Dichiarazioni di voto finale
Data: 
Martedì, 4 Ottobre, 2016
Nome: 
Lorenza Bonaccorsi

Istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. Procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale 

A.C. 3317-3345-B

 Signor Presidente, onorevoli colleghi, non ho necessità di spendere molte parole, poiché siamo in terza lettura e molte delle cose che varrebbe la pena ribadire oggi sono già state dette in più sedi e nei giorni scorsi, anzi nelle settimane e nei mesi scorsi. Mi preme ricordare, però, che questo è un provvedimento che, sono sicura, si rivelerà lungimirante a differenza di una serie di critiche che abbiamo sentito in quest'Aula. Tradurre, infatti, in legge il bisogno di garantire il pluralismo dell'informazione e il sostegno alle piccole imprese editoriali non era semplice e non era affatto scontato. Con questa legge il Parlamento lancia un messaggio chiaro: noi ci preoccupiamo del pluralismo e dell'indipendenza delle voci, non delle voci che vengono sempre e solo da una parte sola o da un sito o da un blog soltanto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sappiamo bene che la morfologia del mercato è cambiata, le copie cartacee si vanno riducendo, la rivoluzione digitale trasforma in continuazione tutto il mondo dell'informazione. L'ipotesi perfino ideologizzata di quanti sostengono che il mercato può fare da sé e che soldi pubblici all'informazione non devono andare è sbagliata; se un ruolo spetta allo Stato e alle politiche pubbliche, è quello di tenere vivi i fermenti di un giornalismo serio e impegnato che, però, non vuole essere assistito, ma vuole raccogliere la sfida dell'innovazione. Come ha ribadito il relatore Rampi, con parole che faccio mie: senza pluralismo non c’è informazione, al massimo resta la propaganda che lasciamo volentieri agli altri; senza informazione non c’è conoscenza e senza conoscenza non c’è democrazia. Siamo alla terza lettura – dicevo – e ci tengo a sottolineare che il lavoro nelle Commissioni competenti è stato un lavoro di confronto vero, che ha visto un dialogo tra tutte le forze politiche – quelle che volevano dialogare – con uno scambio di idee, prospettive e impostazioni che io, comunque, valuto in maniera positiva. Il lavoro non è finito, il Parlamento tornerà a pronunciarsi quando darà i pareri sugli schemi di decreti delegati, sicché il dialogo tra Parlamento, Governo e operatori continuerà, perché tale è il cambiamento continuo a cui è sottoposto il settore dell'informazione. E badate bene, non c’è da fidarsi di chi, profeta, si erge a spiegare a tutti dove andrà con certezza il mondo dell'informazione, che piega prenderà, no, non fidiamoci di coloro che pensano di avere verità in tasca, noi continuiamo a lavorare, giorno dopo giorno, con la serietà che abbiamo messo in questi mesi. 
Il cuore del provvedimento innova profondamente le regole che finora hanno disciplinato, con evidenti e conclamati limiti, il sostegno all'editoria, frutto di una serie di interventi disomogenei iniziati con la legge del 1981. Il primo tentativo di razionalizzazione è stato condotto nel novembre 2010, tentativo che per la prima volta ha introdotto, quale criterio per la ripartizione dei contributi diretti, quello della percentuale minima di copie vendute su quelle distribuite, introducendo parametri connessi all'occupazione professionale sia per l'accesso ai contributi sia per il calcolo degli stessi. Successivamente il decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 aveva disposto la cessazione del sistema della contribuzione diretta per la gestione 2013; era poi intervenuto, in materia, sempre il decreto-legge n. 63 del 2012 che, in attesa del riordino della materia, aveva introdotto una ridefinizione delle forme di sostegno al sistema editoriale. Oggi, diamo organicità a tutto questo. Perno del provvedimento è l'istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, del Fondo per il pluralismo e l'innovazione nell'informazione. Il Fondo è finalizzato ad assicurare la piena attuazione dei principi di cui all'articolo 21 della Costituzione in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell'informazione a livello nazionale e locale e ad incentivare l'innovazione dell'offerta informativa e dei processi di distribuzione e vendita, la capacità delle imprese editoriali di investire, di acquistare posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editoriali anche nel settore dell'informazione digitale. Al Fondo confluiscono: le risorse statali destinate al sostegno dell'editoria quotidiana e periodica, anche digitale, comprese quelle disponibili destinate al Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all'editoria (per il 2016 si tratta di 154,8 milioni di euro), le risorse statali destinate all'emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale, comprese quelle iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, (per il 2016 si tratta di 49,5 milioni di euro) e una quota parte, fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro in ragione d'anno, per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI, le somme derivanti dal gettito annuale di un contributo di solidarietà pari allo 0,1 per cento del reddito complessivo dei concessionari della raccolta pubblicitaria, delle società operanti nel settore dell'informazione e della comunicazione, che svolgono sempre raccolta pubblicitaria diretta, e degli altri soggetti che esercitino l'attività di intermediazione nel mercato della pubblicità, attraverso la ricerca e l'acquisto, per conto terzi, di spazi sui mezzi di informazione e comunicazione.  