si trova sulla frontiera di quello che è il nostro progetto e che non è solo un'alleanza economica, ma un'alleanza di valori, che è l'Unione europea. 
Su quella faglia, su quel confine, che ha visto quel Paese, che storicamente era diviso e che ha vissuto dal 1975 in poi, fino all'indipendenza, su quella differenza, su quella difficoltà, si è costruito un conflitto. Abbiamo avuto l'accordo degli anni Novanta, quando, dopo l'indipendenza con il Presidente Kuchman, la Russia e l'Ucraina fecero un accordo sancito sui confini. 
Infatti, noi sappiamo che dal 1975 in poi i valori della comunità internazionale hanno sicuramente la cooperazione e la pace, la politica e la pace come unica via al superamento dei conflitti, ma hanno un tema centrale, che riguarda anche la storia di questo Paese e anche la politica estera, che ci ha unito in tutti questi anni: l'inviolabilità dei confini, perché, se manca quell'elemento, tutto il presupposto valoriale di alleanza, di geostrategia, di geopolitica, di geoeconomia non funziona e non è detto che noi saremo, oggi come domani, più sicuri, e non è detto che, oggi come domani, gli interessi nazionali siano più forti.
Cari colleghi, noi parliamo di una guerra. Capisco, nella nostra mozione lo abbiamo scritto chiaramente, che sia in sede europea sia in sede nazionale – ringrazio il Ministro e il Ministero competente – noi dobbiamo pensare ad un aiuto, ad una compensazione, cercare di tenere i nostri settori esposti a questa crisi; ma il punto principale del nostro dibattito di oggi e della nostra decisione di respingere le mozioni delle opposizioni non è una insensibilità di fronte a questa difficoltà, ma è una visione, una scelta di alleanza e di prospettiva, che innanzitutto è europeista e che noi dobbiamo tenere ferma. 
In Ucraina dal 2013 c’è la guerra, ci sono stati 5 mila morti sul confine a est, che ha visto contrapporre il sogno russofono contro l'aspirazione maggioritaria manifestatasi alle elezioni. So benissimo che il concetto di sovranità e il concetto di alleanze devono essere discussi nella riorganizzazione di un multilateralismo, ma, cari colleghi, la volontà dei popoli – lo dico alla Lega – espressa nelle libere elezioni è qualcosa che noi, per i nostri principi, dobbiamo sempre garantire. 
C’è la guerra, è dopo l'Accordo di Minsk, che noi abbiamo faticosamente raggiunto come Europa con un consesso che ha stabilito, abbiamo undici punti su cui ripartire per fare un accordo. 
Io non metto in discussione anche le responsabilità – lo dico al collega Pini – della classe dirigente ucraina. Sappiamo che tra gli undici punti, il punto numero undici è proprio il decentramento e la ricostruzione in un Paese complesso, grande due volte l'Italia e con 45 milioni di abitanti, con grandi differenze interne, costruire cioè un'organizzazione delle riforme che tengano unito quel Paese, ma il concetto, a partire dal 1975 ad oggi, che fa parte della nostra politica estera, della inviolabilità dei confini è un valore. Se noi deroghiamo da quel principio ogni sogno neosovranista, che può essere nel continente europeo o in altri continenti, che questo multilateralismo, invece di far uscire dal caos, diventa un elemento centrale di riconsiderazione. 
Nel Settecento Caterina la Grande, alla domanda su come avesse annesso la Crimea, rispose: semplice, sono andata lì e ho cambiato i segnali stradali. Ma siamo nel XXI secolo, dopo secoli di civiltà, di storia, di alleanze, di guerre e conflitti che hanno portato a dei valori. I valori che noi sosteniamo sia a livello di OSCE, sia a livello di Unione europea e di Nazioni Unite sono che il rispetto dei popoli, il diritto ad avere confini, il diritto a vivere in pace e scegliere un futuro rappresentano qualcosa che deve essere sancito. 
Come Italia siamo in questa alleanza, che dice che in questa Europa di oggi e con le scelte neosovranista della Presidenza russa vogliamo avere partnership, ma vogliamo avere anche il rispetto del diritto internazionale. Per fare questo, da una parte siamo chiari, anche soffocando istinti che in questa Aula a volte vengono, sacrificando quindi dell'interesse nazionale, noi ci teniamo sul passo e sull'alleanza dei nostri partner europei; ma siamo quelli che aprono al dialogo. Lo abbiamo fatto sostenendo il formato Normandia, che si è riunito per la prima volta proprio a Milano nel vertice dell'ASEM, facendo tornare la Presidenza Russa al dialogo. Siamo quelli che sono sempre aperti, perché sanno benissimo che la logica della guerra fredda non esiste, non esiste neanche la logica della contrapposizione, ma l'idea di ricostruire un multilateralismo sul diritto internazionale, cari colleghi, non è un optional, è un valore, che significa stabilità, sicurezza economia, ricostruire anche dei valori, che sono i diritti individuali dei popoli e delle persone che vivono in questo globo, che sono indiscutibili. Pochi giorni fa, sempre nell'ambito dell'OSCE, c’è stato un momento, una celebrazione, quando abbiamo ricevuto con il presidente Romani la famiglia di un giornalista, Andrea Rocchelli, un fotoreporter che è morto in Ucraina. Eravamo lì a ricordare e a vivere quel conflitto. Vi invito, cari colleghi, a vedere quelle foto, un omaggio di questo giornalista a tutti noi, un giovane italiano, un free lance che è andato lì ed è morto per raccontare una guerra, perché il punto di partenza nostro, se vogliamo avere un Paese all'altezza non solo degli interessi economici e nazionali, ma anche all'altezza delle alleanze e dell'idea di mondo che vuole produrre, deve comprendere innanzitutto i fattori, deve comprendere che noi stiamo discutendo di un conflitto lungo i nostri confini, che sono frutto di instabilità, di un globo che si riorganizza in cui l'Europa è sempre un valido elemento di civilizzazione e di ricostruzione dei rapporti. 
Non abbiamo paura del dialogo – caro Presidente, e vado a concludere –, non abbiamo paura della politica che costruisce pace nell'OSCE, nell'ONU, nell'Unione europea. Siamo lì in campo, su tutti i confini esposti per quello che è un valore, che sono la pace e la cooperazione, ma non scindiamo mai la sicurezza geopolitica dalla sicurezza economica, perché alla lunga non ci sarà, se c’è guerra e conflitto, nessuna sicurezza economica. È la storia che ce lo insegna e per questo con molta modestia e rispetto per il dibattito, oggi la maggioranza ha il dovere di presentare nella sua alleanza, anche europea, quella che è una linea che sicuramente, se sarà seguita con unità e con forza, porterà prima possibile a far sì che gli Accordi di Minsk siano pace reale.