Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 28 Gennaio, 2020
Nome: 
Enrico Borghi

Grazie, signora Presidente. Signor rappresentante del Governo, colleghi deputati. un osservatore distratto potrebbe derubricare questa nostra discussione al rango di un approfondimento parziale, una delle tante, forse delle troppe, discussioni corporative che il Parlamento della Repubblica italiana fa. Nulla di più sbagliato. In realtà, noi oggi, ponendo al centro della nostra discussione e delle nostre votazioni il tema delle aree montane, delle aree rurali, delle zone interne del Paese, non stiamo parlando e non stiamo pensando solo a quelle aree. Noi stiamo pensando al Paese, stiamo immaginando una risposta di bene comune di fronte alla complessità che il nostro Paese vive e di fronte alla esigenza che sottende a tutti gli interventi che tutte le forze politiche hanno fatto in quest'Aula, e cioè al fatto che la politica, le istituzioni democratiche, le capacità di risposta della rappresentanza, siano in grado di governare questi momenti di trasformazione e di cambiamento, e siano in grado di piegare questi paradossi in una concezione di giustizia, di equità e di speranza.

Dicevo paradossi, signora Presidente, perché noi su queste aree stiamo vivendo due livelli di paradossi, che rischiano di inficiare nel profondo il destino delle nostre comunità: un primo lo potremmo definire un paradosso globale, che è dato, da una parte, dal fenomeno della urbanizzazione, un fenomeno che non è soltanto italiano, è un fenomeno che attraversa tutti i Paesi, se pensiamo soltanto a una nazione a noi molto vicina come la Spagna e al dibattito che in Spagna oggi si sta facendo sul grado di sperequazione territoriale fra le aree metropolitane, è quella che viene definita la España vacía, cioè la Spagna vuota, capiamo quanto questo fenomeno sia un fenomeno in corso, che si lega ad un secondo paradosso globale, e cioè il fatto che i cambiamenti climatici richiamano all'utilizzo delle risorse naturali e dei beni comuni, che su queste aree insistono in una nuova accezione completamente diversa rispetto al passato.

Noi parliamo molto e giustamente di Green New Deal, la legge di bilancio che abbiamo appena licenziato mette questo tema al centro. Il lavoro che la nuova Commissione europea sta facendo pone questo come uno degli obiettivi fondamentali. Bene, noi non possiamo pensare al Green New Deal senza immaginare che parlare di questi aspetti significa toccare da vicino e anche in modo nuovo il modo con il quale governiamo risorse preziose ed importanti come l'acqua, come il suolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), come lo stoccaggio dell'anidride carbonica, come la qualità dei prodotti e della produzione dei prodotti che insistono tutti su questi territori. Basti soltanto un dato: il 93 per cento delle DOP e delle IGP italiane arriva esattamente da questi territori.

E poi vi è un altro paradosso, che è un paradosso italiano, perché queste aree sono aree sulle quali il legislatore, la classe dirigente, dovrebbe guardare in maniera attenta, perché sono aree su cui oggi si stanno già realizzando fenomeni che domani saranno dell'intero Paese. Infatti, da un lato, vi è un autentico shock dal punto di vista demografico, c'è una fortissima tensione, potremmo definirlo uno tsunami demografico in queste aree: i bambini non nascono più, gli anziani diventano sempre più anziani e sta cambiando completamente il modo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) con il quale noi dobbiamo pensare ai diritti di cittadinanza, all'organizzazione del welfare, a come noi teniamo insieme delle comunità che stanno cambiando nel profondo; e dall'altro lato - e questa è una tipicità tutta italiana -, signora Presidente, in Italia non ci sono le riserve indiane nelle aree montane e rurali, ci sono storie di comunità, ci sono storie profonde di organizzazione di paesi, di borgate, di borghi, di uomini, di donne, di persone; in queste aree ci stanno 12 milioni di italiani: è come se ci fossero più persone del Belgio, dell'Olanda, di Paesi significativi dell'Unione europea. E questa tipicità, di come noi incrociamo questi paradossi globali con i paradossi nazionali, richiama ad una responsabilità, che è la responsabilità della politica.

Noi usciamo da questi anni davvero complessi, per alcuni versi anche drammatici, di crisi produttiva, di crisi economica, anche di crisi valoriale, e questa crisi si è scaricata su questi territori in maniera più intensa e per certi aspetti in maniera molto più complessa di altre realtà. Questi territori sono stati destrutturati nel profondo e oggi sono su un crinale, un crinale che pone alla politica un interrogativo, e cioè quello, da un lato, di vincere la sfida della modernizzazione del sistema o quello della tentazione della retorica del rimpianto, del “nostalgismo”, immaginando che rimpiangere i bei tempi che furono, ammesso e non concesso che furono realmente così, possa risolvere da solo il tema dei cambiamenti, della trasformazione e della metamorfosi che queste aree stanno vivendo.

Noi siamo qui perché vogliamo raccogliere la sfida, perché non ci arrendiamo all'idea che la politica sia ancillare e debba soltanto assecondare le trasformazioni che sono in atto a seguito della prepotenza dei mercati e a seguito dell'incapacità delle forme della rappresentanza di incidere nel profondo, nella trasformazione e nella realizzazione dei diritti di cittadinanza.

Bene hanno fatto, signora Presidente, alcuni colleghi, ieri, in discussione generale, penso alla collega Bubisutti, che ha richiamato la figura dell'onorevole Gortani, o al collega Tondo, che ha richiamato la figura del senatore Carpenedo, perché noi dobbiamo sapere che siamo dentro un percorso di storia, noi non siamo un destino senza storia. Chi si immagina destinato, senza avere nulla alle proprie spalle, non sa dove andrà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) e conseguentemente non farà nulla. E quindi rispetto a questo è giusto riprendere un percorso che, per completare anche le riflessioni, potrebbe riportarci a nomi come Vanoni, a nomi come Pastore. Vede, signora Presidente, Ezio Vanoni diceva che non bisogna parlare di montagna per essere caritatevoli, parlare di montagna significa parlare di un pezzo della politica economica del Paese. E quando noi oggi discutiamo di che cosa sia lo sviluppo sostenibile, significa prendere quel principio e inverarlo. E Giulio Pastore ci ha spiegato che senza istituzioni locali, lo sviluppo non è, perché è qualcosa di autocentrato, di centralistico, di lontano dalle comunità; e quindi in questo senso noi leghiamo il percorso dell'autonomia differenziata, che vogliamo venga fortemente rilanciato, nella dimensione della ricostruzione delle istituzioni locali, nella costruzione delle nuove comunità. E questo - e mi avvio alla conclusione, signora Presidente - rimanda a quello che noi abbiamo detto tutti: al primato della politica, che oggi è conculcato dalla tecnica, è conculcato dalla finanza, è conculcato dal fatto che noi discutiamo dei nostri problemi nei nostri angusti confini, quando in realtà ci sono tematiche di carattere globale che impattano direttamente anche sulla vita di un singolo Paese o delle singole montagne. Ma in realtà noi stiamo pensando, dentro questa dimensione, ad uno sforzo di ricomposizione tra il popolo e lo Stato.

Noi sappiamo che su queste aree - e ce lo dicono anche le recenti elezioni - vi è un dato di sofferenza. Di fronte alla sofferenza si può stare in due modi: o urlare insieme a chi soffre o cercare di rispondere alle problematiche della sofferenza. Con queste mozioni noi vogliamo stare dalla parte di chi vuole risolvere