Dichiarazione di voto finale
Data: 
Martedì, 5 Luglio, 2016
Nome: 
Paolo Bolognesi

 

A.C. 559-B

Presidente, onorevole colleghi, era il 2 agosto del 1993, giorno della commemorazione della strage di Bologna, quando Torquato Secci, con il quale il 1o giugno del 1981 ho fondato l'associazione tra i familiari delle vittime, disse: sono tredici anni che torniamo per chiedere giustizia e verità e, qui, torneremo finché non le avremo ottenute. Siamo stanchi e addolorati per il ripetersi di altre stragi. Nel manifesto fatto stampare dall'associazione è stato scritto: «Solo la giustizia e la verità fermeranno le stragi. Riteniamo che le stragi continueranno a verificarsi anche perché tutti i colpevoli, i mandanti, gli esecutori sono in libertà e chiedono di ampliare il perdonismo che ha consentito di mantenere nel mistero chi li finanziò e li spinse verso il terrorismo. Auspichiamo la rapida approvazione di una legge che colpisca coloro che depistano». 
Come primo firmatario di questa legge e in qualità di presidente dell'Associazione 2 agosto 1980 apro il mio intervento con questa citazione, per rendere un doveroso omaggio alla straordinaria tenacia con la quale Torquato Secci, che nell'eccidio perse un figlio di 24 anni, Sergio, si impegnò nella ricerca della verità, per il diritto alla giustizia e anche per ricordare che da quel giorno, in cui nella piazza della stazione di Bologna chiesi l'approvazione di una legge che introducesse il reato di depistaggio, sono trascorsi ventitré anni, per raggiungere questo obiettivo. Ci siamo arrivati, lottando per oltre vent'anni, con determinazione e con quella convinzione che si ha quando si crede nel valore inestimabile della democrazia, anche quando la classe politica non ci ha ascoltato e ha dimostrato indifferenza verso la nostra storia, nei confronti dei familiari delle vittime e dei feriti di una città come Bologna e di una società civile che ci ha sempre sostenuto ed ha saputo scegliere con determinazione e coraggio da che parte stare, cioè dalla parte della verità. 
Siamo arrivati a questo voto finale dopo un lungo percorso, possibile solo con il contributo e l'impegno di tutte le associazioni tra i familiari delle vittime che hanno lottato senza mai arrendersi contro il granitico muro dell'opacità di Stato, dei silenzi, delle omissioni che hanno percorso i lunghi processi dove al banco degli imputati non si sono mai seduti i mandanti, dove si svelavano, come ad un rallentatore della storia, pezzi di verità mancanti a causa di documenti mai trasmessi, prove distrutte e, in alcuni casi, testimoni deceduti ad orologeria. Ci siamo imbattuti contro un'articolata azione depistatoria, in atto ancora oggi, realizzata per coprire mandanti ed ispiratori politici, proteggere esecutori e lasciare gli eccidi impuniti. Infatti, delle nuove stragi terroristiche succedutesi in Italia dal 1969 al 1984, cinque sono rimaste senza colpevoli. In questa amara e tragica contabilità non sono comprese le stragi di mafia e gli omicidi politici, come quello del grande intellettuale Pier Paolo Pasolini. Negli anni dello stragismo, come migliaia di pagine processuali confermano, abbiamo compreso che all'interno dello Stato si è contrapposto una sorta di anti-Stato: da una parte, funzionari, magistrati, poliziotti, carabinieri che hanno difeso le istituzioni anche a costo della propria vita, dall'altra, apparati infedeli, alti ufficiali piduisti che hanno agito per deviare il corso della giustizia, utilizzando anche strutture segrete come Gladio o l'Anello, implicato nelle più torbide vicende della nostra storia. In questi decenni, come familiari delle vittime, abbiamo lottato contro un comportamento criminale che in Italia, fino ad oggi, non si è perseguito e sanzionato con uno specifico reato del codice penale, ma con condotte minori, senza riconoscere la gravità del danno che i depistaggi hanno causato, affossando in molti casi inchieste e processi o privandoli di una completa verità giudiziaria. Da