Non sono mancette, Presidente, come ha detto qualche collega, ma anche il Partito Democratico si unisce a quest'Aula per vigilare sul fatto che, appunto, il Fondo avrà risorse certe. Il Senato ha, inoltre, introdotto la previsione per cui le somme non impegnate in ciascun esercizio possono essere impegnate in quello successivo e – come evidenziato sempre dal relatore Rampi – il fine è quello di assicurare un maggior sostegno alla piccola editoria, con particolare riferimento agli enti no profit, alle cooperative di giornalisti e ai piccoli giornalisti editori, escludendo sia i giornali di partito che i grandi giornali quotati in borsa e le società per azioni. Potranno accedere ai finanziamenti, quindi, le imprese editrici costituite come cooperative giornalistiche, individuando criteri relativi alla compagine societaria, alla concentrazione delle quote in capo a ciascun socio, enti senza fine di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia interamente detenuto da tali enti e, limitatamente a un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, imprese editrici di quotidiani e periodici la maggioranza del cui capitale è detenuta da cooperative e fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro, imprese editrici di quotidiani e di periodici espressione delle minoranze linguistiche, imprese ed enti che editano periodici per ipovedenti, prodotti con caratteri tipografici normali su nastro magnetico, Braille e supporti informatici, associazioni dei consumatori iscritte nell'elenco di cui all'articolo 137 del decreto legislativo n. 206 del 2005 e le imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all'estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all'estero. Le suddette imprese – e ci tengo a dirlo e a sottolinearlo, perché sono stati ricordati da altri colleghi altri obblighi, ma non questo – avranno l'obbligo di adottare misure idonee a contrastare qualsiasi forma di pubblicità lesiva dell'immagine e del corpo della donna e credo che di questo ci sia davvero bisogno. Sono, invece, esclusi esplicitamente dal finanziamento organi d'informazione di partiti o movimenti politici e sindacali, periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in Borsa. 
La legge richiede che, per accedere al contributo, le testate debbano dimostrare di avere una reale forza imprenditoriale e debbano assicurare anche un'edizione online. L'intervento poi si sposta a tutto il resto della filiera del settore, va a comprendere la rete di distribuzione, quindi i distributori, le edicole, i punti vendita, quindi tutta la filiera. 
Ci attendiamo, inoltre, che il Governo attui fino in fondo la delega sul Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti e che questi non si sottraggano alla necessità di abbandonare atteggiamenti che talora assumono sapore corporativo. L'inveramento dell'articolo 21 della Costituzione passa anche per un giornalismo schietto, documentato, scrupoloso ed indipendente. 
Il Senato, poi, è intervenuto su alcuni punti, che non stravolgono assolutamente l'impianto del provvedimento, ma che sono significativi e che voglio ricordare. Tra le modifiche più importanti c’è l'introduzione del limite alle retribuzioni nel contesto della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. Novellando l'articolo 49 del decreto legislativo n. 177 del 2005, il testo prevede che agli amministratori, al personale dipendente, ai collaboratori e ai consulenti del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico televisivo e multimediale, la cui prestazione professionale non sia stabilita da tariffe regolamentate, si applichi il tetto retributivo pari a 240 mila euro. Questo è un segnale molto, molto importante, che nasce da un ragionamento che era stato testato con una risoluzione presa in Commissione vigilanza e votata all'unanimità qualche mese fa. 
L'ulteriore novità riguarda la procedura per l'affidamento in concessione del servizio pubblico, per la quale si stabilisce la durata decennale, con previa consultazione pubblica, come già prevista dalla legge n. 220 del 2015, la riforma della overnance RAI. Nei prossimi mesi, quindi, andremo a rinnovare la concessione di servizio pubblico. Spero davvero – e concludo – che, così come è stato per questo provvedimento, il Parlamento eserciterà una discussione di ampio respiro sui temi propri del servizio pubblico. Il lavoro, quindi, come ho già detto, non è finito e mi auguro possa andare avanti in maniera seria, competente e senza propaganda, come abbiamo dimostrato portando al traguardo questo provvedimento di legge: 376 giorni di lavoro, di un buon lavoro. E concludo dichiarando il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).