Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 24 Settembre, 2015
Nome: 
Titti Di Salvo

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Grazie Presidente. Per prima cosa vorrei ringraziare la Ministra Maria Anna Madia, non solo per le cose che ha detto con chiarezza sul merito e sul contenuto dell'oggetto della nostra discussione, ma per il fatto di esserci e di avere voluto, con la sua presenza, dire cose certe e chiare nell'Aula a tutti noi. 
Poi vorrei fare un'osservazione di premessa. Io mi sono un po’ stupita del fatto che, nelle dichiarazioni di voto di alcuni colleghi e alcune colleghe, in realtà l'argomento di cui stiamo ragionando è stato isolato come un fatto a sé stante. È come se il tema della qualità del lavoro del pubblico impiego e della contrattazione in quel settore fosse un tema totalmente avulso da qualunque realtà, in particolare dalla realtà che oggi noi stiamo vivendo, che non è soltanto quella della crisi: è la realtà del primo intervento organico complessivo di riforma della pubblica amministrazione. 
Infatti non è originale – ma lo dico perché mi è sembrato che invece non fosse così chiaro – dire che l'approccio alla pubblica amministrazione è il segno, il test principale, della visione di un Governo. E così è stato negli anni in cui la pubblica amministrazione è stata un serbatoio di voti molto importante, con uno scambio spesso non trasparente tra quei voti e le condizioni del pagamento a piè di lista delle spese della pubblica amministrazione, oppure quando magari, usando titoli diversi, si sono fatti i tagli lineari, magari chiamati in altro modo, chiamati riforme, chiamati interventi, ma di fatto tagli lineari, tagli lineari che non si misuravano con il tema del cambiamento della pubblica amministrazione. 
E il filo conduttore della visione che dicevo prima è stato un racconto che ha sostenuto dal punto di vista simbolico quegli interventi; un racconto di una pubblica amministrazione tutta grigia, con lavoratori e lavoratrici contenti di quello scambio; i fannulloni, onorevole Polverini, i fannulloni, appunto, raccontati, segnalati e indicati come, simbolicamente, i rappresentanti di quella pubblica amministrazione. 
Ora, vorrei ricordare all'onorevole Duranti, con lo stesso garbo con cui lei si è rivolta alla sottoscritta – non solo a lei, ma, attraverso lei, Presidente, a tutta l'Aula – che fu Massimo D'Antona, un grande giuslavorista, un grandissimo giuslavorista, a chiedere, lavorare, studiare e definire la modernizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, mettendo insieme la qualità di quel lavoro e la compatibilità della finanza come necessaria scelta per impedire che il pubblico impiego fosse alla dipendenza della politica. 
L'elemento dell'autonomia passa esattamente da lì, dalla responsabilità anche della contrattazione, da questo punto di vista. Oggi noi cambiamo pagina, siamo in un'altra fase, abbiamo fatto un'altra scelta: la scelta, appunto, della riforma della pubblica amministrazione. In questa fase così complicata, cioè, la scelta di investimento, la visione che è stata assunta, è quella di non rinunciare a fare una cosa difficile: non semplicemente interventi chirurgici, interventi microsettoriali, ma riproporre una visione della pubblica amministrazione al servizio del Paese e delle persone, una visione che si misura con cose molto difficili, come tenere insieme il rapporto tra il centro e il locale, tenere insieme l'elemento della necessità del controllo con quello dell'autonomia, tenere insieme la necessità degli standard di qualità con la specificità degli interventi, scegliere di riformare la dirigenza, non soltanto il tetto delle retribuzioni. 
Il Governo, cioè, ha preso una strada difficile: non ha rinunciato a misurarsi con quei problemi, in una fase in cui, però, anche la crisi, così seria, da cui stiamo uscendo, ha portato le persone a chiedere sempre di più servizi alla pubblica amministrazione e in cui, perciò, la riforma della pubblica amministrazione, che è ciò che si presenta a quelle persone come veicolo di quella risposta, è decisiva perché non sia la pubblica amministrazione l'ostacolo tra i diritti necessari, sanzionati, decisi e resistenti e la possibilità di esercitarli. 
Questa è la scommessa straordinaria che la riforma ha provato a realizzare. E il successo di quella riforma – questo è il secondo ragionamento che voglio proporre – è una scommessa collettiva, è una scommessa del Paese, perché se ne è sempre parlato, si è sempre detto ed evocato in tutti i classici manuali il fatto che la competitività del sistema, anche gli investimenti esteri, anche quelli interni, dipendevano dalla riforma, dall'efficacia e dall'efficienza della pubblica amministrazione. 
Si è sempre detto, ma essa è stata evocata e non realizzata. Il successo della scommessa della riforma della pubblica amministrazione di cui stiamo parlando è sicuramente condizionato, in maniera decisiva, dalla capacità di coinvolgere le persone, le competenze e i talenti che ci sono nella pubblica amministrazione in questa scommessa. E qui sta il punto, in quelle persone che venivano nominate prima, che non sono solo gli impiegati amministrativi, ma sono le infermiere, i vigili del fuoco, gli insegnanti, l'intero corpo della pubblica amministrazione, per anni relegati nel ruolo di fannulloni e considerati vittime e semplicemente destinatari di ricatti elettorali. 