oggi l'impunità è finita, perché questa legge assegna alla magistratura strumenti e pene adeguate, è un provvedimento che attendevamo da quel lontano 1993. Come associazione abbiamo attraversato momenti difficili, fatti di depistaggi giudiziari e mediatici, di informazioni taciute da chi aveva il dovere di denunciarle ed abbiamo dovuto sopportare gli atteggiamenti sprezzanti degli esecutori delle stragi, le menzogne interessate dei loro protettori, i troppi silenzi delle istituzioni, gli incredibili trattamenti di favore concessi agli stragisti in libertà dopo plurimi ergastoli, ma nel nostro cammino, nel lungo percorso che ci ha portato qui, oggi abbiamo incontrato anche persone mosse dai nostri stessi ideali, determinate ad opporsi ad una cultura fondata sul privilegio, sulla sopraffazione, sull'impunità, a difesa della verità e della giustizia. Voglio ricordare in proposito chi nel 2000, ascoltando le nostre istanze, depositò la prima proposta di legge che definiva il depistaggio un reato: primo firmatario il deputato dei Democratici di Sinistra Valter Bielli con i colleghi Attili, Cappella, Vignali, Aloisio, Sciacca e Ruzzante. Purtroppo per una scarsa volontà politica e le resistenze di quegli apparati che fino ad oggi hanno avversato questa legge, non si arrivò allora ad una sua approvazione definitiva ma è anche grazie al loro contributo che siamo arrivati qui. Anche il percorso della mia proposta di legge è stato difficile e tortuoso: presentata il 27 marzo 2013, approvata dalla Camera il 24 settembre 2014 e rimasta ferma alla Commissione giustizia del Senato per quasi due anni, nonostante la sua definitiva approvazione fosse una delle tre promesse fatte dal Governo alle nostre associazioni. Un improvviso arresto del suo iter di cui abbiamo chiesto conto al Governo con la determinazione e l'impegno che ci hanno sempre contraddistinti, con il sostegno degli oltre 30.000 cittadini che hanno firmato la nostra petizione e di numerosi esponenti della società civile tra cui Maria Falcone e Salvatore Borsellino. È stata una battaglia lunga ventitré anni e non facile ma d'altronde le battaglie giuste non sono mai semplici. Con la tenacia di sempre siamo arrivati qui, al giorno della votazione finale di questa proposta di legge che definisce il depistaggio un crimine, una svolta storica, un cambiamento perseguito e atteso da anni che taglia completamente con il passato oscuro del nostro Paese: un cambiamento che oggi il Parlamento e i colleghi decidono di compiere voltando definitivamente la pagina della storia. Ricordando il lungo percorso delle nostre associazioni per arrivare al voto finale di questa proposta di legge, voglio concludere ricordando uno degli amici che ha sostenuto la nostra battaglia, l'onorevole Renato Zangheri, deceduto l'anno scorso, sindaco di Bologna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) negli anni delle stragi del treno Italicus e del 2 agosto 1980, il 27 dicembre 1984, quattro giorni dopo la strage del Rapido 904, disse in quest'Aula: i centri eversivi che hanno ispirato ed attuato questo rinnovato attacco all'umanità ed alla libertà non troveranno la strada aperta ai loro disegni, sarà più difficile e doloroso resistere ma il popolo italiano saprà resistere ed avrà partita vinta. Ringrazio per il fattivo lavoro i gruppi parlamentari che hanno appoggiato e migliorato questa proposta di legge rendendola ancora più precisa per raggiungere gli obiettivi che si prefigge. L'approvazione definitiva di questa proposta di legge è una delle partite vinte dalla democrazia che, come presidente dell'associazione «2 agosto 1980», desidero dedicare a tutte le vittime di stragi e terrorismo, ai loro familiari, ad ogni persona che ci ha sostenuto e agli eroi silenziosi della nostra storia che, come noi, hanno scelto sempre e con coraggio da che parte stare. Per tutti questi motivi annuncio il convinto voto favorevole del gruppo parlamentare del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).