Ora questa è la scommessa collettiva, Ministra, che noi abbiamo. Lei lo sa, perché qui, prima, ha esattamente detto questo, quando ci ha proposto l'autonomia contrattuale come una scelta che il Governo intende rispettare. Ora, naturalmente, il Governo eredita una situazione. Io ho sentito una fotografia dell'esistente, non ho sentito nessuno proporre un ragionamento banale: se nella pubblica amministrazione ci sono persone che hanno un'età media più alta degli altri Paesi europei, e – aggiungo – una percentuale di laureati inferiore, non è che questo è successo negli ultimi dodici mesi. Il Governo eredita un Paese in cui non c’è stata una politica industriale, non si sono investiti soldi né nella scuola, né nella ricerca (nella scuola si sono tagliati 80 mila posti di lavoro e 4 miliardi di risorse). Eredita un Paese così, con un modello di specializzazione maturo in settori molto esposti alla concorrenza ed eredita anche una pubblica amministrazione così. Allora, oggi, la sfida straordinaria è esattamente questa, che, di fronte a queste eredità, la direzione di marcia sia diversa e contraria, coerente con la scommessa generale sulla pubblica amministrazione. 
Poi, certo, c’è la sentenza della Corte. Ma io vorrei dire due cose. La prima, è vero che la legge di stabilità del 2014, dopo sei anni di interventi che bloccavano la contrattazione, proroga di un anno quel blocco, ma fa una cosa diversa, perché sblocca gli automatismi di carriera e le progressioni per tutti ed esclude da questo blocco alcuni settori, per esempio le forze di polizia. Ma, prima della sentenza della Corte, sia il Ministro Poletti, che la Ministra Madia, avevano già detto in modo chiaro che quel blocco non era una scelta strutturale, era una scelta transitoria e che, invece, la ripresa della contrattazione era l'intenzione che il Governo voleva realizzare. Oggi siamo qui, esattamente qui. 
Vorrei aggiungere altre due cose. La legge di stabilità del 2014 fa quello che ho detto ma fa anche altre scelte, fa scelte che – vorrei venissero evidenziate almeno oggi che i dati lo dicono in modo inequivocabile – vanno nel senso di redistribuire la ricchezza. Gli 80 euro sono questo, la redistribuzione della ricchezza. Gli investimenti per la riduzione dell'Irap e le decontribuzioni per le assunzioni sono scelte che vanno in questo senso. La ripresa della contrattazione collettiva è una scelta in più, non è solo redistribuzione della ricchezza, è la valorizzazione del rapporto di lavoro, è il riconoscimento dell'autonomia contrattuale, ed è per questo che è importante, perché non consente solo, in termini economici, di partecipare alla redistribuzione della ricchezza, consente invece la ripresa di autonomia contrattuale e, quindi, di essere partecipi nella scommessa collettiva di quel grande processo di riforma che abbiamo scelto di fare.

Insisto, quindi, non si tratta di eseguire la sentenza della Corte, ma di una scelta perché la Corte non parla della quantità delle risorse, non parla del passato; invita a non rendere strutturale il blocco e, quindi, la scelta del Governo è una scelta e come tale la riconosco e la valorizzo. 
Infine, la nostro mozione è stata accolta dal Governo, ringrazio la Ministra e il sottosegretario per questa scelta. La nostra mozione dice due cose. Ho finito. Dice due cose. Dice che bisogna, come prevede la legge, arrivare alla riduzione dei comparti come premessa e poi stanziare nella legge di stabilità le risorse che servono. E infine. . I dati di oggi ci dicono che le riforme funzionano... I dati di oggi ci dicono che le riforme funzionano e, quindi, penso che sia la direzione giusta.